Scena muta per i commercialisti della Lega. Dopo le ultime dichiarazioni di Michele Scillieri, il primo del giro a finire in manette, il resto del gruppo scegli di continuare a non rispondere. Alberto Di Rubba, non ha risposto alle domande del procuratore aggiunto Eugenio Fusco e anche Andrea Manzoni, l’altro revisore contabile della Lega in Parlamento indagato nell’inchiesta della Procura di Milano sulla Lombardia Film Commission e sui presunti fondi neri per il Carroccio. Nel frattempo resta ai domiciliari Francesco Barachetti, l’imprenditore bergamasco, pure lui indagato. I suoi legali, Matteo Montaruli e Massimo Borghi, hanno tentato di farglieli revocare, ma senza successo: il tribunale del Riesame ha respinto la richiesta. Ma la scena muta per i commercialisti della Lega non potrà continuare per sempre: Scillieri ha iniziato a parlare di soldi che sarebbero tornati pure nel partito di Salvini, una notizia trapelata dagli interrogatori che se confermata sarebbe grave per i salviniani. Perché dalle indagini pare che il gruppo gestisse un vasto giro di fatturazioni per e con la Lega, tanto da far sospettare ad alcuni pm un loro ruolo nella creazione di fondi neri proprio per la Lega. Ma fin’ora di prove decisive non pare se ne siano trovate. L’unica certezza è che ci sono ombre sulla vicenda della Film Commission. Il gruppo ha acquistato un immobile per 400mila euro, 11 mesi dopo lo ha venduto per 800mila alla Lombardia Film Commission grazie a un finanziamento extra della Regione allora guidata da Roberto Maroni. Già l’affare, ci permettiamo di chiamarlo così visto il raddoppio del capitale, è come minimo da segnalare per la capacità o la fortuna. Però c’è anche il problema che Di Rubba era presidente della LFC e allo stesso tempo socio dei compratori. E c’è anche il problema che l’assessore Stefano Bruno Galli (Lega) ha confermato per iscritto che il valore della compravendita era congruo, ma basandosi su una perizia redatta da un esperto sempre legato al giro di commercialisti arrestati. Una pratica per altro non frequente, perché generalmente per operazioni simili ci si affida alla valutazione dell’Agenzia delle Entrate e non a un privato. Su questo affare ci sono dunque sicuramente delle ombre che i leghisti dovrebbero dissipare: capita a ogni partito, sia piccolo, sia grande, di incappare in errori, omissioni o collaboratori sbagliati. Nasconderlo però crea più danni che vantaggi. La scena muta per i commercialisti della Lega deve concludersi.