Uno dei bollettini medici che vorremmo leggere ogni giorno, per capire cosa aspettarci da Palazzo Marino, è quello sull’andamento dell’ossessione per le periferie di Sala. A occhio pare che il paziente sia perfettamente guarito, ma magari possiamo confidare in una ricaduta. Soprattutto perché gli effetti di questa completa remissione sono devastanti per chi vive nei quartieri più lontani dai Navigli. In particolare se ci mettiamo una atavica inerzia della Sovrintendenza.
Ce ne parla il Consigliere di Municipio Franco Vassallo nella veste di fotoreporter (sono sue tutte le immagini di questo articolo):
“Il rispetto per la storia e l’architettura di Milano è una cosa fondamentale. Però andrebbe contemperato con due elementi altrettanto importanti: il pragmatismo e il bene comune. In una città che ha fame di case, con prezzi che non si sono mitigati eccessivamente nemmeno durante la pandemia, ha senso salire sugli scudi per difendere luoghi come Cascina Case Nuove? Non è una domanda provocatoria, è importante il passato. Ma anche il futuro della città.
A proposito di futuro, l’ex Mercato Comunale del QT8 giace nel degrado più profondo. In un quartiere, come questo che avrebbe bisogno di servizi di prima necessità, anche per aiutare gli anziani. Invece, per la fame del Comune di oneri di urbanizzazione preferiamo lasciare nel degrado le grandi strutture piuttosto che lasciare che il privato le riqualifichi. Pare che Sala non abbia perso l’abitudine di ignorare qualsiasi cosa sotto le dimensioni dello Stadio, lasciando che i territori si sviluppino senza servizi, purché ci siano parchi e aiuole.
C’è poi la questione infinita del Palasharp, sullo sfondo. Chiuso da dieci anni e sede del tendone di fortuna adibito a moschea, è chiaro che non si possa pensare di lasciarlo a decadere. Però siamo sempre là, non si viene incontro a chi costruisce, caricando su di loro le politiche faraoniche di Sala e domandandosi come mai nessuno scommetta davvero su superfici così grandi.
Completano la carrellata l’ex scuola elementare di Lampugnano e l’ex istituto Marchiondi. Aspettiamo i tempi infiniti della burocrazia. Sperando che, prima o poi, anche l’ultima carta venga timbrata a dovere e la Milano operosa possa tornare a produrre.”