Ponte sullo Stretto, Onlit: “Così deraglia la transizione ecologica”. Le risorse messe a disposizione per il Recovery Fund hanno riaperto il dibattito sul collegamento stabile dello stretto di Messina. L’intervento più fantasioso è quello dell’amministraore delegato di Webuild, Pietro Salini: “Potremmo aprire i cantieri del ponte entro sei mesi”. Peccato che ciò sia letteralmente impossibile, visto che non c’è neppure il progetto. Webuild sta palesemente cercando ipotecare i soldi del Recovery Fund, e lo fa speculando sull’immaginario collettivo del Sud, da anni attraversato in una crisi sociale ed economica crescente. Non solo, il colosso delle costruzioni punta sulla grande opera ma anche sulla falsa mitologia che si è creata attorno al ‘modello Genova’, cioè sospensione delle regole, nessuna valutazione ambientale e affidamento dei lavori senza valutare costi e qualità del progetto. Questo atteggiamento aggressivo è il rilancio tipico di chi per anni ha indebitamente beneficiato di commesse pubbliche. L’ad di Weibuild dice anche che “così si renderebbe credibile l’Alta Velocità al Sud”. Ignorando che 2.200 km di linee siciliane e calabresi sono tuttora gran parte a binario unico, non elettrificate e con velocità massima di 55 km/h. È questa la rete che andrebbe potenziata e rilanciata prima di costruirne altre. A farsene carico dovrebbero essere, oltre che il governo, le regioni che sono sempre pronte a chiedere a Roma fondi per le infrastrutture. Senza collegamenti con il resto della rete, l’attraversamento ferroviario dello stretto sarebbe solo una enorme spesa e lascerebbe inalterato il declino ferroviario di Calabria e Sicilia.