Ovvero, stiate tutti vicini vicini.
Con misure sempre più o meno severe in lockdown in Europa e quindi anche da noi a Milano, abbiamo imparato a riviverci gli spazi di casa, quelli sperduti o proprio quegli stanzini adibiti a catasto improponibili dove magari avevamo messo proprio il regalo della zia che “non lo butto, se poi me lo chiede?”
Ecco, abbiamo avuto la capacità di reinventarci, il nostro ufficio, tra una pentola ed un libro. Una cosa buona l’abbiamo fatta quindi: il riutilizzo degli spazi.
L’importanza di vivere in uno spazio bello ed a misura nostra è diventata un’esigenza non più rimandabile.
Mai sentito parlare del diritto di abitare?
Le dimensioni utilizzate per valutare il disagio che si prova nella propria abitazione sono relative alla sostenibilità economica dell’alloggio rispetto al reddito familiare e alle condizioni dei materiali utilizzati.
Bisogna poi valutare gli investimenti, pubblici e privati, che contribuiscono a cercare di limitare le situazioni di povertà abitativa.
Quali sono quindi le politiche europee adottate fin’ora?
Il Parlamento europeo a gennaio 2021 ha approvato delle soluzioni per aver delle unità abitative dignitose e sostenibili.
Il documento raccoglie le linee di indirizzo per gli Stati membri per ridurre il numero dei senza-fissa dimora e rendere il mercato immobiliare più inclusivo.
Ok, direte voi ottimo.
Invece a me viene da dire: perché allora si continua a sostenere a Milano la speculazione edilizia?
Per esempio: avete sentito parlare degli scali ferroviari qui a Milano, che saranno oggetto di rivoluzioni non da poco?
Beh, uno degli aspetti preponderanti saranno le nuove abitazioni, che non saranno accessibili a buon mercato andando verso a quello che l’Europa auspica.
Quindi? Avremo degli spazi sì nuovi, migliorati, magari anche eleganti, ma di sicuro ad alto impatto economico.
Perchè non utilizzare invece queste nuove opportunità che la città si ritrova ad accogliere, facendo una cosa buona a largo spettro?
Io se fossi ai piani alti ci penserei. L’inclusione abitativa avverrebbe veramente sotto questi termini e non solo per facciata.
Lo sapete che nel 2019 il 9,4% della popolazione europea ha visto le spese abitative assorbire almeno il 40% del suo reddito disponibile?
Una percentuale che sale al 35,4% per chi è a rischio di povertà, non poco vero?
Pensate ad una casa che non ha i servizi essenziali ed è sovraffollata, le persone che ci vivono sono considerate in grave deprivazione abitativa.
Di solito sono i giovani, gli studenti che non hanno delle soluzioni ottimali ma non solo però, anche le famiglie in affitto e con i redditi più bassi, sono nella stessa situazione.
Il social housing è la soluzione che impazza tra i giovani europei.
Le politiche di supporto all’housing nei Paesi europei sono eterogenee, ma è possibile identificare delle tendenze comuni precedenti al Covid-19.
Col Covid, tutto si è modificato ed anche la condivisione degli spazi quindi.
La questione abitativa è un problema che va affrontato su vari fattori: offerta di housing pubblico, aiuti alle famiglie per sostenere le spese di affitto e controllo dei prezzi calmierati sul mercato immobiliare.
L’investimento pubblico in questo settore, anche tramite la cessione del patrimonio abitativo pubblico a enti no-profit, che è rappresentata in Germania e nel Regno Unito da noi non trova la luce.
Come mai?
Un’idea ce l’avrei in realtà, ma mi piacerebbe sapere ora voi cosa ne pensate.