Premessa: questo articolo nasce da un errore. Mio, per la precisione. Un errore che, però, sono sicuro faranno anche molti di voi. E che va assolutamente corretto. Quando ho sentito per la prima volta questa storia e mi è stato detto che riguardava il mercatino che sorge nell’area delimitata da viale Puglie, via Tertulliano e Piazzale Cuoco ho immediatamente esclamato: “Ah, il mercatino abusivo!”. Ero al telefono con il titolare di Parkomodo, il dott. Colonna ed è calato il gelo. Ma è nata anche una storia che inquadra perfettamente cosa non vada nella Milano di Sala.
Esistono due realtà distinte e distanti, per quanto divise da una sola via, in quell’area. Di una si è occupato il mondo, è il Mercatino delle Pulci. Dell’altra non parla mai nessuno. Perché in questo paese il bene non fa notizia. E quindi ce ne occuperemo noi, qui. Il mercatino degli hobbysti che sorge in Hobby Park è una realtà che opera a Milano da 17 anni. Senza dare il minimo fastidio a nessuno. Promuove l’economia circolare, cioè la vendita dell’usato che finirebbe, altrimenti in discarica o negli inceneritori. È un esempio virtuoso di economia a misura d’uomo, severamente regolato: chi vuole vendere si deve prenotare. Così si evitano file nella notte, schiamazzi e bazar abusivi (checché ne dica il Comune).
Questa benemerita istituzione, ormai si può definire tale, è stata chiusa dal Comune. Perché? Perché a fianco c’è il Mercatino delle Pulci. Di cui, come detto, non parleremo. Ma che, visto il poco spazio che divide i due mondi, fa ricadere le sue scelte, che non abbiamo i mezzi per sapere se siano o meno legittime, né ci interessa, sugli hobbysti. Così, dal 2015, i residenti sono sul piede di guerra. Lamentano file lunghissime nella notte di venditori in attesa, commerci al limite della legalità e la presenza di un esercito di abusivi con le lenzuola a terra.
Come abbiamo visto, il rigido regolamento di Hobby Park non prevede nulla di tutto questo. È quindi lecito domandarsi: a che serve questa decisione? Intanto, alcune anomalie: la forma del provvedimento è quell’ordinanza contingibile. Quindi, come scrive la Treccani: “…per qualificare situazioni e circostanze di grave ed eccezionale necessità che, non potendo esser fronteggiate con i mezzi ordinarî, danno all’autorità il potere di emettere provvedimenti di carattere straordinario e di durata temporanea”. Qual è il termine? Fine pandemia. Che sembra tutto meno che un termine certo e determinato. E l’urgenza? Il Covid è qui da quindici mesi e l’emergenza era iniziata ben prima, nel 2015, se intendiamo la parte dei venditori abusivi. A che serve questa ordinanza?
A rendere la vita impossibile a chi ha sempre lavorato secondo le regole, nonostante l’ampia disponibilità al dialogo della società, cioè la Parkomodo SRL. Certo, il Comune dissente. È ovvio e prevedibile. Ma il segno distintivo di questa Giunta si vede chiaro: chi produce è colpevole sino a prova contraria. Vale per chi vuole fare economia circolare, chi vuole circolare per far girare l’economia e chi deve girare ogni ufficio sulla terra per avere una autorizzazione. Milano è una città con la labirintite burocratica. Ed è precisamente il contrario di quello che il Sindaco ci ha sempre raccontato.
L’effetto è quello di punire chi si adopera con impegno e senza lasciarsi scoraggiare per far rispettare le regole, senza incidere su chi se ne frega di tutto. Si colpisce chi prova a essere in regola, si ignora chi prospera nell’illegalità. E quando la situazione supera la soglia di allarme si trattano le due categorie come se fossero la stessa cosa. È una situazione allucinante, che sta costando cara ad un imprenditore e a centinaia di hobbysti. Con l’unica colpa di aver creduto e investito su Milano. Una città che, ormai, fa il deserto e lo chiama efficienza amministrativa.