Premessa: in questo articolo non si parla di scelte illegali. Al contrario, tutto ciò che hanno deciso i protagonisti rientra, per quanto ci è dato sapere e salvo prova contraria, nel perimetro della legge. Qui si parla di opportunità e immagine. Due cose che, quando non configgono con l’ideologia di Sala, sono importantissime per Milano. Ma non qui, non oggi. Partiamo dai fatti, come illustrati da Otello Ruggeri e Stefania Crispino, militanti di FdI Milano:
“In via Pontano, su una sezione dei muri liberi messi a disposizione dei writers dal Comune di Milano, sono stati realizzati due murales di indubbia qualità in cui sono rappresentati un cucciolo di cane e un gatto. Nulla da eccepire sui soggetti e sulle opere, se queste non celassero un’operazione commerciale di discreto successo. Infatti, in seguito all’accordo – favorito da un’agenzia pubblicitaria milanese – fra l’autore e una società che commercializza cannabis light, nelle immagine sono stati inseriti il logo e i contatti dell’azienda.
Noi siamo tanto garantisti, quanto certi che tutta l’operazione sia svolta nella massima legalità, ma, poiché i muri liberi non risultano fra le superfici dove è possibile esporre pubblicità, saremmo più sereni se il Comune di Milano confermasse che i beneficiari di tanta visibilità* hanno presentato la dovuta dichiarazione d’inizio esposizione per pagare l’imposta Comunale sulla Pubblicità, domanda che se non ricevesse risposta affideremmo ai nostri consiglieri comunali per ottenerla tramite un’interrogazione. Ci chiediamo inoltre – concludono Crispino e Ruggeri – se il Comune di Milano considera etico inserire pubblicità occulta di cannabis, seppur legale, quando il prossimo sabato Il 26 giugno si celebrerà’ la giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droga?”.
*l’Agenzia FDS Milano spiega così il successo ottenuto dall’operazione: ”Abbiamo organizzato una collaborazione tra il nostro cliente Crystalweed e lo street artist Vim. Lo scopo era pubblicizzare in modo creativo e di impatto l’azienda crystalweed; il murales è stato fotografato moltissimo ed è diventato presto virale. i passanti che fotografano il murales spesso pubblicano le foto sui social media e questo ha portato un’ottima visibilità all’azienda”.
Fin qui i fatti.
E i legittimi dubbi di due cittadini molto attenti. Ma la questione non si può limitare a un dato formale. E ci impone una riflessione ulteriore. La cannabis legale è, ovviamente, legale. Come lo è la vendita di armi a soggetti con i permessi in regola. Per qualche motivo, però, chi scrive è convinto che se su quell’angolo di muro fosse apparso il logo della Beretta oggi non staremmo qui a domandarci se fosse stato violato o meno qualche oscuro regolamento. Fiumi di inchiostro sarebbero corsi contro il danno di immagine della città. Sentiremmo alti lai sulla violenza di Stato. Ovviamente senza logica alcuna, ma quando mai questo è contato qualcosa?
Per non parlare del fatto che nemmeno tutte le aziende siano uguali nella narrazione di Milano. Se là ci fosse stato il logo della Feltrinelli forse qualcuno avrebbe storto il naso per il danno ai piccoli librai. Ma se ci fosse stata Altaforte? Apriti Cielo. Questo ci porta a capire che i loghi non sono tutti uguali. Quindi è legittimo domandarsi: la Milano da fumare è una causa degna da sostenere? Non è una domanda banale, né una questione a cui debba rispondere io. A ottobre, per fortuna, potrete farlo voi, cari lettori. Almeno quelli di voi che risiedono a Milano. Con la matita copiativa nei seggi. Sarà una irripetibile occasione per spiegare all’arcobalenato Sindaco dei Navigli cosa ne pensate di lui, dei muri liberi e della Milano che va in fumo.