I nostri morti

I nostri morti. Mai come oggi un’espressione densa di significati del presente. In Lombardia i nostri morti sono tanti, il conto in realtà è ancora in corso. Ma sono tanti, troppi per poterli dimenticare in fretta. E forse in uno di quei giorni di solito ricordati solo dai nonni, potremmo riscoprire un’opportunità per riannodare i fili della tradizione con il tempo presente. Perché la ricorrenza dei defunti è appannaggio di chi la vede più vicina al suo futuro, con discussioni regolari come l’influenza invernale sulle vere origini di Halloween nella millenaria disputa tra paganesimo e cristianesimo. Ma la tragedia vissuta dal mondo ci unisce a tutte le nazioni del pianeta e allo stesso tempo ci ricorda che in realtà la morte non è qualcosa che riguarda solo gli anziani ma ci unisce tutti. Oggi i lombardi e gli italiani hanno una grande occasione: riconciliarsi con la propria tradizione dando un significato positivo all’onda di morte che ha sommerso lo Stivale dal 2020 in poi: quale messaggio più forte possono lasciare le persone scomparse se non una grande pacificazione tra generazioni? Il solco secolare come vuota memoria perde per forza consenso, ecco perché ci sono migliaia di giovani in piazza per un ddl Zan defunto, ma solo pochi e controvoglia a visitare i loro morti. O almeno così è stato negli ultimi anni. Prima della grande onda. Prima di trovare consolidata la paura di un nemico invisibile come il Fato in un virus violentissimo. Prima di trovarsi precipitati nei drammi manzoniani non solo per il capriccio di un insegnante di lettere, ma per una reale e durissima realizzazione della letteratura. Ecco dunque che in questo momento storico nella sua tragicità si possono rinsaldare i legami di sangue tra passato e presente d’Italia. Si potrebbe di nuovo parlare di nostri morti con un sorriso, perché da semplice dolore diventerebbero un ponte tra chi ricordava sempre più solo e chi è impegnato a riscrivere il futuro perché non si riconosce nel suo passato. Un legame forte. Resistente al tempo più del rancore, perché se l’Italia può avere un futuro è solo con l’amore. Non ricordando le divisioni, ma i punti che ci rendono più vicini. Come i nostri morti. I nostri morti.