Dalle indagini coordinate dal sostituto procuratore presso il tribunale ordinario di Milano Alberto Nobili sulle occupazioni al Giambellino-Lorenteggio è emerso che lo scopo dell’azione criminosa dei 9 arresti domiciliari non era il lucro, ma la creazione di consenso per il controllo del territorio, nella fattispecie in una zona sensibile come quella della periferia Sud-Ovest della città. Con questo fine, le case erano assegnate a persone di “una certa aderenza e visione politica vicina al comitato“, ha spiegato il procuratore. “Agli occhi di molti residenti nelle abitazioni occupate questi erano dei sorta di Robin Hood – ha aggiunto Nobili nel corso della conferenza stampa presso il comando di via Moscova -, ma in realtà era un atteggiamento falso e ipocrita perché il loro obiettivo era chiaro: controllo del territorio e in qualche modo anche degli inquilini, anche al fine di ottenere aiuto in caso di verifiche delle forze dell’ordine“.
Gli appartamenti venivano assegnati anche ad amici, conoscenti e anche a membri dello stesso comitato, che aveva strutture logistiche molto ben organizzate: c’erano gli addetti a scassinare gli appartamenti, chi attivava l’energia elettrica aggacciandosi abusivamente alle centraline, e anche una sorta di gruppo dedito alla resistenza contro le forze dell’ordine: durante una delle prime ispezioni negli appartamenti, una pattuglia di carabinieri stata accerchiata da 30 persone, minacciata e costretta ad abbandonare la zona. Chiamando il numero di telefono “sos emergenza sgomberi”, riportati su piccoli manifesti affissi nel quartiere, gli inquilini occupanti potevano assicurarsi il supporto necessario in caso di controlli degli ispettori dell’Aler, anche con azioni di forza, al fine di evitare lo sfratto.
Le nove case sequestrate dall’autorità giudiziaria si trovano in via Giambellino, via degli Apuli e via Recoaro, e vi risiedevano famiglie, sia italiane che straniere, alcune con minori. Gli inquirenti spiegano che si è trattato di un’operazione complessa, con indagini durate oltre due anni e notevoli difficoltà nel monitorare e intercettare le attività del gruppo. “Il rischio è che azioni illegali come questa possano trovare via via un consenso sempre più ampio – conclude il procuratore Alberto Nobili – richiamando l’attenzione di quella sacca di antagonismo violento sempre più diffusa e pericolosa”.