Amato ha vinto i referendum, ora la guerra. Perché se uno è bravo nel suo lavoro, difficilmente smette. Il sempre verde Amato è infatti un rappresentante di quella schiera di italiani che ha l’età della pensione da diversi decenni. Probabilmente è nato già maggiorenne. A parte le battute, in effetti Amato è sempre presente sulla scena pubblica. Nessuno ha capito bene per quale motivo, forse perché sa prestarsi a fare il lavoro “sporco” per lo Stato. Come quando per mettere a posto i conti pubblici sottrasse nella notte i soldi dai conti degli italiani. Robe da governo del terzo mondo, in teoria. Ma nonostante tutto la sua carriera non si è spenta nell’ignominia, anzi: è sempre uno dei più stimati uomini di Stato. Molto capace, molto competente, molto pensionato (ne ha già accumulate diverse tanto che le regala), molto freddo e distaccato. Amato ha vinto i referendum perché con un colpo di genio burocratico ha deciso insieme alla Corte costituzionale che erano scritti male gli unici due quesiti che interessavano alla maggioranza della popolazione. Così lui ha stabilito di fatto che sarebbe fallito il referendum perché gli altri quesiti erano interessanti per poche persone. Sempre importanti, ma comunque una minoranza. E infatti Salvini ha collezionato l’ennesima sconfitta (vai così Mattè). Ora però ci aspettiamo lo stesso distacco nel portare l’Italia in guerra: il buon Amato sta lavorando da qualche settimana sulla lettura della nostra Costituzione, perché in teoria siamo pacifisti, però lo Stato ha necessità di entrare in guerra. Ed ecco rispuntare quel fenomeno di Amato pronto a dire che in fondo la Costituzione è pacifista sì, ma non così tanto. Perché in fondo la parola guerra c’è e non è esclusa del tutto, perché c’è l’opzione difensiva. Peccato che la Russia abbia invaso l’Ucraina e non l’Italia, ma di questi tempi vale tutto. Basta avere un Amato in tasca, stando attenti al portafogli però.