Il processo Eni Nigeria e come si costruisce una rete di fake news/8: il pm longo si espone. Perché ci sono tanti modi in cui abbiamo visto che si sta espandendo la rete di fake new, ma ancora il ruolo del pubblico ministero Longo era rimasto sotto traccia. Per ora si era limitato a svolgere funzioni ricettive, almeno fino alla scorsa puntata quando abbiamo visto che fa partire le prime indagini ufficiali. Fino a quel momento però era soltanto il magistrato a cui si erano rivolti i “milanesi” Ferraro e Gaboardi per raccontare le proprie fantasiose ricostruzioni dei fatti. Nella scorsa puntata abbiamo visto come abbia dato sufficiente credito alle dichiarazioni quanto meno singolari di questi due personaggi per chiamare la consigliera Karina Litvak per un’interrogatorio. Ma fino a qui poteva essere solo un magistrato scrupoloso che dava retta a fatti più o meno credibili, da qui in poi Longo sembra appassionarsi alla vicenda chiedendo di lasciare a lui la competenza sul caso. Scrive infatti ad Antonio Savasta, sostituto Procuratore di Trani, per comunicargli che ha saputo dei sequestri di documenti che il collega ha ordinato e dunque gli gira una registrazione dove Gaboardi parla con qualcuno che “a tutela della sua privacy e incolumità, non viene citato con la presente”: dal colloquio emergerebbe la prova di un “accordo scellerato” finalizzato a influenzare l’operato di Eni spa attraverso il consigliere Luigi Zingales. E non solo: Longo certifica anche che Gaboardi sarebbe “un soggetto particolarmente qualificato”. Il magistrato poi si lascia andare a una precisazione sul coinvolgimento di Gabriele Volpi, chiamato “l’oligarca bianco”, che avrebbe inviato dei presunti emissari nigeriani a teleguidare Luigi Zingales sempre per il consueto scopo di influenzare l’operato di Eni spa. Non stupisce dunque che poi lo stesso Longo si sia inguaiato pesantemente con la giustizia. Già dare credito a due che le sparavano grosse come Ferraro e Gaboardi sarebbe stato da tordi, ma può capitare pure ai magistrati se le reti di fake news sono ben costruite. Certo, stando alle carte ancora più che alle sue prime condanne, viene più facile pensare che Longo fosse ben cosciente di quanto stesse accadendo. E sarebbe anche meglio crederlo da un certo punto di vista, sicuramente ci stanno credendo dei suoi ex colleghi che indagano su di lui e gli hanno pure imposto di risarcire lo Stato con 300mila euro.
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