Boom di occupati stabili ma nessuno ne parla. Perché? forse perché la logica sottostante all’informazione attuale è che attira più attenzione una cattiva notizia di una buona. Eppure non si capisce perché. In fondo ci sono migliaia di esempi, come pagine di informazione o canali di comunicazione che si basano sulla comunicazione positiva. Kaby Lame è diventato super conosciuto scherzando. Ed è solo un esempio. Si potrebbero citare tanti altri esempi, ma non è questo il giorno. Ora è il momento di concentrarsi sul fatto che le persone con un contratto stabile non sono mai state così tante come oggi: oltre il 60 per cento. Un dato paragonabile solo ai mitologici anni Settanta del Novecento. Eppure la notizia appare solo in una riga in prima pagina di Repubblica. Scende la disoccupazione, cresce stabilmente l’occupazione “buona”, diminuiscono persino quelli che il lavoro manco lo cercavano. Ma per i grandi giornali e media pare più interessante seguire un dibattito a tratti ridicolo e surreale tra le forze politiche. Roba che si potrebbe esaurire in “ne stanno ancora parlando”. Invece ai pettegoli da redazione piace seguire questo monotono ciarlare come se fosse davvero il primario interesse di una popolazione che riceve solo notizie pessime da tre anni. Invece evviva due volte, ma pure tre per chi ha dedicato due pagine alla notizia che la situazione del lavoro migliora in Italia. Anche se a pagina 22, almeno ne hanno parlato ampiamente. Dopo un fiume di inchiostro buttato per seguire le dispute dell’oratorio, ma almeno spargono buone notizie. Vere notizie. Il lavoro c’è. Sempre di più e sempre meglio. Magari a volte è un lavoro del cazzo, ma c’è. Un piccolo spicchio di sole in cielo che sembra piacere solo se è nero e cupo.