Un mondo sempre più sorprendente: per una volta i politici lavorano d’estate. Dobbiamo dirlo perché spesso in questo periodo storico sembra esserci un piacere morboso nel ripeterci come stiamo per morire male. Possibilmente poveri, malati e in modi terribili. Siamo la generazione cresciuta con le teste mozzate dell’Isis, le persone bruciate vive, intere nazioni ridotte peggio dell’Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Siamo quelli che ricorderanno le statue distrutte in Afghanistan, Iraq, Olanda, America. Degli Stati Uniti ricorderemo le Torri Gemelle distrutte e l’assalto al Parlamento da una banda di scappati di casa vestiti da capo indiano dei film di John Wayne. Le epidemie che hanno fermato il mondo, roba con effetti più devastanti dell’Aids per il secondo Novecento. Tanto che la nuova Aids, il vaiolo delle scimmie, preoccupa molto meno gli esperti di quell’eredità del secolo passato. La crisi energetica è stabile come quella economica. Insomma la realtà fa abbastanza schifo. Specialmente per chi ha visto la fine di tempi molto diversi. E dunque ce la raccontiamo questa disgrazia chiamata presente, ma stiamo perdendo il gusto di vedere gli aspetti positivi. Dopo trent’anni di manettarismo come soluzione di tutti i mali disprezziamo la politica profondamente, tanto che persino i democratici preferiscono sostituire il Parlamento con Monti e Draghi. Eppure viviamo in un mondo sempre più sorprendente: per una volta i politici lavorano d’estate. Perché l’ultimo sussulto di vita politico ha costretto tutti i politici a organizzarsi in fretta e furia per le elezioni nazionali del 25 settembre. E allora perché non cogliere anche questo aspetto positivo? In fondo siamo bravi a sottolineare “il vero problema” “la vera emergenza” e così via. Per una volta troviamo una spigolatura positiva. I politici lavorano, pure in estate. Riconosciamolo. Non vuol dire assolverli per tutto il resto, ma solo constatare che per una volta nella grande confusione sotto il cielo c’è anche qualche spiraglio di luce.