Dovremmo stare sempre in campagna elettorale. Perché nelle settimane prima di un voto come quello previsto per il 12 e 13 febbraio i politici delineano un mondo meraviglioso: diritti e soldi per tutti. Un mondo sicuro e coccoloso allo stesso tempo, dove a ogni angolo c’è qualcuno pronto a proteggerti ma lasciandoti libero. Praticamente la calma del ventre materno, ma senza il fastidio del cordone ombelicale. E non c’è uno, dicasi uno, che avverte su quello che inevitabilmente succederà come le tasse che si alzano, gli stipendi che si abbassano e via dicendo. Pronosticano tutti meraviglie. E fanno a gara per essere migliori gli uni degli altri. Cercano di non sbagliare una parola. Anzi neanche una pausa per prendere fiato. Una magia inevitabilmente rovinata dalla realtà quando vengono eletti: lì sai già che ti aspettano anni in cui nessuno realizza quello che ha promesso, a meno che non sia condito da una lunga serie di “ma” “comunque” “in fondo”, e ricominciano le dichiarazioni ad cazzum su qualunque argomento propongano gli echi dei social network. Ecco perché dovremmo dovremmo stare sempre in campagna elettorale, permanente. Anche perché vista la fatica necessaria non sarebbero poi così tanti a volersi candidare, rimarrebbero solo quelli veramente convinti di avere qualche progetto da portare a termine oltre il fare il meno possibile e arraffare il massimo possibile prima delle manette. Sogni, purtroppo.