Sull’acqua siamo in sempre in ritardo. Come sui cambiamenti climatici. Perché? Molti dicono che è una questione di mancata armonizzazione tra economia e ambientalismo: in due parole, saremmo tutti d’accordo nel rispettare l’ambiente, ma non ci sono soluzioni realistiche per sostituire il nostro modello economico. Sull’acqua stesso discorso: sono tutti d’accordo sull’idea di non sprecare la risorsa, ma prima di tutto bisogna partire dal Sud. Dicono. Sembra però che ci sia un’epidemia di memoria da farfalle: l’anno scorso il Nord ha sofferto molto più del Sud la carenza d’acqua. E tra l’altro il Sud si sta già attrezzando con infrastrutture internazionali come il mega acquedotto che porterà l’acqia dall’Albania alla Puglia. Il Nord invece in tutta probabilità si affiderà all’ennesimo leghista con la terza media chiara come titolo di studio e una soluzione facile tipo “prima l’acqua agli italiani”. Nessuno sembra ricordare che l’unica agricoltura che non ha sofferto per nulla della siccità è stata quella sarda. Lo ripetiamo: quella sarda. E la Sardegna non è certo nota per essere un’isola caraibica tutta fiumi e foreste. Però è stata fatta, non discussa, una politca degli invasi. Perché il tema non sono le risorse. Il tema è che la politica è stata depauperata dalle squallide discussioni degli ultimi decenni, con il risultato che quando bisogna decidere cosa fare, solo le bance possono farlo. Gli altri si attaccano al proverbiale tram. Un disastro sociale che ha causato a cascata disastri e sprechi di risorse, quelli sì inaccettbili. Perché è surreale che la priorità delle nostre società mettano in cima alla lista i bilanci delle banche e non la sopravvivenza della civiltà umana stessa. Ma abbiamo pure consegnato un Paese con duemila anni di storia a un banchiere e tutti si sono messi in ginocchio, l’unica tradizione romana rimasta nei nostri costumi. E così sull’acqua siamo sempre in ritardo. Fino a quando non saremo annegati nella merea delle nostre inadeguatezze.