Sono 2.021 i senzatetto a Milano, o almeno quelli censiti dopo essere stati trovati in strada o nelle strutture di accoglienza, dal 12 al 16 giugno, dai 700 volontari che hanno effettuato la rivelazione promossa dal Comune di Milano insieme alla Fondazione Rodolfo Debenedetti. È la prima volta che una rilevazione di questo tipo si effettua durante il periodo estivo, dunque per fare confronti bisognerà aspettare una seconda fase di rilevazione, più avanti.
Poco più di 2mila persone, dunque: lo 0,15% della popolazione cittadina, cioè 15 su mille. La maggior parte dei senzatetto rintracciati in strada era nel centro storico: il 39%. Gli altri due Municipi più rappresentati sono il 2 (con il 18% dei senzatetto) e il 3 (con il 13%). Molti senzatetto permangono in centro per essere vicini alle zone più ad alto passaggio. Nel Municipio 2 ci sono in particolare le aree di via Vittor Pisani e della Stazione Centrale.
Il 90% è uomo e i due terzi hanno più di 35 anni. Più di 1 senzatetto su 2 (il 52%) ha detto d’incontrare, almeno una volta alla settimana, le unità mobili, che forniscono assistenza immediata (pasti, coperte e così via). Il primo bisogno espresso dai senzatetto intervistati è quello di poter conservare gli oggetti personali: lo ha segnalato il 62%. E poi quello di avere accesso ai servizi sanitari (52%), a una connessione a Internet (46%), a vestiti puliti (46%).
“Questi dati – ha commentato l’assessore al welfare Lamberto Bertolé – ci devono responsabilizzare a lavorare ancora di più per rafforzare la rete costruita nel corso di questi anni a sostegno delle persone senza dimora. I dati, ancora parziali, ci confermano che quello della grave emarginazione è un problema che riguarda tutti i centri urbani e che i numeri di Milano sono in linea, se non inferiori a quelli delle grandi città europee, da Barcellona a Budapest, da Parigi a Lisbona”.
Rilevazioni come questa “offrono una visione scientificamente accurata del fenomeno dell’assenza di dimora in città”, ha sottolineato il gruppo di ricerca della Fondazione Debenedetti: “Avere a disposizione dati di questo tipo è un passo fondamentale per ragionare in modo informato sul fenomeno dell’assenza di dimora, con l’obiettivo di rendere questa condizione un’eventualità sempre più rara e di breve durata”.