Otto agenti di polizia sono indagati per un presunto pestaggio avvenuto all’interno dei corridoi dell’ufficio immigrazione della questura di Milano (in via Montebello) nei confronti di un 20enne tunisino.
Sette agenti devono rispondere delle accuse di violenza privata aggravata dall’abuso di poteri e di “violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione”.
Una ottava poliziotta, invece, è stata indagata per non aver sporto denuncia o segnalato il fatto ai suoi superiori.
Il fatto sarebbe accaduto nel pomeriggio di lunedì 5 ottobre e più precisamente intorno alle 16. Il 20enne, secondo quanto ricostruito dal quotidiano milanese, sarebbe stato accompagnato in via Montebello dalle volanti per “essere trattenuto e poi condotto presso un centro di accoglienza in attesa di rimpatrio”.
Quello che è successo all’interno della struttura è stato in parte cristallizzato dalle telecamere a circuito chiuso che sorvegliano i corridoi. Nel video – e più precisamente intorno alle 16.05 – si vede il giovane che discute animatamente insieme a uno dei poliziotti. Un agente lo costringe a sedersi su una sedia, poi lo colpisce con uno schiaffo al volto.
Pochi istanti dopo lo afferra per il braccio e lo trascina verso il corridoio mentre si dimena. In questo frangente intervengono altri colleghi che bloccano e immobilizzano il 20enne; il ragazzo poi viene sollevato di peso e trasportato in un’area non coperta dalle telecamere. Tutto ciò davanti a una poliziotta che assiste alla scena senza intervenire.
Successivamente, secondo quanto ricostruito dalla procura, il giovane sarebbe stato colpito “con calci e pugni all’addome e al torace”. Non solo, uno degli aggressori gli avrebbe sbattuto la testa contro il numero. Ripetutamente.
Il caso è finito sulle scrivanie della procura di Milano, verosimilmente in seguito a una segnalazione di altri agenti che hanno assistito al fatto.
Il pm Giovanna Cavalleri ha acquisito la testimonianza del 20enne con la formula dell’incidente probatorio (le sue dichiarazioni sono state cristallizzate e potranno essere utilizzate in un eventuale futuro processo).
Nelle scorse settimane il tunisino è stato trasferito al Cara di Gorizia dove ha presentato una richiesta di protezione internazionale, ma ha deciso di non sporgere denuncia.