In questi giorni si parla soprattutto di genitori. Prima una donna tossicodipendente che prima si fa una dose al boschetto della droga di Rogoredo e poi si va a partorire in una cascina come gli animali. Dall’altra un giovane padre che uccide suo figlio praticamente appena nato (2 anni) e poi chiama i carabinieri. Per non parlare di quello che ruba i regali al figlio per comprarsi la cocaina. C’è qualcosa che siamo persi negli ultimi anni? Medea non è una novità di oggi e persino in tempi recenti in molti hanno sentito parlare di Edipo, ma a Milano iniziamo ad avere troppi casi per non porsi la domanda: abbiamo bisogno di politiche tipo la Cina o di un lavoro mastodontico per ricostruire quella che una volta si definiva società? Il paradosso nel primo caso è che oggi i giornali riportano il grido di dolore della donna: “Non toglietemi mio figlio”. Onestamente speriamo che sia il solito titolo semi truccato per acchiappare lettori e che sia una frase estrapolata dal contesto: se lo ha fatto nascere in una stalla inzuppata di droga, le premesse per la vita del bambino non sono un granché. Il padre che ha ucciso il bambino a botte invece, dopo aver chiamato la polizia si è dato alla fuga. Grazie alle nostre forze dell’ordine il patetico tentativo di sottrarsi alle proprie responsabilità è durato molto poco, ma anche in quel caso ha diritto a essere padre? Persino gli assassini lo hanno, come era stato rivendicato nel caso di Martina Levato, ma gli assassini di figli? Dubbi che restano aperti, ma che ci ripropongono la questione: tra genitori e figli abbiamo perso qualcosa?
Pingback: La polemica sui compiti a casa in lingua araba - Osservatore Meneghino