La mafia dei poveri si diffonde a Milano. Tre giorni fa la polizia ha arrestato un bengalese di 31 anni che chiedeva il pizzo ai venditori abusivi in zona Stazione Centrale. Chiedeva pochi soldi, ma con tanta violenza che gli stessi ambulanti hanno deciso di sporgere denuncia. Ma se questo è un caso isolato, esistono altri segnali di una comunità che sta cambiando pelle: ad aprile su questo giornale vi abbiamo raccontato di una bomba carta tirata contro un “bangla”, il nomignolo usato per indicare uno dei tanti negozietti di alimentari gestiti da bengalesi, indiani o cingalesi. Il motivo del gesto era molto semplice: il gestore si era rifiutato di pagare il pizzo. Ma non a qualche mafia nostrana, bensì a quella d’importazione, la stessa che poche settimane prima della bomba carta aveva pestato un altro in zona viale Stelvio che aveva tentato di opporsi alle richieste di denaro. Anche in questo caso si tratta di richieste molto basse, decine di euro al mese tendenzialmente, ma come ha rilevato Eleonora Montani, docente di criminologia della Bocconi, i metodi sono simili a quelli della nostre mafie: organizzazione, controllo del territorio, uso della violenza. Una mafia del sud est asiatico di cui anche le comunità di riferimento iniziano ad aver timore: un membro autorevole della comunità cingalese ha confermato all’Osservatore che tutti ormai ne hanno sentito parlare, anche se per fortuna non si hanno notizie di coinvolgimenti diretti. Per ora sembra più una mafia di origine bengalese, anche se alcuni caratteri non sono certi: nemmeno i carabinieri sono riusciti a venirne a capo per il momento. E’ stata avviata un’indagine proprio per cercare di beccare questi mafiosi in salsa asiatica, ma le maglie delle comunità del sud est asiatico sono persino più strette di quelle di altri gruppi etnici. La voce però è arrivata anche ai militari e si cerca il modo di occuparsene. Sicuramente la situazione è già oltre il livello di guardia per gli aspetti sociali: si parla infatti di comunità che fino a oggi erano state molto pacifiche sia internamente che esternamente. Gli unici disagi venivano registrati in alcuni quartieri dove i “bangla” diventavano il punto di riferimento per chi voleva acquistare birra e alcolici tutta la notte. La diffusione di una mafia bengalese sembra però un passo deciso verso il basso che tra l’altro sembra prendere piede anche in altre parti d’Italia: a Napoli due uomini, che al momento non risulta fossero in contatto con i “milanesi”, sono stati arrestati perché pretendevano una tangente da 200 euro al mese dai connazionali. Un fenomeno dunque che si sta ampliando con la stratificazione e l’inclusione delle comunità nel tessuto socio-economico nazionale.
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