Nome dell'autore: Michelangelo Bonessa

Giornalista per inclinazione allo scrivere e al non essere allineato, direttore editoriale dell'Osservatore Meneghino per le mille e imperscrutabili vie della vita. Ho scritto per Narcomafie, Corriere, Giornale, Fattoquotidiano, LaPrealpina, Stile, 2duerighe.com, MilanoPost, l'Esagono e molti altri.

Convegno violenza di genere, la Prefettura: un nuovo protocollo per i figli delle donne vittime di violenza di genere

Convegno violenza di genere, la Prefettura: un nuovo protocollo per i figli delle donne vittime di violenza di genere. Lo scoop è stato dato da Alessandra Tripodi, viceprefetto di Milano, durante il convegno “Contrastare la violenza di genere: normative e strumenti” tenutosi il 15 ottobre all’Istituto dei Ciechi di Milano. Il nuovissimo protocollo prevede la collaborazione di tutte le istituzioni territoriali, dalla Prefettura alla Regione, al Comune, agli enti scolastici e le strutture ospedaliere, per offrire una rete di protezione ai figli delle donne vittime di violenza di genere. Un caso unico in Italia, ha specificato Tripodi, non solo per il tema, ma per la vastità della collaborazione tra enti del territorio che rendono Milano un caso più unico che raro di fronte alle realtà di molte parti del Paese dove le sinergie sono molto difficili, se non impossibili, da fare. Ascolta la playlist degli interventi dei relatori Questo però è lo scoop. Durante il pomeriggio, mirabilmente moderato dalla giudice Jole Milanesi, si sono susseguiti incontri ricchi di contenuti sul tema. E per non lasciare spazio alle interpretazioni, vi riportiamo gli audio degli interventi. Gli organizzatori e i ringraziamenti Come ha scritto Camillo de Milato, il convegno è stato organizzato dall’Osservatorio Metropolitano di Milano, con il prezioso contributo del Tribunale, Prefettura e Questura di Milano, del Distretto Lions della Città Metropolitana di Milano, Associazione Amici dell’Osservatorio, Comitato Mi’mpegno, Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano, Istituto penitenziario. Moderato dalla magistrata Jole Milanesi, responsabile Giustizia dell’Osservatorio, relatori di eccezione hanno offerto il loro contributo di studio ed analisi. Grazie per la partecipazione/organizzazione a Fabio Roia, Diana De Marchi Bruno Dapei, Carla De Albertis, Avv. ROSSELLA Vitali, Rodolfo Masto, Carmelo Ferraro, Franz Sarno, Edilberto Giannini, Marilena Ganci, Salvatore Anania, Teresa Mazzotta, Alessandra Tripodi, Stefania Bartoccetti, Rachele Capristo. Contento della presenza degli amici Carolina Pellegrini, Alessandra Caricato, Fabio Di Venosa, PRINCIPIA BRUNA ROSCO, Ermanno Leo, Andrea D. Jarach, Annamaria Bernardini de Pace, Paolo Giovanni Del Nero, Anna Maria Cipolla, Massimo Ruggero, Michela Stassano, Michelangelo Bonessa, Miriam Dondi, Patrizia Bricchi Guccione Prata, Carmela Macchiarola, Doriana Martini, Maurizio Sordi, FRANCA BIFANO, Flavio Ramella, Donatella Vergari”.

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Torna la grande musica in periferia!

Domenica 20 Ottobre ore 16:00, presso la Chiesa dei 4 Evangelisti ( via Pezzotti, 53 – Milano), l’ass. “Art & Music Insieme”, organizza un bel pomeriggio di grande cultura, con musica lirica , brani e duetti d’opera e operetta e classici napoletani. Si esibiranno il soprano Katerina Adamova, il tenore Vitaliy Kovalchuck, accompagnati al pianoforte dal M. Loris Peverada. Ospite il baritono Eugen Secobeanu. Il concerto è portato alla cittadinanza da Art&Music Insieme, pluripremiata Associazione che opera in tutto il territorio milanese. Il programma del pomeriggio è estremamente variegato: si passerà da arie liriche fino ai più grandi successi della canzone napoletana. Ogni appuntamento vede un diverso assortimento musicale. Come tutti i grandi artisti, in particolare Paganini, nemmeno loro amano ripetersi. I concerti sono seguiti fedelmente da centinaia di persone, per cui si raccomanda di prenotarsi. È capitato talvolta che qualcuno dovesse rimanere fuori! Per info e prenotazione: cell.3498609353 mail: artemusic.insieme@gmail.com Durante il concerto sarà possibile godere delle opere del M. Michell Campanale, esposte nella Chiesa e accessibili gratuitamente. Qui una sua breve presentazione: “L’arte di MICHELL e’ pura, autentica e autodidatta. Il maestro esordisce a soli 11 anni, durante la sessione scolastica 1981/82, partecipando a un concorso artistico interno delle scuole medie inferiori, con una straordinaria estroflessione su rame a colori a smalto, raffigurante una marina, una spiaggia, a fine di una giornata di pesca, che desto’ lo sconcerto dei docenti e dei genitori, valendogli il primo posto al concorso con l’opera sopra citata, che l’artista conserva gelosamente, rinvenuta negli archivi della scuola media inferiore Giovanni XXIII di Ruvo di Puglia (BA), tornata poi in possesso dell’autore dopo lunghe trattative con il Provveditorato Scolastico locale, esposta attualmente al Palazzo di Giustizia di Milano. Ma il percorso evolutivo delle precoci talentuose attitudini dell’artista, si interromperanno nella prima adolescenza, causa tormentate vicissitudini familiari. Per cui il giovane artista sara’ dedito prima alle attivita’ commerciali, poi alla vita militare, che lo strappera’ dolorosamente appena ventenne alla sua terra d’origine, per trapiantarlo nella caotica quanto per lui produttiva vita milanese, per esplodere quindi in tutta la sua espressivita’ anni dopo, con una serie di eventi e impegni artistici. Qui di seguito alcune tappe di maggiore rilievo.”

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Ciocca (Lega): “Milano città più insicura d’Italia”

Ciocca (Lega): “Milano città più insicura d’Italia”. In questa intervista all’europarlamentare Angelo Ciocca abbiamo affrontato alcuni temi relativi a Milano e alla Lombardia. Il capoluogo lombardo è la città più insicura d’Italia secondo l’europarlamentare leghista, ma non solo: nelle posizioni francesi e tedesche sulla guerra il deputato europeo intravede un interesse economico nell’economia di guerra. Perché la Germania ha avviato la più grande fabbrica di proiettili del mondo, mentre il presidente Macron continua a cercare di mandare i giovani al fronte. Forse, aggiungiamo noi, perché è più semplice che creare lavoro in patria con un sistema sociale che garantisca una società equa per i cittadini.  

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Caccia al voto islamico a Bergamo

Caccia al voto islamico a Bergamo. Sta girando un video che racconta come il partito democratico abbiamo aperto la caccia al voto islamico a Bergamo. Un video dove l’assessore Giacomo Angeloni, in compagna della candidata PD Elena Carnevali, supplica i musulmani bergamaschi di andare a votare ricordandogli quanto sia importante visto che il nuovo piano del Comune prevede 5 aree destinate alle aree di culto.    

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Statue e donne: una questione irrisolta

Statue e donne: una questione irrisolta. In questi giorni a Milano si sta discutendo molto di una statua raffigurante una donna. E fin qui potrebbe anche non essere un tema difficile, diciamo non difficilissimo. C’è un però: quella è una mamma. E da questo particolare si è scatenato il putiferio. Perché a questo punto secondo il Comune di Milano è diventata “divisiva”. Non sorprende perché da anni Palazzo Marino è impegnata a chiudere asili e scuole pubbliche e a stendere piste ciclabili che secondo i magistrati sarebbero pure irregolari nonché causa di morti e feriti sulle strade. Segno che l’interesse per gli asili nido e dunque per madri (e padri) è secondario, almeno stando alla mole di investimenti riservati ai capitoli di bilancio che in mondo normale sarebbero chiamati semplicemente “necessità dei cittadini”. Però piace invece parlare di bilanci. Perché il bilancio di per sè è asettico. Se dal bilancio togli i bambini e i disabili, per dire, i conti tornano in attivo perché quelle sono figure in perdita. Tant’è che la figura della madre in sé è osteggiata da tutti, molte donne comprese. Perché alla fine una madre è un elemento in perdita del sistema economico. Crea vita, dunque costi. Invece se si dedica solo al lavoro crea denaro da spendere in mille e una attività. Così resta attiva con la sua bicicletta a girare su e giù per le vie alla moda delle città in cui gli chef di alta cucina ormai idoli delle folle impediscono ai bambini di entrare nei loro ristoranti prima di una certa età, perché i bambini sono un elemento di disturbo. Così come le madri e i padri. Gente piena di esigenze tipo uno stato sociale e senza voglia di rincorrere lo status sociale. Così sulle statue e donne è una questione irrisolta a Milano. Persino l’idea di mettere una statua che raffigura una madre di fronte alla clinica Mangiagalli, tempio della natalità meneghina, sarebbe un insulto perché ci sono donne che interrompono la gravidanza. Secondo questo schema di pensiero dovremmo bruciare arazzi e scalpellare per qualche anno perché nell’arte stranamente secondo i wokisti è pieno di riferimenti a gente (persino divinità) a cui la vita piaceva. In cui le persone non erano un mero elemento del sistema economico. In cui gli esseri umani potevano essere tali senza dover contare su uno stipendio. Ma questo ovviamente è il passato. Nel presente le madri sono un simbolo divisivo. Qualcosa da nascondere. Magari in una grotta. Oppure più semplicemente da evitare. Così non si offende nessuno.

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Palazzo Marino: profumo di woke nell’aria

Voci di corridoio ci avevano riferito che, dopo lo scontro avvenuto in commissione, la Consigliera del PD Alice Arienta, si fosse chiarita con il Capogruppo di Forza Italia Alessandro De Chirico e avesse deciso di mettere una pietra sopra la questione. Il aula però l’impressione è stata che in realtà la volesse mettere sopra all’azzurro e a buona parte del genere maschile. Presa la parola la Consigliera del PD ha esordito ricordando di essere stata vittima insieme a una collega “di un attacco violento e aggressivo di stampo machista”.  Aggettivo quest’ultimo, che non ha nulla a che fare con il comportamento di De Chirico e che non testimonia certo a favore, se non della comprensione, almeno della mancata accettazione di quanto scritto nella lettera inviata dall’azzurro. Ha quindi proseguito ringraziando tutti quelli che le hanno manifestato solidarietà e vicinanza, spiegando poi di avere riflettuto su “come lanciare un messaggio contro l’odio e contro il linguaggio sessista” ribadendo implicitamente di non avere accettato la versione di De Chirico secondo cui il suo non era un attacco di stampo misogino, per poi trasformare questo singolo episodio in una rivendicazione di genere “si perché quello che è successo non è un fatto personale accaduta a me ma una vera violenza che in passato ad altre donne”. Dimenticandosi però di precisare che in alcuni casi le offese alle “altre donne” provenissero proprio da altre donne. “Nessuno può arrogarsi il diritto di zittire qualcuno” ha aggiunto la Arienta “tanto meno con modalità aggressive se rivolte ad una donna” (Se rivolte a un uomo si? Che ne è stato della parità di genere?) per poi rivolgersi a tutte le donne “Noi non possiamo più accettare di venire zittite, mai!” ribadendo che nessuno può zittire nessuno “ma a una donna è ancora più antipatico” (come sopra) sottolineando poi che “zittire è un tentativo di ricondurre la donna in un angolo così non nuoce visto che magari sta dicendo cose che magari infastidiscono”. E su questo “infastidiscono” ci soffermiamo un attimo, perché è evidente che l’Arienta ha capito benissimo che De Chirico fosse infastidito, non il perché. Non perché lei è donna, non per il ruolo che ricopre e nemmeno perché stava parlando, bensì per il fatto che lo stesse criticando per un comportamento tenuto anche da lei in passato. Cosa che si è ben guardata di dire. E’ l’ipocrisia che lo ha infastidito, non il sesso della sua interlocutrice. La consigliera del PD ha quindi fatto una condivisibile critica ai toni che a volte si usano in aula, creando un “ambiente tossico così che poi non si riesca più a discutere, a elaborare un pensiero a fare proposte” dicendosi quindi d’accordo con la Presidente Buscemi sul costituire una “Commissione sul Linguaggio d’Odio” per rendere le discussioni più gentili e “delicate”. La Consigliera ha quindi annunciato di avere organizzato un flah mob fuori da Palazzo Marino contro il linguaggio sessista e la violenza cui – purtroppo – probabilmente, viste le premesse, hanno partecipato solo esponenti di sinistra. In conclusione, Alice Arienta ci è sembrata sincera e realmente provata dall’accaduto. Ci sarebbe piaciuta di più se non avesse trasformato una disputa personale, in cui ha avuto una parte di responsabilità facendo la morale a De Chirico per un’azione compiuta anche da lei in precedenza, in una rivendicazione di genere dal sapore decisamente woke. Rivendicazione più che lecita, se corrisponde al suo pensiero, ma che avremmo trovato più credibile e adeguata se distaccata da questo singolo episodio con cui il sessismo, a nostro parere, non ha nulla a che fare.

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