Nome dell'autore: Michelangelo Bonessa

Giornalista per inclinazione allo scrivere e al non essere allineato, direttore editoriale dell'Osservatore Meneghino per le mille e imperscrutabili vie della vita. Ho scritto per Narcomafie, Corriere, Giornale, Fattoquotidiano, LaPrealpina, Stile, 2duerighe.com, MilanoPost, l'Esagono e molti altri.

La Lega dei commissari perde pure Bastoni

La Lega dei commissari perde pure Bastoni. E subito scatta un’espulsione. Eppure la linea leghista rimane la stessa: sono traditori. Sembra un filo un riflesso di anni da commissariamento perpetuo, perché come ha notato qualcuno, al comunicato del commissario  Cecchetti non hanno applaudito virtualmente nemmeno venti persone. Per carità, numeri compatibili con i tesserati leghisti che ormai sono poche centinaia, ma comunque pochi per  un partito accusato per anni di avere una “bestia” di sistema social. Questo il comunicato di Cecchetti: Prendiamo nuovamente atto, esattamente come avevamo fatto la settimana scorsa con Formenti, Lena e Mura, della analoga decisione dei consigliere Bastoni di tradire il mandato ricevuto da migliaia di elettori e militanti leghisti e abbandonare il nostro gruppo regionale. Peraltro decisione attesa, dato che in un recente passato lo stesso Bastoni aveva già annunciato e poi ritirato le dimissioni dal gruppo. Anche per Bastoni ovviamente il Comitato di Disciplina e Garanzia, ha decretato l’espulsione dal nostro movimento. Anche per Bastoni non si capisce davvero la motivazione per questo tradimento, se non la ricerca di posti futuri, e non ci venga a tirare fuori la manfrina trita e ritrita ‘dell’autonomia e la difesa delle identità regionali’ perché sono temi quotidiani dell’agenda politica della Lega e questo è sotto gli occhi di tutti. Lo dichiara l’on. Fabrizio Cecchetti, coordinatore regionale lombardo della Lega Salvini Premier Curioso che però dalle parti di via Bellerio si faccia finta di nulla. Eppure i tesserati del Comitato Nord sono parecchi visto che è appena partito. E pure i leghisti fuoriusciti non sono pochi se si pensa che sono giù in grado di presentare una propria lista alle regionali. Magari una che si richiami ai temi originari della Lega Nord e meno alle attenzioni di cosa pubblica Amazon o Netflix. Perché quelle saranno piattaforme importanti, ma agli elettori del Nord forse interessano più altri temi.

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La corsa del tridente parte a Natale

La corsa del tridente parte a Natale. Perché l’unica certezza per ora in tema di elezioni regionali è che si parte dalla prossima settimana con la campagna vera e propria. Per ora tutti stanno a guardare, anche perché molti non hanno nulla da decidere: sono a traino di chi manovra il timone. E i capi stanno stringendo le ultime alleanze. Il fronte progressista certificherà l’alleanza Pd-M5S (più chi ci sta) dopo il voto interno del Movimento 5 Stelle, perché di fatto il via libera al nome di Majorino da Conte c’è già. Moratti sta aggiustando il tiro: l’addio di Nando dalla Chiesa motivato dal posizionamento nel centrodestra della  lista dell’ex sindaco in realtà aiuta molto la Lady a ritrovare un’identità di fondo che le si confà. Fontana invece sta ancora cercando di capire chi mettere nella sua lista perché la Lega sta  perdendo pezzi qui e là e non è detto che i fuoriusciti vogliano fare la lista con lui. Quelli più sereni di tutti sembrano i Fratelli d’Italia perché vada come vada faranno il risultato migliore della loro storia, dunque tra l0ro la discussione è solo chi si candiderà nei colleghi sicuri e chi no. Ma che si vinca o meno, la strada porta comunque a una vittoria di fatto. Le liste saranno il problema di tutti da lunedì in poi perché la corsa del tridente parte a Natale, ma ancora non sono definiti tutti i nomi. Inoltre, si deve ancora diradare la nebbia su tutti i partiti e partitini di seconda fascia come i Radicali e altri che prima o poi dovranno scegliere da quale polo farsi attrarre. In ogni caso sarà un Natale caldo.

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Ma i soldi del “piano Marshall Fontana”?

Ma i soldi del “piano Marshall Fontana”? Che fine hanno fatto? Qualcuno li sta seguendo? Perché nel mezzo della pandemia il buon presidente ha pensato di organizzare il domani, diceva. Cioè ha indebitato i lombardi per 3 miliardi, ma voci di Palazzo Lombardia dicono siano già diventati 5, per rilanciare l’economia regionale. Ebbene, secondo alcuni controlli a noi risulta  che abbia finanziato un bidone di cemento gigantesco costituito in buona parte di piste ciclabili, sconti alle infrastrutture di fatto inutili come Brebemi e rotonde. In una Regione che negli ultimi due anni ha scoperto di non avere più medici, forse le rotonde non erano proprio il primo investimento a cui pensare. Perché in fondo con 3 miliardi si potevano pagare diversi medici o finanziare le borse di studio necessarie per i prossimi anni, visto che fuori dai concorsi restano sempre  in parecchi. Gente laureata. Perfettamente in grado di curare le persone. Ma si sa che poi il medico magari vota qualcun altro o non risponde come dovrebbe, mentre un’autostrada o una rotonda hanno il dono del silenzio. A parte le battute,  la domanda è davvero seria: c’è qualcuno di quelli che si stanno occupando in tutta fretta di compilare libri dei sogni, pardon programmi elettorali, che sta dietro ai soldi che il presidente uscente ha regalato qui e là? Perché se il diavolo sta nei dettagli, figurati nei miliardi cosa puoi trovare.

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Un Natale al lavoro per tutti

Un Natale al lavoro per tutti. Perché se lavora il governo sotto Natale, lavorano veramente tutti. Forse per la prima volta nella storia della Repubblica italiana questo Natale a Roma nei palazzi del potere si lavora davvero. Non che sia una libera scelta: se non si chiude il bilancio, l’Italia va in esercizio provvisorio succede un disastro a livello di immagine e di economia nazionale, dunque, tutti sotto a lavorare. D’altronde chi sta al governo dovrebbe pure essere contento: hanno detto su tutti i cartelloni d’Italia di essere pronti, dunque ecco la sfida. Ci sono i conti da chiudere senza follie sulle tassazioni sperimentali o altre questioni politiche. E da tenere insieme una maggioranza che ha dentro parti molto instabili. Perché la vittoria di Meloni è piaciuta a molti, ma non è piaciuta ad altrettanti. Dunque in pochi saranno disposti a dare una mano alla lady di ferro della politica italiana. E infatti il suo primo natale da premier lo passerà in ufficio come un impiegato qualunque. Perché è Un Natale al lavoro per tutti. Pure per chi di solito dice agli altri di prepararsi a lavorare duramente per uscire dalla crisi.

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E se alla fine invece del Pd si scindesse la Lega?

E se alla fine invece del Pd si scindesse la Lega? Perché i nervi sono tesi da tempo in via Bellerio. Da anni. Perché è vero che Salvini può sempre rivendicare di aver preso una Lega al 4% e averla portata oltre  il 30, ma poi l’ha anche abbattuta della metà. Inoltre i numeri sono impietosi: su Milano i tesserati che una volta erano migliaia ormai sono circa 200. E le ultime nomine come quella di Silvia Sardone non hanno proprio infiammato gli animi. Perché la donna è una  tipa da marciapiede che va a muso duro su qualunque tema, ma non ha mai conquistato la base leghista come ha conquistato i vertici. I suoi modi le hanno aperto una strada, ma hanno chiuso anche tante porte. E ora la discesa  ufficiale di Bossi in campo, nonostante la salute, mette una grossa fiche sul destino della Lega. Lo stesso partito che del Nord ormai si interessa poco, tanto da  toglierlo  dal nome. La creatura bossiana era qualcosa di molto diverso da quella salviniana. E in molti sembrano ricordarlo, perché sebbene la notizia sia stata in parte oscurata dai tg, a Varese per Bossi era centinaia se non migliaia. E se alla fine invece del Pd si scinde la Lega per queste tensioni non sarebbe neppure strano, perché in tanti leghisti non si sono mai trovati bene con l’eccessiva linea destrista della Lega. Alla fine se si concretizzasse questa situazione l’unico dubbio è chi delle due Leghe assorbirà ciò che resta di Forza Italia.

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Perché non accettare una mano sul PNRR?

Perché non accettare una mano sul PNRR?  In questi giorni si sono rivelati molti abbagli dai quali sembravamo tutti destinati a non riprenderci più. Il primo e più grande è quello del governo Draghi: per quanto i renziani e affini abbiano riempito i giornali di amici, l’incubo draghiano si sta rivelando per quello che è: una bolla mediatica. Il  metodo Draghi (grazie agli dèi ci siamo libertati del mantra “agenda draghi”) è stato archiviato da un governo forte politicamente: come ha detto pubblicamente Giorgia Meloni, il super uomo che aveva messo in piedi il governo dei migliori del Paese ha lasciato 30 obbiettivi su 5o da completare entro il mese. Cioè quello incensato da tutti come il super italiano, perfetto più di chiunque, non ha svolto nemmeno la metà del lavoro che doveva fare. E pensare che nessuno si poteva permettere di dire “a” senza essere investito da  un mostro mediatico ben peggiore di quello che ha resto potente Matteo Salvini. I giornalisti erano tutti muti e allineati, tranne pochissime voci che si permettevano di sottolineare che forse, per carità in ultima istanza e dicendolo da sotto i piedi dell’Altissimo, ma forse pure Draghi poteva avere qualche difetto. Ora che quel parlamento di imbelli involucri di pensione assicurata si è rinnovato, sembra che la verità possa essere detta senza essere ostracizzati. Draghi e i suoi non hanno agito tanto meglio di quelli prima. E probabilmente neppure di quelli dopo, visto che questi devono rendere conto di cosa  fanno, mentre Draghi e i suoi erano intoccabili e ingiudicabili in quanto migliori di tutti. Roba che non si vedeva dalle dittature di inizio Novecento, lo diciamo come attestato di stima eh. Perché raramente qualcuno sa elevarsi sopra gli altri dando la responsabilità a tutti e tenendosi tutti i poteri. Ora sul PNRR non c’è da trattare, Meloni non si illuda. E non bisogna nemmeno per non perdere ancora credibilità con gli alleati europei. Bisogna agire insieme. Non possiamo pensare di mandare avanti un piano con le solite regole. Se un semplice funzionario comunale teme di mettere un timbro perché un qualunque giudice di pace può sbatterlo in galera, allora non andiamo da nessuna parte pure se prorogano il PNRR al duemilamai. Inoltre fallire l’occasione vorrebbe dire uccidere l’Europa, perché era il primo esperimento di debito comune. Allora Perché non accettare una mano sul PNRR? Coinvolgere tutti. Per una volta lavorare insieme, senza le solite divisioni ufficiali tra aziende e sindacati, nord sud ovest est eccetera. Tanto quanto si tratta di soldi, vedasi i fondi interprofessionali, sindacati e aziende lavorano benissimo insieme. Dunque perché non farlo sul resto?

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