Nome dell'autore: Dario Balotta

Nato il 12 agosto 1953 nel cremonese vivo sul lago d’Iseo. Membro della Segreteria Tecnica del Ministero dei trasporti (1984/1988), partecipo alla elaborazione del primo Piano Generale dei Trasporti. Dall’88 al 1993 addetto ai trasporti e servizi della Cisl nazionale. Segretario generale della Fit Cisl della Lombardia 1997/2007. Responsabile Trasporti Legambiente lombardia dal 2011 al 2018. Membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di politica dei trasporti (Si.Po.Tra.) dal 2015 al 2018. Nel 2011 fondo l’ Osservatorio Nazionale Liberalizzazioni e Trasporti (Onlit) di cui sono attualmente presidente. Dal 1999  collaboro e scrivo come esperto di trasporti  con il periodico “Oggi” del gruppo RCS.

Fnm, Onlit: “Deraglia anche il bilancio 2020, rosso da 7 milioni”

Fnm, Onlit: “Deraglia anche il bilancio 2020, rosso da 7 milioni”. Il gruppo Fnm ha chiuso l’esercizio 2020, anno in cui la pandemia ha impattato sul trasporto pubblico, con ricavi pari a 281,3 milioni (-6,4% rispetto al 2019) e un utile netto rettificato di 22,7 milioni (-0,9%). Praticamente niente dividendi per gli azionisti ( 0,022 euro per azione ). Ma è la posizione finanziaria negativa, per 43,7 milioni rispetto a un dato positivo di 39,9 milioni di fine 2019, a preoccupare. Ciò che ha fatto deragliare il bilancio non è stato il Covid, ma l’inspiegabile acquisto della partecipazione del 13,6% di Milano Serravalle dal gruppo Gavio per un costo di 86 milioni di euro. Mentre la controllata Trenord che gestisce il trasporto ferroviario lombardo, chiude con un pesante rosso di 7 milioni di euro. Pur continuando lo stato di collasso del sistema ferroviario regionale (ritardi,soppressioni di treni, chiusure biglietterie e disagi per i pendolari), la capogruppo FNM controllata dalla Regione Lombardia, fa il salto di specied passando dalla gestione dei treni alle Autostrade. Per completare l’acquisizione di Milano Serravalle, le FNM hanno sottoscritto con la regione l’accordo di acquisizione dell’82,4% per altri 519,2 milioni di euro. Il patto prevede anche che la regione sottoscriva l’aumento di capitale da 350 milioni di Pedemontana. L’operazione nasconde un’ altra enorme erogazione di risorse pubbliche della Regione alla gestione fallimentare di Pedemontana. L’obiettivo di FNM non è quello roboante di costituire il primo polo integrato autostrada-ferro-gomma in Italia, ma quello di salvare la Pedemontana dal fallimento. Pedemontana (il suo progetto vecchio di 50 anni) entro il 2021 deve mettere in cassa 500 milioni previsti dalla convenzione firmata con il Ministero dei Trasporti e questi verranno tolti al trasporto pendolari. Ciò nel tentativo estremo (più volte fallito perché il mercato finanziario non crede più in questa opera) di farsi finanziare 2 miliardi necessari per proseguire nell’investimento fermo da 10 anni.

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Alitalia, Onlit: “Ricollocare i piloti dagli aerei ai treni, all’estero si fa”

Alitalia, Onlit: “Ricollocare i piloti dagli aerei ai treni, all’estero si fa”. Mentre le più quotate ed efficienti Lufthansa e Swissair stanno cercando di ricollocare una parte dei loro piloti in esubero nelle ferrovie dei rispettivi paesi, il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti ha nominato per Alitalia due nuovi commissari, da aggiungere all’attuale Giuseppe Leogrande. Ha aggiunto così due posti a tavola, visto che tra i nove membri del cda di ITA (la società incaricata di gestire la nuova Alitalia) la Lega non è rappresentata. Anziché difendere le alte professionalità di molti piloti perennemente inattivi che si disperderebbero dall’inevitabile piano di esuberi derivanti dal ridimensionamento di ITA, prendendo esempio dall’estero e pensando a una loro ricollocazione nelle ferrovie italiane che si dice di voler rilanciare assieme alla sostenibilità dei trasporti, il Governo sta pensando ad un piano fatto di sola Cig ed esuberi. Piano che si aggiungerebbe a quelli del passato decennio, caratterizzato da cassa integrazione e prepensionamenti d’oro. In situazioni analoghe a quella italiana – pochi macchinisti da una parte, e troppi piloti d’aereo dall’altra – i sindacati e i piloti svizzeri e tedeschi non si stanno opponendo alla prospettiva di un trasferimento, ma anzi stanno stringendo accordi. Con il Covid, la crisi del trasporto aereo ha messo in ginocchio vettori ben più robusti di Alitalia, i quali però non aspettano di uscirne solo con aiuti di Stato e ammortizzatori sociali. Perché non provarci anche in Italia? Anche perché ci sono lavoratori più deboli da tutelare, in altri settori che la politica ha spesso dimenticato.  

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Pedemontana, Onlit: “Appalto miliardario senza copertura economica”

Pedemontana, Onlit: “Appalto miliardario senza copertura economica”. A quasi dieci anni di distanza dal 2012 Pedemontana riaffida la gara per il completamento (parziale) della autostrada, senza avere i soldi per pagare l’appalto (regola base per ogni appalto pubblico e pedemontana è un appaltatore pubblico). 10 anni fa a vincere la gara fu Strabag e Impregilo arrivò seconda, ma l’impossibilità di avviare i lavori per mancanza di soldi si trasformò in una causa miliardaria tanto complessa da far scappare perfino Antonio Di Pietro ex presidente di Pedemontana. Oggi ripete l’azzardo, Il gruppo Webuild (Salini-Impregilo) e l’Impresa Pizzarotti & Co. si sono aggiudicate l’appalto del valore di 1,8 miliardi di euro per la progettazione e la costruzione delle tratte B2 (di 12,7 chilometri da Lentate sul Seveso e Cesano Maderno) e C (di 20 chilometri da Cesano Maderno alla tangenziale est di Milano A51) della Pedemontana. I lavori vengono assegnati ma senza le risorse economiche per pagarli. Eppure anche Pedemontana deve rispettare le regole pubbliche che impongono che prima anche di indire una gara si debba avere la copertura finanziaria, figuriamoci aggiudicarla e con ciò accendere la responsabilità del contratto. Ma che le regole che valgono per tutti non valgano per Pedemontana è cosa nota, ne sa qualcosa perfino la Procura di Milano che non riuscì a decretarne il fallimento. Ma oggi alla guida di Pedemontana non c’è presidente qualsiasi ma addirittura un ex viceministro alle infrastrutture ed ex ministro della giustizia, Roberto Castelli, che deve avere avuto ragioni forti per una scelta tanto azzardata. Quali posso essere queste ragioni? probabilmente l’urgenza di scongiurare i pericoli che incombono sulla Salerno-Reggio della padania: – la scadenza molto prossima del termine di ottenimento dei 2 miliardi di finanziamento privato necessari a pagare il contratto, da qui a poche settimane; – il rischio che Regione Lombardia non riesca in quel suicidio istituzionale che è far comprare un’autostrada (Serravalle) da una ferrovia (FNM, che già non riesce a fare il proprio lavoro) per avere in cambio 350 milioni di capitale sociale che da 10 anni i soci “dimenticano” di versare in contrasto con quanto previsto dal contratto con lo Stato; – la scadenza degli espropri, che si starebbe cercando di rinnovare con atti illegittimiti e che se scaduti farebbero saltare il progetto; – il rischio che emerga che la tratta D l’ultimo lotto che collega Bergamo che si da per morta e che invece non può essere eliminata a rischio decadenza della concessione; – soprattutto, il timore per le decisioni che sarà chiamato a prendere il nuovo Ministro, noto per il suo rigore e la sua posizione a favore delle sole opere utili e sostenibili sia economicamente che ambientalmente, e quindi l’esigenza di farlo trovare di fronte ad un fatto compiuto. Sarà anche per tutto questo che si rischia grosso pur di aggiudicare non a un soggetto qualsiasi ma al deus ex machina delle infrastrutture, quella Impregilo oggi Webuild che è riuscita nel miracolo del ponte di Genova e a cui nessuno può dire di no, forse nemmeno un Ministro

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Alitalia, Onlit: “Emergenza cig dal governo l’ennesimo trattamento di favore”

Alitalia, Onlit: “Emergenza cig dal governo l’ennesimo trattamento di favore”. Che sia una priorità pagare la cassa integrazione non c’è alcun dubbio. E’ noto che la platea dei lavoratori a cui erogare l’assegno di circa 1.100 euro è aumentata a dismisura con la crisi pandemica. Nonostante i progressi nei pagamenti, molti settori merceologici restano in grave arretrato, se non completamente scoperti. Senza gli assegni molte famiglie fanno fatica ad arrivare alla fine del mese e sono costrette ad indebitarsi. E’ pertanto sorprendente apprendere che, nella riunione governo-sindacati del 26 febbraio, sul dossier Alitalia sia stato chiesto all’INPS di erogare urgentemente ai lavoratori, sia la Cig che il fondo di solidarietà: un assegno che nel caso dei piloti arriva, in media, a 5 mila euro. Tutto ciò sebbene in questi anni di crisi del vettore, la Cig sia stata sempre versata dall’istituto previdenziale senza un giorno di ritardo. E’ in ritardo invece l’erogazione della Cig a centinaia di altri piloti e addetti che non sono di Alitalia, ma di Air Italy, Blu Panorama, Ernest, alcune fallite e altre in crisi. C’è da chiedersi se per il Governo non fosse stato più opportuno chiedere un impegno straordinario all’INPS per smaltire gli arretrati di migliaia di lavoratori vicini alla soglia di povertà. Piuttosto che per pagare gli assegni a chi ha la fortuna di lavorare in un’azienda (in fallimento da anni) sempre però ben coperta dai contribuenti, che sarebbe stato meglio dare priorità ai più deboli e più poveri.

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Ferrovie, Onlit: “Contro Arenaways ci fu una condotta anticoncorrenziale di Trenitalia e RFI che la fece fallire”

Ferrovie, Onlit: “Contro Arenaways ci fu una condotta anticoncorrenziale di Trenitalia e RFI che la fece fallire”. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso in appello dell’Antitrust. In data 5 febbraio 2021, il Consiglio di Stato (CdS) ha emesso la sentenza 1101/2021 in un giudizio che ha visto coinvolti, da un lato, l’Autorità della Concorrenza e del Mercato (AGCM) in qualità di appellante, e dall’altro Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. (FS) e le sue controllate Rete Ferroviaria Italiana – RFI S.p.A. (RFI) e Trenitalia S.p.A. . Con la Sentenza, il CdS ha accolto l’appello presentato dall’AGCM (soccombente in primo grado), mettendo il punto finale ad un contenzioso iniziato nel 2012 a seguito della sanzione – pari a 300.000 euro – irrogata nei confronti di Trenitalia e RFI per abuso di posizione dominante. Secondo l’Antitrust sono state messe in atto condotte anticoncorrenziali da parte delle società del gruppo FS che attraverso una serie di azioni finalizzate a ostacolare e, indine, di impedire, alla società Arenaways di operare sul mercato ferroviario da poco liberalizzato (sulla tratta tra Milano e Torino). I Giudici amministrativi hanno accolto la tesi dell’antitrust che ciò sarebbe avvenuto attraverso l’avvio strumentale di una procedura di consultazione con le due regioni interessate (Piemonte, Lombardia), con il Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti (MIT) nonché con l’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF) oggi Autorità per i Trasporti. RFI aveva adottato comportamenti dilatori rispetto alla richiesta di assegnazione delle tracce richiesta da Arenaways, causando un ritardo di oltre 18 mesi nel consentire l’accesso alla rete ferroviaria. Trenitalia, dal canto suo, aveva fornito alla stessa URSF una rappresentazione della situazione errata per far pendere la decisione del regolatore impedendo la possibilità di effettuare fermate intermedie fra Milano e Torino. Oggi giustizia è fatta ma il progetto di Arenwas non si è potuto realizzare. Da allora il processo di concorrenza nei servizi di trasporto regionale si è arrestato e lo si vede dalla scarsa qualità dei servizi ferroviari per i pendolari e dai crescenti costi di esercizio. Rispetto alle ferrovie nord europee quelle italiane hanno costi più alti, ricavi più bassi, produttività inferiore del 20%, velocità commerciali e livelli di digitalizzazione modesti.   all. sentenza Consiglio di Stato https://www.sistemafairplay.it/giurisprudenza/consiglio-di-stato/17790-consiglio-di-stato-sez-vi-05-02-2020-n-1101-concorrenza-abuso-di-posizione-dominante-provvedimento-sanzionatorio-abuso-di-posizione-dominante-di-ferrovie-dello-stato-per-avere-messo-in-atto-tramite-le-sue-societa-controllate-una-complessa-e-unitaria-strategia-finalizzata-ad-impedire-l-ingresso-della-societa-arenaways-sul-mercato-del-trasporto-ferroviario-passeggeri-nonostante-sia-stato-liberalizza.html

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Dopo il Covid occorre una svolta nel sistema dei trasporti

C’è bisogno di una svolta nel modo di muoversi nel nostro Paese. Tra le cose che ci lascerà in eredità la pandemia, ci sarà una maggiore consapevolezza degli effetti che provochiamo ogni volta che ci muoviamo. Ma se la scelta del mezzo sarà più consapevole, l’Italia dovrà farsi trovare pronta con un sistema integrato dei trasporti. La mobilità di persone e merci (pensiamo al periodo del lockdown) è diventata un tratto caratterizzante della nostra vita, ma può e deve diventare al più presto maggiormente sostenibile, razionale e integrata. Quella del nostro Paese invece è squilibrata a favore dell’auto e dei Tir. Siamo il fanalino di coda europeo per il trasporto pubblico, con una quota di trasporto ferroviario merci del 12%. All’autotrasporto tocca l’85% e le briciole rimanenti vanno agli oleodotti e alla navigazione fluviale.  Ad aggravare questo dato, oltre agli effetti ambientali ci sono quelli economici, dato che siamo anche il Paese con i costi del trasporto pesante su gomma, per chilometro percorso, tra i più elevati in Europa. Per quanto riguarda invece il trasporto passeggeri, a dominare è l’auto con una quota dell’81,4% ,contro il 18,6% di autobus, tram, treni e metropolitane. Nonostante ciò, ancora una volta ci viene proposta, come principale soluzione per razionalizzare il sistema e ridurre l’inquinamento, una nuova serie di opere (grandi e piccole) il cui elenco è ricalcato pari pari su quello della legge Obiettivo del 1991, a cui sono state aggiunte le opere contenute nel decreto “sblocca cantieri” e nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Per accelerare la realizzazione delle 59 opere pubbliche ritenute strategiche (deinite tutte così senza essere mai accompagnate da una valutazione costi-benefici) sono stati nominati 30 commissari. Si parte quindi già con il metodo sbagliato, facendo diventare una scelta straordinaria – quella di un’eventuale commissario per gestire la realizzazione di un’opera complessa – un’opzione ordinaria. Perché si deve rinunciare a larga parte delle procedure previste per gli appalti pubblici, sospendendo il naturale sistema di programmazione e realizzazione delle opere? E poi: perché trasformare in commissari i dirigenti di Anas, RFI e del ministero dei Trasporti, che sono già pagati per fare questo lavoro? È ora di smetterla con la logica dell’aggirare le regole: le gare, la trasparenza, la correttezza delle procedure vanno rispettate, e per questo i committenti pubblici – cioè le stazioni appaltanti – devono fortemente rinnovarsi. Per far ciò occorre recuperare una cultura di Project Construction Management diffusa in Europa, Giappone e Stati Uniti, che consentirebbe di evitare gli incrementi di costi e tempi tipici delle opere italiane. Le migliori energie universitarie dell’economia, dell’urbanistica e dell’ambiente vanno impegnate per ricalibrare le condizioni operative del committente pubblico. Le opere previste nel Piano di Ripresa e Resilienza non devono essere percepite come un piano ‘svuota-cassetti’, ma come strumenti non più rinviabili per dotarci di un sistema infrastrutturale moderno, digitalizzato, sostenibile, utile per recuperare quote di traffico ai mezzi di trasporto meno inquinanti. Occorre un cambio di passo che faccia prefigurare fin da subito quanto serviranno le opere previste, e come e da chi verranno gestite. È utile ad esempio ricordare che su una quarantina di aeroporti, quasi trenta sviluppano un traffico risibile, per cui è lecito chiedersi a cosa serviranno gli ammodernamenti previsti. Per non parlare dei porti: anche qui ce n’è uno per ogni campanile, al punto tale che tutti i 26 scali italiani messi assieme movimentano meno merci del solo porto di Rotterdam. La vera riforma sarebbe quella di razionalizzare le reti portuali e aeroportuali, più che spendere in ampliamenti inutili. Per capirlo basta un aneddoto. Tra le opere previste nel PNRR c’è una diga da costruire davanti al porto di Genova, per consentire alle grandi navi portacontainer (quelle con capacità di 24.000 TEU altezza di 60 m) di raggiungere anche i terminali di ponente con nuove strutture, manufatti e gru. Il traffico di queste navi e il ricorso a un sistema energetico basato su pale eoliche andrebbero però ad impattare significativamente sulle caratteristiche fisiche, operative e di sicurezza del vicino aeroporto. Cosa fare , quindi? Chiudere l’aeroporto di Genova o rinunciare allo sviluppo del porto? Passando al trasporto pubblico locale dei passeggeri, il PNRR giustamente tratta l’argomento in un capitolo intitolato “Infrastrutture per una mobilità sostenibile”. Contrariamente a quanto si pensa, nel settore del TPL il problema non è il gap di finanziamenti, quanto invece la pessima qualità dei servizi offerti delle aziende di trasporto, e gli alti costi operativi. Sono dunque innanzitutto i meccanismi di gestione delle aziende che vanno cambiati, visto che quelle italiane hanno una produttività inferiore anche del 30% rispetto a quelle europee. A differenza di quanto si usa fare in Europa, infatti, i servizi vengono affidati senza gara, e Regioni e Comuni spesso usano le aziende (prevalentemente pubbliche) per politiche consociative e di consenso. Il management viene scelto in base all’appartenenza, e non vige il metodo di darsi degli obiettivi: ad esempio, l’uso di tecnologie pulite, lo sviluppo delle rinnovabili, l’integrazione dei servizi e delle tariffe, l’accessibilità e la crescita delle quote di passeggeri trasportati. Mancano poi dei soggetti regolatori pubblici (Stato, Regioni e Comuni), che dovrebbero pianificare i servizi. Se questi enti rimarranno incapaci di imporre criteri di efficienza nella gestione dei servizi, i piani di decarbonizzazione dei trasporti e di miglioramento dell’aria nelle città rimarranno lettera morta. Sul fronte ferroviario, infine, ci sarà da lavorare, più che per lo sviluppo di nuove linee ad alta velocità, per ammodernare quelle esistenti. Si pensi che in 13 linee piemontesi la velocità massima è di 55 km/h, e addirittura sulla Trofarello-Chieri di 25 km/h.  In Lombardia 8 linee raggiungono i 70 km/h, e 7 i 55 km/h. Con queste reti, a cui si aggiungono obsoleti sistemi di controllo del traffico e treni con un’età media di 16 anni, sarà difficile conseguire risultati in linea con gli obiettivi europei.

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