Nome dell'autore: Dario Balotta

Nato il 12 agosto 1953 nel cremonese vivo sul lago d’Iseo. Membro della Segreteria Tecnica del Ministero dei trasporti (1984/1988), partecipo alla elaborazione del primo Piano Generale dei Trasporti. Dall’88 al 1993 addetto ai trasporti e servizi della Cisl nazionale. Segretario generale della Fit Cisl della Lombardia 1997/2007. Responsabile Trasporti Legambiente lombardia dal 2011 al 2018. Membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di politica dei trasporti (Si.Po.Tra.) dal 2015 al 2018. Nel 2011 fondo l’ Osservatorio Nazionale Liberalizzazioni e Trasporti (Onlit) di cui sono attualmente presidente. Dal 1999  collaboro e scrivo come esperto di trasporti  con il periodico “Oggi” del gruppo RCS.

Trenord prova a difendersi con i numeri del Malpensa Express

Trenord prova a difendersi con i numeri del Malpensa Express. Trenord, sotto attacco da parte di tutti i comitati pendolari lombardi, ha reso noti in questi giorni i risultati del traffico del Malpensa Express, il collegamento aeroportuale Milano-Malpensa, come se fossero un risultato strabiliante. In un anno, dice l’azienda, sarebbero stati trasportati da Milano Cadorna e Centrale all’aeroporto e viceversa 1,5 milioni di passeggeri. Un risultato modesto, visto che si parla di 4.109 passeggeri al giorno, su un totale di 33.350 posti a sedere disponibili sui 145 convogli che percorrono quotidianamente la tratta: un coefficiente di utilizzo solo del 12,3%. Solo grazie alle lotte dei pendolari della linea Busto-Milano i treni sono accessibili a lavoratori e studenti previo pagamento di biglietto solo di prima classe. La compagnia ferroviaria, che ha annunciato anche di aver chiuso il 2021 con un disavanzo di decine di milioni di euro, deve affrontare, oltre ai consueti ritardo e soppressioni, una ristrutturazione dei turni del personale che ha generato uno sciopero al mese l’anno passato (e il 2022 è cominciato allo stesso modo, con già due scioperi): presentando i dati del Malpensa Express ha cercato di togliersi dall’angolo in cui si è cacciata per una pessima gestione organizzativa. Manutenzione e inefficienza gestionale sono infatti le cause degli innumerevoli disservizi: non lo è certo la carenza di contributi d’esercizio, che assieme ai ricavi da tariffazione superano gli 800 milioni di euro l’anno pur scontentando tutti o quasi i pendolari. Tornando al Malpensa Express, esso è nato come treno commerciale, quindi senza contributi d’esercizio come quelli del trasporto pendolari. Le sue tariffe, infatti, sono il doppio di quelle del trasporto locale. Secondo le intenzioni, come tutti i treni commerciali, il collegamento avrebbe dovuto mantenersi con i proventi dei passeggeri (oggi ben 13 euro a corsa) e dei ricavi degli abbonamenti mensili (obbligatori) di prima classe. Così però non è stato. E quindi, nel contratto di servizio prorogato per un anno tra regione Lombardia e Trenord sono previsti consistenti contributi d’esercizio (art.9) proprio per il Malpensa Express, che nulla hanno a che vedere con un treno a regime di mercato. Il treno per Malpensa sottrae, oltre che risorse economiche, anche preziosi treni nuovi e macchinisti ai pendolari lombardi che continuano a viaggiare su treni obsoleti. Tutto ciò per continuare a garantire un’offerta eccessiva dato lo scarso utilizzo, visto che chi deve recarsi all’areoporto preferisce gli autobus in partenza dalla stazione Centrale, che in 50 minuti arrivano a destinazione al costo di 8 euro (5 in meno del treno), e soprattutto non costano niente ai contribuenti, perché le corse sono davvero a mercato. Non è in base al numero di Treni che lo scalo di Malpensa si sviluppa, come pensano Trenord e Sea, ma in base alla sua efficienza (scarsa fin dalla sua apertura) e ai suoi costi (da sempre troppo elevati).  

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Trenord copra le perdite con le risorse di Pedemontana

Trenord copra le perdite con le risorse di Pedemontana. È paradossale che Trenord, azienda di trasporto in mano a una regione guidata dalla Lega Nord, sia “preoccupata” per la cessazione dello stato di emergenza, che dovrebbe terminare il 31 marzo. Anziché rallegrarsene per poter riprendere in pieno l’attività di trasporto per i pendolari lombardi e dare così il proprio contributo al ritorno della normalità, Trenord è preoccupata perché teme che saltino i sostegni economici previsti per far fronte all’emergenza Covid.Si tratta dell’ennesima dimostrazione che le aziende monopoliste al riparo dalla concorrenza e inefficienti, come Trenord, preferiscono perdere passeggeri ma avere i ristori dallo Stato piuttosto che guadagnare producendo un buon servizio e riducendo i costi (che nel caso dell’azienda lombarda sono di 20 euro per km percorso, contro i 12 della media nazionale).L’allarme lanciato da Trenord durante la recente audizione in Regione, dove i vertici dell’azienda hanno affermato che prevedono 90 milioni di euro di ricavi in meno rispetto al 2020, ha il solo scopo di ricevere più risorse governative vista l’inefficienza aziendale.Nel periodo pandemico, l’azienda ha mostrato grossi scompensi operativi, che peraltro sono gli stessi che l’hanno caratterizzata negli 11 anni della sua storia, solo accentuati: scarsa puntualità, soppressioni di corse, scioperi (media record di uno al mese) comfort inesistente, stazioni abbandonate di questi ultimi 10 anni di nascita dell’azienda.Ferrovie nord Milano (FNM), la capogruppo controllata dalla regione Lombardia, oltre che gestire Trenord nel 2020 ha speso 519 milioni (https://www.ilgiornale.it/news/milano/regione-approvato-bilancio-nord-entrano-serravalle-1880199.html) per assicurarsi il controllo e tentare l’impossibile rilancio della costosa scatola vuota di Pedemontana lombarda, ferma da 10 anni e oramai divenuta una palla al piede per i cittadini e una minaccia all’ambiente della Brianza.In questa fase di crisi energetica, anziché chiedere soldi allo Stato, Trenord dovrebbe chiederli al suo azionista FNM, che invece preferisce spenderli per la Pedemontana. Non basta giustificare la riduzione dei passeggeri trasportati con il Covid e lo smart working i pendolari preferiscono l’automobile vista l’inaffidabilità dei treni.È questo il momento di fare scelte concrete per la transizione ecologica, abbandonando Pedemontana alla sua sorte e rilanciando il trasporto ferroviario lombardo, sempre più in crisi a causa della sua inefficiente gestione e dell’errata strategia “multimodale” ferrovia-strada, priva di logica e di funzionalità.

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Alitalia non potrà più essere ammortizzatore di sè stessa

Alitalia non potrà più essere ammortizzatore di sè stessa. Per un esito positivo del tormentone Alitalia e per affrontare le crisi industriali, serve una rapida riforma degli ammortizzatori sociali equa ed universale. La legge del contrappasso sta dilaniando l’ex Alitalia che è stata, in questo ventennio di crisi, l’ammortizzatore sociale di se stessa. E’ così che un’azienda decotta è potuta sopravvivere. Nessun Governo ha mai fatto cessare l’andazzo corporativo che ha coinvolto politica, fornitori e sindacati. Leggi che autorizzarono la Cig ,anche per 7 anni consecutivi, o una nuova tassa di imbarco di 3 euro per passeggero per alimentare un fondo corporativo e una Cig d’oro non sono più possibili. Negli ultimi 20 anni l’ex compagnia di bandiera ha fatto fallire, e poi assorbito , numerose compagnie aeree: dalla Gandalf ad Itavia, da Volare Web ad Air One, fino ad arrivare ad Avianova, Air Sicilia e Minerva. La la crisi di Alitalia è costata 12 miliardi alle casse pubbliche e, nonostante ciò, ha perso enormi quote di traffico su tutti i mercati aerei domestico, intercontinentale e cargo .Adesso, per assicurare la discontinuità voluta dalla UE (raggirata da politica e manager con aiuti di Stato mascherati), nel passaggio degli addetti ad Ita, le chiamate dei nuovi assunti saranno personali e non di gruppo. Il contratto da applicare dovrà essere quello che hanno chiesto ( e ottenuto) i sindacati ,poi inserito nel “D.L. Rilancio” dello scorso anno, che aveva come obiettivo di impedire dumping sociale all’Alitalia da parte delle compagnie low cost. Contratto che ora i sindacati non vogliono applicare ad Ita, perché vorrebbero mantenere i trattamenti economici e normativi dell’ex compagnia di bandiera.

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Pedemontana lombarda, i ritardi non finiscono mai

Pedemontana lombarda, i ritardi non finiscono mai. L’apertura del cantiere di Pedemontana per la realizzazione delle tratte B2 (da Lentate a Cesano Maderno) e C (da Cesano a Vimercate) è rinviata almeno fino al 2023: il consorzio giunto secondo nella gara per l’assegnazione della maxi-commessa da 1,3 miliardi di euro, composto da Saipem, Technimont, Societa italiana per Condotte d’acqua e Rizzani de Eccher, ha infatti presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale di Milano. I motori accesi dal consorzio che riunisce Webuild, Pizzarotti e Astaldi dovranno per il momento essere spenti. I lavori sono fermi dal 2015 (anno in cui, in occasione di Expo, l’opera avrebbe dovuto essere conclusa) e lo resteranno per almeno un altro anno. Pedemontana, che nel frattempo è passata in mano a Ferrovie Nord Milano (controllata di Regione Lombardia), era riuscita con un colpo di mano e con il silenzio colpevole del Ministero dei Trasporti a farsi prorogare gli espropri dalla concedente CAL (stessa proprietà di Pedemontana, ovvero Regione Lombardia, con gravissimo conflitto di interessi e di competenze) che il CIPE si era ben guardato di prorogare essendo già scaduti ben due volte, contro legge, contro logica, contro etica e soprattutto contro l’interesse di migliaia di interessati. Le confische interessano quasi 25 mila porzioni di territorio di privati cittadini e imprese che da 12 anni, e ancora almeno per un altro, saranno privati della disponibilità dei loro terreni e fabbricati senza essere indennizzati. Intanto, cittadini e imprese, hanno intrapreso una class action per liberarsi dalla scomoda posizione di ‘ostaggi’ di un’infrastruttura che non si completerà mai. Se il contenzioso che si è aperto tra i due potenti consorzi di imprese durerà quanto il precedente, che dal 2015 al 2019 aveva coinvolto Strabag e l’appaltatore Pedemontana, vincitrice dell’appalto della prima tratta (lotto A), si prevedono tempi lunghi e costi di costruzione altissimi, visto anche il balzo all’insù del costo delle materie prime. O più probabilmente l’effetto sarà che l’appalto si fermerà prima ancora di partire o meglio ancora appena dopo essere partito, che è la classica situazione italiana ideale per l’appaltatore quanto pessima per la parte pubblica. Durante gli anni di quel contenzioso, Pedemontana ha rischiato il fallimento per insolvenza: ora corre lo stesso rischio. Per stare in piedi, negli ultimi 10 anni la società ha cambiato un presidente l’anno, e dopo il soccorso economico e politico della regione Lombardia ha dovuto ricorrere all’appoggio anche dei ministeri dei Trasporti e dell’Economia. Ora però ci si trova davanti ad uno scontro sorprendente tra i colossi delle costruzioni. Scontro che non riguarda come mitigare l’impatto ambientale devastante che l’opera avrebbe, ma sull’accaparramento della maxi-commessa. Tra gli azionisti del consorzio ricorrente c’è Saipem (società sotto stretto controllo pubblico), una evidente dimostrazione che prima prevalgono gli interessi d’impresa e poi gli interessi pubblici. Interessi che oramai, peraltro, sono solo sulla carta, visto che la realizzazione dell’autostrada è fuori tempo massimo. Il ritardo nella sua realizzazione è tale che la provincia di Monza è costretta a spendere 540 mila euro per le manutenzioni ordinarie di 4 ponti che dovrebbero essere abbattuti proprio per far passare la Pedemontana e e da questa pagati.

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Trenord allo sfascio: domenica ancora soppressioni e ritardi

Trenord allo sfascio: domenica ancora soppressioni e ritardi. Domenica prossima 30 gennaio si consumerà il sesto sciopero, dal marzo 2021, indetto dalle Rappresentanze Sindacali di Cgil Cisl Uil e Orsa, per la vertenza “turni del personale di scorta e condotta” di Trenord. Sempre dal Marzo scorso, per altri motivi, sono già stati effettuati, in lombardia, altri sei scioperi che portano ad un totale di 12 in meno di un anno. Tutto questo si aggiunge ad una azienda inefficiente e nel caos fin dalla sua nascita nel 2011. Segno questo che, il tanto decantato federalismo ferroviario, non ha dato gli esiti annunciati pomposamente dall’allora presidente Roberto Formigoni, puntualità, confort, pace sociale, sicurezza e massima manutenzione sono rimaste sulla carta. Scelta federalista peraltro appoggiata da tutti i partiti e da tutti i sindacati. Trenord ha invece mostrato una gestione peggiore di quella Trenitalia nelle altre regioni italiane. Basti pensare che la puntualità nel 2019 è stata dell’84,4%, mentre nelle altre si è raggiunto anche il 90%. Tutto ciò nonostante la spesa pubblica per Trenord sia stata più alta, sia in termini assoluti che in termini percentuali rispetto alle altre regioni. Consociativismo, scandali (straordinari pagati e non fatti) scelta del management sulla base dell’appartenenza politica con conseguente incapacità gestionale e poca responsabilità verso la troppo vituperata categoria dei pendolari. Trenord sembra più uno strumento di consenso che una società di servizi pubblici. Costi di gestione di 20 euro a treno/km quasi doppi rispetto alla media nazionale dei treni locali che è di 12euro a km/treno. Esternalizzazioni ed acquisti di beni e servizi effettuati superficialmente e introduzione di nuove tecnologie al rallentatore. Come il sistema innovativo di programmazione dei turni di lavoro (Gol Rail)che sarebbe dovuto partite nel 2012. E’ ancora oggetto di “conflitto” tra azienda e sindacati. Un conflitto che si trascina da tempo e che dimostra che l’azienda è gestita da dilettanti ma anche che il proprietario dell’azienda, programmatore e pagatore dei servizi, cioè la regione Lombardia è a sua volta responsabile di questa logorante debacle che i 24 comitati pendolari della nostra Regione stanno denunciando da ormai troppo tempo. Con 250 treni soppressi al giorno, l’assenza di pezzi di ricambio nelle officine e centinaia di reclami giornalieri disperati, è impossibile offrire un servizio ferroviario secondo i bisogni della Regione più ricca e popolosa, però con l’aria più inquinata d’Italia. Il Covid ha aggravato una situazione già ingestibile e sta spingendo i già pochi pendolari che usano il treno a raggiungere il posto di lavoro in automobile. Quanto tempo la Regione potrà ancora offrire servizi inaccettabili ai pendolari lombardi?  

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Europa Verde: “Regione risolva il contratto con Trenord”

Europa Verde: “Regione risolva il contratto con Trenord”. Per mettere fine ai disservizi subiti quotidianamente dai pendolari lombardi Europa Verde chiede la risoluzione del contratto di servizio. Ci sono tutte le condizioni affinché Regione Lombardia applichi l’articolo 39 del contratto di servizio 2015-2020 che recita: “la Regione potrà comunicare a Trenord la propria intenzione di risolvere il contratto per inadempimento, specificandone le cause. Ciò anche per attuare la direttiva europea che raccomanda una netta separazione tra il programmatore dei servizi di trasporto pubblico e il gestore degli stessi (la regione lombardia). Una separazione che sarebbe stata garantita se si fosse assegnato il servizio tramite gara (come avviene in Europa) e non attraverso l’affidamento diretto. Dalla sua nascita nel 2011 Trenord ha avuto parecchie crisi gestionali con lunghi periodi di disservizi, ritardi e piani di soppressioni per fronteggiare l’emergenza. Nel dicembre 2012 fu l’introduzione del nuovo sistema informatico per la gestione del personale“Goal rail” ha provocare la peggior Caporetto della storia delle ferrovie italiane. (Quel costoso sistema non è ancora stato ancora applicato, anzi è ancora oggi motivo di un incredibile conflitto tra sindacati ed azienda che ha portato a 5 scioperi nel 2021 per questo motivo ed il sesto è programmato per il 30 di gennaio). Furono una decina di giorni di blackout durante i quali sono stati soppressi migliaia di treni e i pendolari lombardi hanno vissuto i loro tempi peggiori. Da allora una inenarrabile sequenza di disservizi. La seconda settimana nera arrivò dal 9 al 16 dicembre del 2013 quando vennero i soppressi quasi 1.500 treni. Nel 2014 esplose la vicenda degli straordinari gonfiati, stipendi “normali” che diventavano maxi fino a 5mila euro al mese. Anche in questa occasione la Regione fece orecchie da mercante. Nel 2015 un nuovo piano d’emergenza colmo di soppressioni di treni sostituiti (parzialmente) da autobus, stessa cosa nel novembre del 2018. Il piano (oltre 150 corse giornaliere soppresse) doveva essere solo invernale ed invece è durato fino all’estate del 2019. I già bassi indici della puntualità sono scesi dall’87,5% del 2015 all’80% del 2019, sono crollati nonostante la riduzione dell’offerta, e l’emergenza Covid ha mascherato le storiche soppressioni dei treni per disfunzioni tecniche e organizzative. Sono invece aumentati i costi di produzione raggiungendo il record di 20 euro per KM percorso, costo quasi doppio del resto della rete ferroviaria nazionale. Alle soppressioni e ai ritardi si sono aggiunte composizioni limitate, aria condizionata non funzionante, porte guaste, inadeguata se non assente informazione all’utenza e treni non sanificati. Insomma ecco la posizione di Europa Verde: “Regione risolva il contratto con Trenord”.

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