Nome dell'autore: Dario Balotta

Nato il 12 agosto 1953 nel cremonese vivo sul lago d’Iseo. Membro della Segreteria Tecnica del Ministero dei trasporti (1984/1988), partecipo alla elaborazione del primo Piano Generale dei Trasporti. Dall’88 al 1993 addetto ai trasporti e servizi della Cisl nazionale. Segretario generale della Fit Cisl della Lombardia 1997/2007. Responsabile Trasporti Legambiente lombardia dal 2011 al 2018. Membro del Consiglio Direttivo della Società Italiana di politica dei trasporti (Si.Po.Tra.) dal 2015 al 2018. Nel 2011 fondo l’ Osservatorio Nazionale Liberalizzazioni e Trasporti (Onlit) di cui sono attualmente presidente. Dal 1999  collaboro e scrivo come esperto di trasporti  con il periodico “Oggi” del gruppo RCS.

Trenord, Onlit: “L’assessore Terzi si dimetta”

Trenord, Onlit: “L’assessore Terzi si dimetta”. Si allunga il “filotto” di scioperi a Trenord del 2021. Quello di domenica 24 ottobre sarà il settimo dall’inizio dell’anno. Pur in un anno di pandemia e di difficoltà per assicurare le norme sanitarie è esplosa la conflittualità sindacale nell’azienda nata 11 anni fa dal matrimonio delle FNM con le FS ma gestita con un patto di sindacato dalla regione Lombardia. L’allora presidente della regione che tanto volle il matrimonio, Roberto Formigoni, definì Trenord un passo federalista che avrebbe migliorato i servizi e ridotto i costi di gestione grazie a relazioni sindacali innovative. Nulla di tutto ciò è accaduto. Sono aumentati i costi di gestione, gli scandali (i più noti sono quellidi Norberto Achille per le spese pazze 2015, Gold rail 2012, straordinari pagati e non fatti 2014 ed altri ancora) ed i disagi per i pendolari con record di ritardi e soppressione dei treni. L’assessore ai trasporti Claudia Terzi dovrebbe dimettersi, come chiedono da alcune settimane i comitati pendolari. E’ dal 2002, che l’azienda cerca di passare dalla gestione manuale dei turni del personale ad uno informatizzato (Arco) costato 6 milioni di euro ma non ci riesce ed è proprio per la pessima gestione dei turni del personale che siamo al settimo sciopero annuale. Relazioni sindacali improntate al consociativismo e con forti contenuti corporativi hanno portato al collasso tecnico e gestionale permanente Trenord. Le continue proroghe della concessione e le garanzie del monopolio a Trenord da parte della Regione hanno totalmente deresponsabilizzato i maneger (scadenti) ed i sindacati fino a questo incredibile “filotto” di scioperi.

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ITA, Onlit: “La ristrutturazione ha bisogno degli ammortizzatori sociali”

ITA, Onlit: “La ristrutturazione ha bisogno degli ammortizzatori sociali”. Negli ultimi vent’anni abbiamo assistito all’ultima fase del sempre più fiacco e clientelare controllo statale di Alitalia, alla privatizzazione dei “capitani coraggiosi” del governo Berlusconi del 2008 (operazione famosa per il suo flop e per i regali agli azionisti privati che vi hanno aderito), e infine al tentativo del 2014 del governo Renzi con gli arabi di Ethiad, che ne hanno approfittato per saccheggiare slot e rotte della fu compagnia di bandiera. In questo periodo, Alitalia ha assorbito enormi risorse dei contribuenti in aiuti di stato fatti di ricapitalizzazioni e prestiti concordati dai vari governi per aggirare le normative europee. Sono andati in fumo 12 (dodici) miliardi di euro, si è perso progressivamente mercato fino a gestire soltanto il 7% del traffico nazionale, sono stati prepensionati e sacrificati migliaia di addetti (e le loro professionalità), e sono state dissanguate le casse del Fondo Aereo senza risultati per il recupero di efficienza del vettore nazionale. Il tutto con la scusa di difendere la “bandiera” italiana e un mercato che di strategico non aveva più niente. Il carrozzone Alitalia (gestito da manager incapaci e bacino clientelare della politica) si è fatto scudo della massa dei lavoratori per difendere la sua esistenza.Famose sono le assunzioni imposte dalla politica anche in fase di rristrutturazione e di cassa integrazione. Abbiamo così assistito a vergognosi commissariamenti e ad altrettanto inutili e costose gestioni straordinarie, con commissari degni dei migliori boiardi di Stato degli anni ’80. È così che, con lavoratori incolpevoli, sindacati professionali e confederali (o quel che ne resta) consenzienti (e spesso protagonisti), e partiti che si sono fatti suggerire la linea da piloti, assistenti di volo (capi dei sindacati) e sindacati anziché studiare la situazione e prendere atto della realtà chiedevano “una grande compagnia” per un mercato perso irrimediabilmente, si è arrivati a oggi. Il15 ottobre – data in cui inizia ad operare la nuova compagnia Ita – le acque già agitate del tormentone legato al subentro di essa ad Alitalia diventano sempre più burrascose. In barba alla discontinuità chiesta dalla Unione Europea Ita ha assunto tutti i 2.800 addetti dalla ex Alitalia tranne due di Air Italy su un organico di 900.La riforma degli ammortizzatori sociali, che dovrebbe prevedere trattamenti equi (normativi ed economici) e della stessa durata per tutte le categorie dei lavoratori (industria, commercio, trasporti ecc.), oltre alle stesse condizioni previdenziali, è ancora lontana.I problemi lasciati dalla lunga agonia di Alitalia sono troppo pesanti e diseducativi per essere risolti senza conflitti e senza un’altra valanga di soldi recuperata dai contribuenti. I problemi finora messi a tacere con tredici anni (dal 2008 al 2021) di cassa integrazione – al cui assegno si è aggiunta l’integrazione dell’80% dello stipendio – riesploderanno. Non solo riguardo alla gestione degli oltre 7 mila esuberi, ma anche per quella dei nuovi assunti in Ita, visto che il contratto di lavoro adottato prevede uno stipendio del 30% inferiore a quello di Alitalia. I 7mila esuberi avranno la cassa integrazione fino al 2023 (ma i sindacati la chiedono fino al 2025), e due o tre anni di Naspi (indennità di disoccupazione). Ma il fondo del trasporto aereo ha le casse vuote e dovrà essere rifinanziato con almeno 50 milioni di euro (puntualmente avvenuta dal decreti del consiglio dei Ministri di ieri. Ma il paradosso è che gli ex Alitalia che verranno assunti da Ita con il nuovo contratto percepiranno il 70% di quanto percepivano in Alitalia, mentre chi rimarrà fuori (cioè la stragrande maggioranza) percepirà l’indennità della Cig e l’assegno di disoccupazione integrati all’80% del salario percepito da Alitalia. Possibilità esclusa ad ogni altro settore merciologico. Con 373 voti a favore,19 contrari e 30 astenuti la Camera dei Deputati ha approvato qualche giorno fa una mozione che impegna il governo affinché Ita non procuri disagi a quelli che sono in possesso di ticket di viaggio della ex Alitalia: cioè, lo Stato deve rimborsare i biglietti che Alitalia in amministrazione straordinaria ha venduto nonostante sapesse che doveva chiudere i battenti il 15 ottobre. Peccato che la mozione non prevede di trattenere dai compensi dei tre commissari il costo dei rimborsi, anziché farli pagare ai contribuenti. La stessa mozione, poi, afferma che l’esecutivo dovrà vigilare affinché vengano salvaguardati i livelli occupazionali: ma quali? I 2.800 occupati di Ita o gli oltre 7 mila della ex Alitalia? Vi è poi l’invito ad “applicare un contratto collettivo di lavoro e adeguate misure di ammortizzatori sociali”. Il contratto, ma questo non è scritto nel testo, non è quello suggerito dai sindacati e contenuto in uno dei decreti ristori, cioè il contratto anti dumping per le compagnie low-cost per evitare la concorrenza sleale attuata in questi anni. Quel contratto però non va bene (dovrebbe andar bene solo agli addetti delle low-cost che hanno fatto dumping salariale in questi anni ai danni di Alitalia), così come quello proposto da Ita. Il parlamento e i sindacati adottano ancora una volta due pesi e due misure. La riforma (l’ennesima riforma) degli ammortizzatori sociali prima o poi si farà, ma se vorrà giustamente perseguire universalità, equità e sostenibilità dovrà dimenticare il caso Alitalia.

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TRENORD: ONLIT, OGGI 6/0 SCIOPERO DA INIZIO ANNO/Effettuate in media 10 proteste all’anno dal 2012

TRENORD: ONLIT, OGGI 6/0 SCIOPERO DA INIZIO ANNO/ Effettuate in media 10 proteste all’anno dal 2012 I disagi per lo sciopero del settore ferroviario indetto per oggi dai sindacati di base “sono imputabili anche a Trenord”. Lo afferma l’Osservatorio nazionale su liberalizzazioni e trasporti (Onlit) sottolineando che nell’Impresa ferroviaria attiva nel trasporto regionale in Lombardia “ci sono stati 6 scioperi in piena emergenza sanitaria dall’inizio dell’anno”. “Ultimo – si legge in una nota – quello di oggi dei Cobas, che segue quello di domenica 5 settembre di Cgil, Cisl Uil e dell’Orsa, che ha fatto imbestialire migliaia di passeggeri increduli, che non potevano contare neppure su un servizio minimo visto il giorno festivo”, durante il quale non sono previste le tradizionali fasce di garanzia. “Con il matrimonio tra Fnm e Fs che diede vita a Trenord 12 anni fa – spiega il presidente dell’Onlit Dario Balotta – il monopolio ferroviario si è solo spostato dal livello nazionale a quello regionale ed è per questo che Trenord è responsabile oltre che dei disservizi quotidiani anche degli scioperi”. “In media – conclude – se ne sono effettuati 10 all’anno dal 2012”.

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Treni locali, Onlit: liberalizzazione in Francia, affidamenti diretti in Italia

Treni locali, Onlit: liberalizzazione in Francia, affidamenti diretti in Italia. Dopo anni di resistenza, il colosso delle ferrovie francesi SNCF ha dovuto cedere il monopolio su una tratta regionale. Insomma, perfino in Francia per sviluppare e rendere più efficienti i servizi ferroviari per pendolari (quelli su autobus lo sono stati da tempo) si è finalmente arrivati alla liberalizzazione del mercato, con l’affidamento dal 2025 della linea regionale Marsiglia-Nizza alla compagnia Transdev. Questa storica decisione segna la fine del primo bando di gara lanciato da una regione francese, dopo un “dialogo competitivo” durato diversi mesi con SNCF. Alla gara per l’affidamento del servizio aveva partecipato anche Thello, la società del gruppo FS. Proprio quelle FS che in quasi tutte le regioni italiane (attraverso Trenitalia) e in Lombardia attraverso Trenord continuano a ottenere contratti di servizio in base ad affidamenti diretti. Anche la Francia si sta adeguando al resto d’Europa, con un’apertura al mercato che ha cambiato positivamente il volto del trasporto locale (ferroviario e su autobus). Raddoppio delle frequenze, aumento della qualità del servizio e riduzione dei costi per la comunità locale, questi sono i risultati attesi anche in Provenza. Mentre in tutt’Europa questi scenari competitivi e innovativi rompono schemi monopolistici consolidati, l’Italia resta il fanalino di coda nelle quote di trasporto sostenibile su ferrovia e su autobus, e l’uso dell’automobile resta preponderante. Nonostante le indicazioni europee, nel nostro paese a spiccare in negativo è proprio la regione che si proclama più europea di tutte. La Lombardia, infatti, anziché stracciare il contratto decennale con Trenord per le continue inadempienze e per il pessimo servizio, sta predisponendo un nuovo affidamento diretto di dieci anni. I rapporti tra la Regione e Trenord (controllata al 50% ciascuno proprio dalla Regione e da FS) sono in pieno conflitto d’interessi, visto che l’ente è al tempo stesso il programmatore e il compratore dei servizi ferroviari regionali, nonché il proprietario di Trenord, di cui nomina il management. Intanto che si aspettano le riforme sulla concorrenza promesse da Draghi perseverano con comportamenti consociativi ed inefficienti che guardano al passato anziché al futuro della transizione ecologica.

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Alitalia, Onlit: i nodi vengono al pettine, l’ex compagnia di bandiera non potrà più essere l’ammortizzatore sociale

Alitalia, Onlit: i nodi vengono al pettine, l’ex compagnia di bandiera non potrà più essere un ammortizzatore sociale. Per un esito positivo del tormentone Alitalia e per affrontare le crisi industriali, serve una rapida riforma degli ammortizzatori sociali equa ed universale. La legge del contrappasso sta dilaniando l’ex Alitalia che è stata, in questo ventennio di crisi, l’ammortizzatore sociale di se stessa. E’ così che un’azienda decotta è potuta sopravvivere. Nessun Governo ha mai fatto cessare l’andazzo corporativo che ha coinvolto politica,fornitori e sindacati. Leggi che autorizzarono la Cig ,anche per 7 anni consecutivi, o una nuova tassa di imbarco di 3 euro per passeggero per alimentare un fondo corporativo e una Cig d’oro non sono più possibili. Negli ultimi 20 anni l’ex compagnia di bandiera ha fatto fallire, e poi assorbito , numerose compagnie aeree: dalla Gandalf ad Itavia, da Volare Web ad Air One, fino ad arrivare ad Avianova, Air Sicilia e Minerva. La la crisi di Alitalia è costata 12 miliardi alle casse pubbliche e, nonostante ciò, ha perso enormi quote di traffico su tutti i mercati aerei domestico, intercontinentale e cargo .Adesso, per assicurare la discontinuità voluta dalla UE (raggirata da politica e manager con aiuti di Stato mascherati), nel passaggio degli addetti ad Ita, le chiamate dei nuovi assunti saranno personali e non di gruppo. Il contratto da applicare dovrà essere quello che hanno chiesto ( e ottenuto) i sindacati ,poi inserito nel “D.L. Rilancio” dello scorso anno, che aveva come obiettivo di impedire dumping sociale all’Alitalia da parte delle compagnie low cost. Contratto che ora i sindacati non vogliono applicare ad Ita, perché vorrebbero mantenere i trattamenti economici e normativi dell’ex compagnia di bandiera.

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Linate, Onlit: “Serve una liberalizzazione dei voli non una proroga”

Linate, Onlit: “Serve una liberalizzazione dei voli non una proroga”. Il rischio di interrompere i voli da/per Londra dal 31 ottobre, e trasferendoli negli scali di Malpensa e Orio al Serio, non si correrà più. Il Ministro Enrico Giovannini avrebbe pronto un decreto che prorogherebbe di un anno l’attuale situazione post Brexit regolata da un decreto dell’ex Ministro dei Trasporti Graziano del Rio. Un decreto privo di coraggio, che salva capra e cavoli. Che non avvia quella riforma tanto necessaria per il trasporto aereo del sistema milanese. Il ministro aveva l’occasione di cancellare il decreto Del Rio. Il traffico a Linate è regolato con decreto che ne limita le potenzialità da 20 anni con un tetto al numero di passeggeri/anno, un tetto di 18 movimenti orari e i collegamenti UE limitati alle sole capitali europee. Se aveva un senso 20 anni fa per aiutare la crescita di Malpensa, ora tali limitazioni sembrano un dispetto ai passeggeri di Milano, al suo hinterland e al nord est. Questi devono compiere un lungo viaggio per raggiungere quello che doveva essere un hub, ed invece per la sua inefficienza la sua distanza e con l’Alitalia sempre in crisi non è mai nato. Ci si aspettava un decreto che liberalizzava l’accesso allo scalo per rendere disponibili gli slot che sono prevalentemente in possesso di Alitalia ora di ITA. Non però utilizzati per non avere concorrenti nel city airport più importante d’Italia. 

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