Nome dell'autore: Osservatore Meneghino

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Giulio Gallera e altri esponenti di Forza Italia si sospendono per solidarietà a De Chirico

“Trovo allucinante, grave e inaccettabile che un partito che si sta rilanciando, attraverso la valorizzazione degli eletti, della militanza e del lavoro sul territorio, con un atto d’imperio e senza alcuna motivazione, abbia cacciato una persona che in questi tre anni, in totale solitudine, ha tenuto alta la bandiera di Forza Italia a Palazzo Marino facendo sempre un’opposizione ferma ma propositiva, riconosciuta in città e apprezzata” lo scrive in una nota Giulio Gallera, in merito alla destituzione di Alessandro De Chirico da Capogruppo di Forza Italia in Consiglio Comunale. “Non posso accettare che, in violazione di qualunque regola di convivenza interna – aggiunge Gallera – vengano compiute epurazioni. Il Capogruppo è un organo del Consiglio Comunale e viene eletto dall’assemblea del gruppo consiliare. In questo caso non è stata convocata nessuna riunione del gruppo ma De Chirico è stato cacciato con un comunicato del coordinatore cittadino, On. Rossello”. “Milito in forza Italia dal 1994 con orgoglio e determinazione – spiega Giulio Gallera – e mai in questi 30 anni ho assistito ad un atto così grave. Oltretutto, nell’ultimo anno, dalla dipartita del Presidente Silvio Berlusconi, grazie alla sapiente guida di Antonio Tajani, Forza Italia si sta rilanciando attraverso un percorso di democrazia interna mettendo al centro la valorizzazione dei militanti, degli amministratori locali e dei dirigenti territoriali. Con grande convinzione ho contribuito a questa nuova fase e, a maggior ragione, trovo grave e inaccettabile che un singolo dirigente, il Coordinatore di Milano On. Cristina Rossello, compia epurazioni. Questa non è la Forza Italia in cui credo e per la quale abbiamo fatto il tesseramento, i congressi cittadini e il congresso nazionale”. “Per questo motivo, da questo momento mi autosospendo dal Gruppo consiliare di Forza Italia in Regione Lombardia – afferma Gallera –  Hanno inoltre deciso di autosospendersi, con le stesse motivazioni, la Capogruppo in Consiglio metropolitano Vera Cocucci, i consiglieri dei Municipi milanesi Salvatore Locanto, Fabrizio D’Angelo, Laura Schiaffino e Michele Pellegrino. Dal coordinamento cittadino di Milano si autosospendono Laura Schiaffino, Michele Pellegrino e Luigi Santonastaso. Molti altri amministratori e coordinatori locali della Provincia di Milano si autosospenderanno nei prossimi giorni”. “Chiediamo un intervento del Coordinatore nazionale Antonio Tajani e del Coordinatore Regionale Alessandro Sorte – conclude Giulio Gallera – affinché vengano realmente e concretamente riconosciute ad ogni livello la qualità del lavoro e la competenza dei nostri amministratori locali, in primis riattribuendo ad Alessandro De Chirico il ruolo di Capogruppo a Palazzo Marino che ha ricoperto in questi anni”.

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Palazzo Marino: Bernardo nominato Capogruppo di Forza Italia all’insaputa di De Chirico che abbandona il gruppo

La notizia della nomina di Luca Bernardo quale nuovo capogruppo di Forza Italia in Consiglio Comunale, è piovuta come un fulmine a ciel sereno sui commentatori politici milanesi, ed è sembrata strana a tutti fin dalla premessa “nominato dal coordinamento cittadino del partito”.  Infatti, i capigruppo devono essere eletti dai consiglieri che compongono i vari gruppi, non nominati chi non ne fa parte, qualunque sia la carica ricoperta nel proprio partito di chi nomina. Anche l’affermazione secondo cui il cambio del capogruppo fosse arrivato in base al principio di rotazione stabilito dal partito a inizio legislatura che prevede un avvicendamento dopo due anni e mezzo, non aveva convinto gli scettici, che però avevano vacillato davanti ai ringraziamenti della Coordinatrice Cittadina di Forza Italia, Cristina Rossello “Ringrazio Alessandro De Chirico per il lavoro svolto fino ad oggi e per aver dato la disponibilità ad essere il nostro candidato per la presidenza di una importante commissione che si occuperà di case popolari” che avevano fatto supporre che, il Capogruppo uscente fosse d’accordo e soddisfatto della compensazione ricevuta. A fugare ogni dubbio sul fatto che le cose non erano andate esattamente come comunicato da Forza Italia ci ha pensato De Chirico. “Ho fatto la prima campagna elettorale per Forza Italia nel 1999, 25 anni fa. Mi sono sempre definito un berlusconiano DOC e così sarà per sempre”  ha infatti scritto in una nota il forzista per poi lamentare “Oggi incredibilmente sono stato spodestato da capogruppo con un comunicato stampa e una telegrafica comunicazione telefonica del coordinatore cittadino”. “Per tre anni in assoluta solitudine – ha spiegato l’azzurro – visto che Bestetti è entrato in FDI e l’assessore Comazzi era impegnato in Regione, ho lavorato al meglio delle mie possibilità. Ho presentato migliaia di emendamenti alle delibere comunali, ho preparato centinaia di interventi, evidenziando la posizione di Forza Italia, ho dedicato moltissime ore all’ascolto dei cittadini e dei consiglieri municipali del mio partito, e infine ho portato proposte apprezzate anche dal sindaco, come sulla vicenda stadio. Ho fatto un’opposizione dura da un lato, ma fattiva e propositiva dall’altro”. “Mai avrei immaginato che il partito, a cui ho dedicato 25 anni del mio impegno politico, avrebbe agito così. – ha quindi concluso De Chirico, annunciando –  Per questo motivo lascio immediatamente il gruppo di Forza Italia”. Evidentemente, essere spodestato in favore di un Consigliere entrato in Forza Italia una settimana fa, con l’avvallo di un altro che può vantare solo il 37,6% di presenze in aula avendo partecipato solo al 2,57% delle votazioni, è stato un boccone troppo amaro da buttare già anche per un forzista della prima ora come De Chirico.

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ATM. De Chirico (FI): prima di andare all’estero si risolvano i problemi di Milano

“Su mia richiesta oggi si è tenuta l’audizione del Direttore Generale di ATM, Arrigo Giana, in merito alla partecipazione dell’azienda al bando per la gestione della metropolitana leggera parigina Grand Express” lo scrive in una nota Alessandro De Chirico, Capogruppo di Forza Italia in Consiglio Comunale. “Nulla contro il libero mercato, ci mancherebbe – spiega l’azzurro –  ma ritengo doveroso sottolineare il fatto che, viste le condizioni pietose del trasporto pubblico milanese, sarebbe opportuno investire nelle infrastrutture locali e nel potenziamento del servizio. Impegnare 350 milioni di euro in un bando utile solo a rapportarsi con le realtà internazionali è assolutamente iniquo, meglio sarebbe utile investire quei soldi per aumentare i contratti di lavoro del personale che attirerebbero nuovi conducenti che neanche partecipano ai bandi. Va tutelata ATM, e di conseguenza i dipendenti che ci lavorano, che è un’eccellenza meneghina. A meno che la partecipazione al bando parigino non abbia l’obiettivo di arrivare nel 2027 alla dismissione della società partecipata del Comune. Cosa per cui auspico che il centrodestra unito si batta senza tentennamenti”. “Il sindaco suggerisce di lasciare a casa la macchina per girare il Fuori salone, ma l’attesa dei tempi di superficie come della metropolitana è sicuramente eccessiva per una capitale europea. Qualcuno lo dica a Giana” conclude De Chirico sottolineando la situazione di caos odierna.

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Piscina (Lega): cosa fa Sala contro le infiltrazioni mafiose?

“La Lega è seriamente preoccupata per la presenza di infiltrazioni mafiose all’interno della gestione del mercato Comunale del quartiere Isola. Spiace constatare che il Sindaco non lo sia in altrettanto modo. È necessario fare chiarezza e predisporre le dovute verifiche sul funzionamento dei sistemi di assegnazione dei bandi comunali”, interviene Samuele Piscina, Consigliere comunale di Milano e Segretario provinciale della Lega. “14 arresti disposti dalla Procura di Milano per infiltrazioni mafiose all’interno del mercato comunale dell’Isola e il Sindaco di Milano cosa fa? Riesce solamente a dire che è positivo che la Procura faccia bene il proprio lavoro e che è risaputo che a Milano ci siano le mafie. Ovviamente ringraziamo la Procura e la Guardia di Finanza per aver svolto eccellentemente il loro lavoro, ma davvero non è venuto in mente al Sindaco di predisporre immediatamente delle contromisure per evitare che società che vincono appalti del Comune possano poi facilmente subappaltare le attività alla malavita organizzata? Quante altre strutture comunali sono nella stessa situazione?”. “Se gli stessi fatti si fossero verificati durante il mandato di un’amministrazione di centrodestra, la sinistra sarebbe scattata sulle barricate, chiederebbe la testa di tutti gli amministratori e lo scioglimento del Consiglio Comunale stesso. Fa specie che se le mani dell’ ‘Ndrangheta finiscono sui mercati comunali quando amministra la sinistra, sia tutto quasi normale. Chiediamo subito la convocazione di una commissione Consiliare Antimafia che possa analizzare accuratamente quanto accaduto affinché si possano adottare le contromisure necessarie e svolgere le dovute verifiche così che tale vergogna possa essere evitata in futuro”, conclude Piscina.

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Rocca (FdI): erba alta non solo nelle aree indicate dal Comune

“Anche quest’anno l’erba alta è dichiaratamente voluta dall’Assessore al Verde del Comune di Milano” commenta Francesco Rocca, Consigliere Comunale di Fratelli d’Italia. “Non solo nelle 54 aree che cita l’Assessore in un comunicato, ma nella maggior parte delle aree verdi della città, dalle aiuole spartitraffico in circonvallazione ai parchi e giardini, basta farsi un giro” aggiunge il meloniano sottolineando uno stato d’incuria che va ben oltre le aree in cui insiste per scelta dell’amministrazione. “Decisione ideologica o volontà di risparmiare e quindi ridurre la cura e il decoro del verde, soprattutto nei quartieri fuori dal centro?” si chiede Rocca, spiegando “Per tutelare l’ecosistema e il microclima sono necessarie azioni di controllo e cura del territorio, per esempio valorizzare le aree agricole, le rogge e i fontanili presenti a Milano, garantire una migliore qualità della manutenzione ordinaria e straordinaria del Verde pubblico, sostituire i numerosi impianti irrigui non funzionanti e obsoleti”. “Tutte misure che chiedono impegno e dedizione, lontane dagli approcci ideologici” conclude Francesco Rocca.

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Il valore del vino per l’Unione Europea

Il valore del vino per l’Unione Europea di Umberto Callegari – CEO Terre d’Oltrepò Genera ricchezza in tanti territori rurali, li preserva dallo spopolamento, tutela e incentiva la biodiversità, contribuisce al fisco e all’occupazione in maniera importante. Il valore del vino per l’Unione Europea è enorme. Così afferma sul suo sito WineNews. Ed è vero. Anzi, se con parole poetiche lo ha ben descritto, da tempo, il compianto Philippe Daverio, secondo cui “l’Europa è la patria della cultura del vino, primo elemento distintivo dell’essere europei”, come raccontò in un’intervista a WineNews, c’è chi lo ha messo nero su bianco in numeri, come il CEEV – Comité Vins, il Comitato Europeo delle Imprese del Vino, con uno studio condotto da PwC, che ha quantificato l’impressionante contributo socio-economico e ambientale del settore vinicolo all’Unione europea. “Con quasi 3 milioni di posti di lavoro e un contributo di 130 miliardi di euro al Pil dell’Unione Europea nel 2022, pari allo 0,8% del totale, il settore vitivinicolo svolge un ruolo fondamentale nella sostenibilità socioeconomica delle zone rurali dell’Ue. Una benedizione contro lo spopolamento delle campagne”, ha dichiarato Mauricio González-Gordon, presidente Ceev. Quella del vino è una filiera complessa, particolarmente sensibile alle fibrillazioni economiche del mercato e ai mutamenti geopolitici. Il 2023 è stato un anno caratterizzato da una significativa diminuzione degli scambi internazionali e, di conseguenza, del volume di prodotti esportati. Il conflitto tra Russia e Ucraina e il riacuirsi del conflitto israelo-palestinese hanno gettato i mercati e le economie di diversi Paesi nel vortice dell’instabilità economica e finanziaria. Gli investitori hanno deciso di indirizzare i propri introiti verso filiere più classiche e remunerative – come quella dell’oro – dal momento in cui, come stima il Fondo Monetario Internazionale, la maggior parte dei Paesi non tornerà alle condizioni pre-pandemiche fino al 2025[1]. Ma non è questo il punto. Per parafrasare Max Planck, l’evoluzione sociale non avviene perché le persone cambiano idea, ma in modo connesso all’avvicendarsi di nuove generazioni. Credo che questo shift culturale e generazionale stia investendo adesso il mondo del vino. Le regole del gioco stanno cambiando. Credo che sarà fondamentale la capacità di leggere e comprendere questi mutamenti e adattarsi ad essi. Ci troviamo in un settore più veloce, competitivo, polarizzato e capital intensive. Credo che a questa nuova realtà occorra rispondere in modo razionale seguendo principi economici oltre che valoriali ed etici. In particolare, vedo la necessità di aggregazione e approccio sistemico sia a livello europeo, che (soprattutto) a quello nazionale. I diversi Paesi produttori hanno diversi gradi di avanzamento e maturità sistemica (Francia molto bene, Spagna bene, Italia ancora divisa e quindi più debole in un mercato internazionale). Dopo questa premessa, riferendoci brevemente al tema italiano e alle ragioni economiche alla base dell’aggregazione, occorrerebbe condurla e strutturarla a livello regionale: in ipotesi, un centro egemone per regione che massimizzi leva operativa e marginalità. Dare vita possibilmente a una serie di scambi sul territorio porterebbe al risultato di un valore pari al quadrato del valore dei player connessi, con una forza decisamente maggiore a livello internazionale. Penso, ad esempio, al caso del metodo classico in Italia che ad oggi rappresenta un’eccellenza limitata dalla divisione strutturale delle diverse zone e della mancanza di approccio sistemico con una piattaforma spumantistica capace di fornire operations as a service e garantisca la crescita di tutto il sistema. Penso che questo sia il ruolo, ad esempio, che possa e debba giocare a livello sia nazionale che regionale, l’Oltrepò che ad oggi possiede il 75% del Pinot Nero (fondamentale per le basi spumante metodo champenoise) in Italia. Al mercato del vino, sempre più polarizzato e capital intensive, occorre che alla dimensione di prodotto si aggiunga quella di servizio per garantire marginalità. Siamo all’alba di una nuova era nel mondo del vino. Dobbiamo evolvere o il rischio è quello di una disruption certa e dolorosa. Purtroppo la Commissione Europea nell’Outlook 2023-2025 ha stimato al ribasso le previsioni a medio termine per il settore vitivinicolo[2], delineando uno scenario di riduzione della superficie vitata e fluttuazioni nella produzione dovute ai cambiamenti climatici. In linea con una produzione mondiale in caduta libera rispetto al 2022, nei Paesi dell’Unione Europea la produzione di vino ha raggiunto il livello più basso dal 1961 in termini di quantità[3]. Per fare un confronto, tra il 2016 e il 2020 la produzione media annua è stata di 165 milioni di ettolitri; mentre nel 2020 rappresentava il 45% delle zone viticole mondiali, il 64% della produzione e il 48% del consumo[4]. Fattori come le malattie fungine, le inondazioni, e, specie nell’Europa del Sud, forti periodi di siccità, hanno causato stress idrici alle viti mettendo seriamente a rischio la vendemmia. Sono pochi difatti i Paesi che, godendo di condizioni metereologiche favorevoli, hanno effettuato raccolti nella media. La situazione produttiva italiana non si discosta da questa tendenza negativa. La produzione di 39 milioni di ettolitri è risultata tra le più scarse degli ultimi decenni a fronte, tuttavia, di un aumento delle giacenze (51 milioni di ettolitri al 31 luglio 2023)[5]. L’alto tasso d’inflazione e l’aumento dei tassi d’interesse attuato dalla Banca Centrale Europea hanno giocato un ruolo determinante nella diminuzione del reddito e, di conseguenza, del potere d’acquisto dei consumatori, ora più prudenti nella spesa e più orientati ad acquisti difensivi. A tal proposito, sono gli stessi dati a confermare questa tendenza negativa sul fronte della domanda interna. Nonostante si sia verificata una leggera ripresa dei consumi a partire dalla tarda primavera, i primi dieci mesi del 2023 hanno registrato un calo del volume prodotto del 3,1%[6]. Nello specifico, laddove i vini fermi evidenziano una diminuzione di volume del 4%, gli spumanti mantengono volumi superiori rispetto al 2022 (+1%). È inevitabile quindi come questa serie di variabili, dove è costante la persistenza del macro-tema del cambiamento climatico, abbia un impatto negativo sul mercato dei vini pregiati[7]. Sul fronte dell’export, i primi nove mesi del 2023 sono rimasti stabili, segnando una battuta d’arresto rispetto agli 8 miliardi di euro di esportazioni che l’Italia aveva incassato nel 2022[8]. Da segnalare, inoltre, un

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