Nome dell'autore: Luca Rampazzo

Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione.

Via Pastonchi: dove i sogni di Sala vanno a morire

Via Pastonchi: dove i sogni di Sala vanno a morire La storia è davvero simile a molte altre, solo molto peggio. Via Pastonchi è l’ultima frontiera della civiltà, dove MM ha deciso che era più economico arrendersi che lottare. Potremmo chiudere qua, ma vale la pena approfondire. Se non altro per rispondere a chi, come Majorino, ama fare il fenomeno e chiede che MM prenda il controllo di tutte le case popolari a Milano, case ALER incluse. Ci traccia un quadro impietoso il sempre presente consigliere Franco Vassallo, Municipio 7, che qui ha spesso combattuto a fianco dei cittadini: “Come in moltissimi casi, il primo problema di via Pastonchi è il cancello. Il suo presidio per la precisione. Dal prefabbricato sorto a fianco alla portineria, in rovina, il portiere osserva impotente le macchine che entrano, parcheggiano ovunque e vengono abbandonate sull’erba, dove capita. Alcune di queste vetture sono qui all’insaputa dei loro proprietari, peraltro. E servono a dare un segnale preciso: qui non comanda lo Stato. Tanto meno MM. Il clima è pesante, a comandare sono alcuni figuri, ben noti in zona, che impongono le proprie regole. Gli anziani hanno paura persino di uscire. Anche i lavori di riqualificazione sono occasione per aumentare il degrado. L’impalcatura che giace ferma, immobile, inoperosa attorno ad uno dei palazzi è stata violata ed ora funge da riparo improvvisato. Questo purtroppo è il frutto di una scarsa vigilanza non delle forze dell’ordine, che fanno ciò che possono, ma del proprietario (Comune) e del gestore (MM), che lasciano l’onere della denuncia ai cittadini. I quali, però, dovendo convivere con i responsabili del degrado preferiscono ovviamente non farsi del male da soli. Il tutto condito con la solita beffa all’Italiana: gli affitti sono aumentati anche quest’anno. Viviamo nel paradosso di una partecipata che si vanta della propria efficienza e continua a spremere gli inquilini onesti che pagano e a fornire servizi uguali a quelli che non lo fanno. Dimostrando che essere onesti, in questa città, non paga. Il tutto, ovviamente, con gli sgomberi bloccati causa pandemia, quindi con gli inquilini onesti bloccati a fianco dei criminali. L’unica cosa lecita da sperare è che cambi la gestione. A partire dal Sindaco, che, visti i risultati, dovrebbe trovarsi un altro lavoro”.

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Siamo sicuri che la Milano da fumare sia il futuro?

Premessa: in questo articolo non si parla di scelte illegali. Al contrario, tutto ciò che hanno deciso i protagonisti rientra, per quanto ci è dato sapere e salvo prova contraria, nel perimetro della legge. Qui si parla di opportunità e immagine. Due cose che, quando non configgono con l’ideologia di Sala, sono importantissime per Milano. Ma non qui, non oggi. Partiamo dai fatti, come illustrati da Otello Ruggeri e Stefania Crispino, militanti di FdI Milano: “In via Pontano, su una sezione dei muri liberi messi a disposizione dei writers dal Comune di Milano, sono stati realizzati due murales di indubbia qualità in cui sono rappresentati un cucciolo di cane e un gatto. Nulla da eccepire sui soggetti e sulle opere, se queste non celassero un’operazione commerciale di discreto successo. Infatti, in seguito all’accordo – favorito da un’agenzia pubblicitaria milanese – fra l’autore e una società che commercializza cannabis light, nelle immagine sono stati inseriti il logo e i contatti dell’azienda. Noi siamo tanto garantisti, quanto certi che tutta l’operazione sia svolta nella massima legalità, ma, poiché i muri liberi non risultano fra le superfici dove è possibile esporre pubblicità, saremmo più sereni se il Comune di Milano confermasse che i beneficiari di tanta visibilità* hanno presentato la dovuta dichiarazione d’inizio esposizione per pagare l’imposta Comunale sulla Pubblicità, domanda che se non ricevesse risposta affideremmo ai nostri consiglieri comunali per ottenerla tramite un’interrogazione. Ci chiediamo inoltre – concludono Crispino e Ruggeri – se il Comune di Milano considera etico inserire pubblicità occulta di cannabis, seppur legale, quando il prossimo sabato Il 26 giugno si celebrerà’ la giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droga?”. *l’Agenzia FDS Milano spiega così il successo ottenuto dall’operazione: ”Abbiamo organizzato una collaborazione tra il nostro cliente Crystalweed e lo street artist Vim. Lo scopo era pubblicizzare in modo creativo e di impatto l’azienda crystalweed; il murales è stato fotografato moltissimo ed è diventato presto virale. i passanti che fotografano il murales spesso pubblicano le foto sui social media e questo ha portato un’ottima visibilità all’azienda”. Fin qui i fatti. E i legittimi dubbi di due cittadini molto attenti. Ma la questione non si può limitare a un dato formale. E ci impone una riflessione ulteriore. La cannabis legale è, ovviamente, legale. Come lo è la vendita di armi a soggetti con i permessi in regola. Per qualche motivo, però, chi scrive è convinto che se su quell’angolo di muro fosse apparso il logo della Beretta oggi non staremmo qui a domandarci se fosse stato violato o meno qualche oscuro regolamento. Fiumi di inchiostro sarebbero corsi contro il danno di immagine della città. Sentiremmo alti lai sulla violenza di Stato. Ovviamente senza logica alcuna, ma quando mai questo è contato qualcosa? Per non parlare del fatto che nemmeno tutte le aziende siano uguali nella narrazione di Milano. Se là ci fosse stato il logo della Feltrinelli forse qualcuno avrebbe storto il naso per il danno ai piccoli librai. Ma se ci fosse stata Altaforte? Apriti Cielo. Questo ci porta a capire che i loghi non sono tutti uguali. Quindi è legittimo domandarsi: la Milano da fumare è una causa degna da sostenere? Non è una domanda banale, né una questione a cui debba rispondere io. A ottobre, per fortuna, potrete farlo voi, cari lettori. Almeno quelli di voi che risiedono a Milano. Con la matita copiativa nei seggi. Sarà una irripetibile occasione per spiegare all’arcobalenato Sindaco dei Navigli cosa ne pensate di lui, dei muri liberi e della Milano che va in fumo.

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Dopo la Sanità , Majorino sogna di commissariare Aler

A Majorino va riconosciuto che, se di politica magari non capisce moltissimo, di certo porta fortuna. Basta che chieda il commissariamento di qualcosa e tac, quel qualcosa rinasce. Ve la ricordate la campagna contro la sanità lombarda? È finita con la Lombardia in testa nella campagna vaccinale e 5 ospedali nella lista dei 250 migliori al mondo. Non pago delle sue doti di oracolo, le ha volute rimettere in gioco: “Ma credo che si debba fare proprio in questi campi -sociale, casa, diritti delle persone più fragili, sostegno al terzo settore – molto ma molto di più. Prendete il tema delle case popolari di proprietà ALER: la Regione le gestisce in modo vergognoso. Se fossi il Sindaco di Milano proverei a prenderle in mano, per ribaltarle, e i soldi ci possono essere: sono perfino quelli del Recovery”. Il nostro paladino della lotta al ridicolo non ci va piano, ma gli risponde il Consigliere di Municipio Franco Vassallo, dalla sua posizione unica di Consigliere delegato alla Casa, che quel mondo lo conosce bene: “Majorino da Sindaco proverebbe a togliere le case ad Aler. Aldilà delle nostalgie degli espropri proletari è evidente che il compagno non ha ben presente la situazione attuale. E nelle case popolari ci passa solo in campagna elettorale. Se ci fosse più spesso saprebbe che il disastro Aler lo ha visto solo lui. Quello che non ha visto è il disastro, certamente peggiore, di MM. Dico certamente peggiore perché, pure con più fondi e maggiore facilità di sfratto, la situazione è quella che tante volte ho descritto: edifici fatiscenti, società assente, inquilini ignorati e degrado onnipresente. La differenza principale è che Aler ci mette la faccia, MM ci mette un centralino. Impersonale, lontano e fondamentalmente inutile. C’è, inoltre, il tema costi: gli inquilini MM pagano ogni anno di più, per servizi sempre più scarsi. E, lo ripeto, non è questione di soldi. È che la giunta non sa spendere nemmeno quelli che ha. Figuratevi quelli che deve andare a prendere. Tant’è vero che, di casa in casa, gli inquilini MM chiedono di tornare a casa, di tornare ad Aler. I problemi sarebbero gli stessi, ma almeno avrebbero a che fare con dei tecnici e non con delle gentili, ma inefficaci, voci telefoniche. Quindi, caro Pierfrancesco, no, il Comune non deve fregare le case ad Aler. Deve smetterla di fregare i cittadini dicendo loro che sa fare l’amministratore di condominio e ridare le proprie alla Regione. Dieci anni di fallimenti sono sufficienti. Si abbia la decenza di cessare questo esperimento sociale sulla pelle dei più deboli e si restituisca dignità alle periferie. In definitiva, più che togliere le case ad Aler andrebbe tolto il fiasco a Majorino”.

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Sala fa l’ennesima lista e i cittadini preparano il conto

Sala fa l’ennesima lista e i cittadini preparano il conto Sembra che l’assenza di un candidato di centrodestra faccia più male a Sala che alla coalizione avversaria. Nei lunghi giorni di ansia, un misto tra il deserto dei Tartari e aspettando Godot, a Sala resta un solo passatempo. Aprire nuove liste. Solo che questo florilegio, ultima quella riformista, qualsiasi cosa questo voglia dire, non sta dando il risultato sperato. Ce ne parla il sempre attento Consigliere del Municipio 7 Franco Vassallo: “Sala perde anche senza avversari. Questo il risultato costante degli ultimi sondaggi. Risultato che a qualcuno può sembrare incredibile, ma per noi è credibilissimo. Non è vero che Sala non ha avversari. Beppe corre contro il nemico più implacabile: i cittadini Milanesi. I quali, gentili ma non fessi, all’ennesima lista della spesa di piste ciclabili incredibili, settori di città sottratti a chi produce e regalati a chi spaccia hanno deciso. Presenteranno il conto. Perché va bene tutto, ma qui siamo oltre il ridicolo. Il tempo dei fenomeni è finito. L’eccezionalità di Pisapia e la straordinarietà di Sala hanno prodotto la città che abbiamo sotto i piedi ora: tombini non ripuliti, disinfestazioni in ritardo, marciapiedi enormi, pedonalizzazioni in arrivo e posti di lavoro in partenza. Persino il Centro soffre di fronte a questo assalto, con i grandi uffici che chiudono e le strade vuote di giorno e piene di degrado la notte. È chiaro che la soluzione non sia questa. E allora qual è? Milano, ma meglio. È tornare alla normalità dei quindici anni di centrodestra, correggendone gli inevitabili errori commessi in passato. Le periferie, quelle che stanno accogliendo i lavoratori in smart working, le nuove famiglie che si trasferiscono in città e i Milanesi normali, saranno il motore della rinascita. Dovremo ricucire un tessuto sociale diviso tra i ricchi che possono fare e avere urbanisticamente tutto perché mantengono tutti gli altri e cittadini normali. Vanno ristabiliti gli equilibri tra urbanistica verde ed esseri umani. Insomma, dobbiamo tornare ad avere una città per essere umani e non a misura di zanzare e nutrie. E tutto questo perché il conto che sta per essere consegnato a Sala non includa sconti. Non li merita!”

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A Milano a volte è vietato parcheggiare anche nei parcheggi

In una città con un Sindaco che dei dettagli ha orrore può capitare anche questo. Una squadra di operai dipinge delle striscie gialle. Ed un’altra pianta un bel cartello di divieto di sosta. Le due cose, per carità, non avvengono certo in contemporanea. Ma il risultato resta estemporaneo. Ce ne parla il Consigliere di Municipio 7, improvvisatosi per l’occasione reporter, Franco Vassallo: “Un detto milanese recita “Ofelè fa el to mesté”, certamente non riguarda l’attuale Giunta, tantomeno il sindaco. Qui siamo in via Luigi Zoia intersezione Milly Mignone, e nei primi parcheggi al mondo ufficialmente autorizzati, per i residenti, dove dopo aver preso il posto ti becchi pure la multa. È evidente che nessun preposto del comune controlla i lavori, poi ci sorprendiamo se la segnaletica stradale si cancella appena realizzata o a che Milano al primo acquazzone si allaga. Quale sia l’intenzione finale non è chiaro, quello che è cristallino è che la larghezza del marciapiede e la conformazione della strada sono così pericolosi da far rischiare spesso dei frontali in quella porzione di via. A quello andrebbe pensato. Magari con un po’ più di cura di quella messa nella gestione della segnaletica”.

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Le guardie rosse complici del degrado

Perché il male trionfi basta che i buoni non facciano nulla, diceva il cardinale Newman. Ma siccome questo toglierebbe la scena ai malvagi e ai loro complici, qualcuno di loro si sente in dovere di impegnarsi comunque in prima persona. Sfondo: Milano. Momento del giorno: sera. Locale: un ristorante ed il suo plateatico. Protagonisti: quattro amici a cena. Ridono e scherzano, gli amici. È quasi zona bianca ed il coprifuoco fa meno paura. All’improvviso, un grido. Una ragazza urla: “Al ladro”. E vicino ai quattro amici sfreccia in bicicletta un ragazzo dai tratti nordafricani. Ha appena compiuto uno scippo. Una ragazza, seduta al tavolo, forse coetanea della vittima, si alza e lo sbilancia nel tentativo di fermarlo. I buoni non sono rimasti inermi. Il delinquente si rivolta, cerca di metterle le mani addosso. Altri intervengono in suo aiuto. Nel parapiglia partono un paio di cazzotti. L’aspirante mariuolo vede le stelle, arretra, perde il bottino, barcolla e scappa. Nessuno lo insegue. Sufficiente giustizia era stata fatta. La ragazza recupera gli averi. Ringrazia e se ne va. I quattro amici si rilassano. È presto, il coprifuoco sembra lontano quanto il giovane scippatore. Ma la serata non è finita. Dopo quindici minuti appare una volante. “Che bello, qualcuno deve aver chiamato la polizia e sono arrivati!” pensano gli amici. Qualcosa però non torna. I poliziotti non li raggiungono. Parlano con i testimoni. Si informano da alcuni in un locale vicino. Non li interpellano nemmeno. Poi risalgono sulla volante e se ne vanno. Incuriositi, i nostri chiedono ad uno dei testimoni cosa volessero sapere gli agenti. “Eh, niente, qualcuno li ha chiamati per denunciarvi. Dicevano che avevate malmenato un povero immigrato”. “Vedete, l’amarezza non riguarda le Forze dell’Ordine, che hanno fatto il loro dovere”  dichiara una delle persone intervenute. “No, riguarda le Guardie Rosse del Degrado. In questa città c’è una minoranza, almeno spero che lo sia, che guarda con ammirazione al degrado. Che sia urbanistico o sociale, pensano renda più bella la vita. Un immigrato scippa una ragazza? È giusto, lei aveva un telefonino, lui no. Redistribuzione sociale. Qualcuno protegge la ragazza? Vergogna, avete aggredito un povero immigrato. Questo modo di pensare è allucinante, ma purtroppo esiste e spiega molto di quello che è successo a Milano nell’ultimo decennio”. “Per parte mia non mi pento di nulla – continua – rifarei tutto e non lascerei mai che due donne venissero aggredite solo per essere comprensivo. Ma quello che davvero non si può accettare è che la denuncia sia partita da una donna. Qualcuno è contro la violenza sulle donne solo se a perpetrarla è il marito Italiano sposato con rito cattolico. In ogni altro caso esistono tomi su tomi di giustificazioni possibili. Io sono una persona semplice: vedo un reato e se posso intervengo. Da stasera con una punta di amarezza in più”.

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