Nome dell'autore: Luca Rampazzo

Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione.

Cosa ne sarà dell’Oasi di Bande Nere?

Non brillerà per particolare originalità come incipit, ma nel quartiere Ebraico c’è inquietudine. E questo, pur senza grosse ambizioni di scoop, è un fatto. Il secondo fatto è che il convitto dell’Oasi San Francesco è chiuso dal 31 marzo. Il terzo fatto è che nessuno (o quasi, ci arriveremo) sa cosa diventerà questa struttura ricettiva. Incastonata in un contesto residenziale, tranquillo, quasi a parte rispetto al resto di Milano, era un luogo dove si accoglievano con pochi soldi parenti di malati, turisti di passaggio e umanità varia. Nel complesso c’era anche l’oratorio della vicina parrocchia. Nella stessa strada, inoltre, si trova una comunità Ebraica, già duramente provata dai fatti di violenza di qualche anno fa e giustamente protetta. Ora, dicono i ben informati, è stata acquistata dalla Fondazione San Carlo Borromeo. Che ha tra i suoi scopi sociali l’accoglienza. Accoglienza che, va da sé, potrebbe riguardare persone di ogni nazionalità. E da qui sono partite le preoccupazioni dei residenti, alimentate da un silenzio che sta facendo crescere le paure di ora in ora. “Capiamoci, aiutare tutti è una cosa meritevole” chiarisce subito il dottor Patrizio, residente. “Ma un po’ più di dialogo non farebbe male. Questo è un contesto molto particolare, residenziale all’estremo. Le stanze sono quasi 150. Si possono ipotizzare quindi qualche centinaio di ospiti. La zona non ha punti di ritrovo per così tanta gente. È un quartiere di una volta, con un piccolo supermercato, due bar e due parrucchieri. Insomma, prima di creare un centro di accoglienza qui bisognerebbe parlare con i residenti. Fino ad ora solo abbiamo ricevuto solo silenzio. Non credo sia il modo migliore per instaurare una buona e duratura collaborazione”. “Il presidente Santo Minniti” gli fa eco un altro residente “afferma su Facebook di aver parlato con la proprietà e che nulla sarebbe stato deciso. Esclude, però, che l’Oasi diverrà un centro di accoglienza per i migranti. Questo, però, a prescindere dalla umana solidarietà che si deve sempre avere per chiunque, ancor più per persone in difficoltà, è un modo di procedere inadeguato e non conforme ad una giusta relazione tra istituzioni e cittadini. Il dovere di qualsiasi amministrazione locale, come istituzione, è di riferire pubblicamente tutto ciò di cui è a conoscenza nelle giuste sedi istituzionali, aprendosi al dialogo preventivo con la cittadinanza. E magari coinvolgere la proprietà in questo. Altrimenti l’effetto che si va a generare è quello di creare un velo opaco sotto il quale si può nascondere di tutto. E le paure e i dubbi, umani, si rincorrono, ancor più in un periodo già di per sè incerto e vago come quello pandemico che tutti noi viviamo. Inoltre, mi permetta di dubitare che si possa acquistare una tale struttura, di per sè complessa e vasta anche per dimensioni, senza sapere cosa farsene e senza a monte averne definito in tutto o in parte la destinazione d’uso. In ogni caso sono tutti dubbi che una pubblica assemblea fugherebbe in modo chiaro, trasparente ed esaustivo”. “Da Consigliere di un Municipio confinante” afferma il Consigliere Franco Vassallo “mi associo alle giuste e sensate richieste dei cittadini. Se la paura ha messo radici, la si può sradicare solo col dialogo. Le mezze affermazioni, l’ironia per gli avversari, il sottile dileggio non contribuiscono in alcun modo a migliorare il clima. O ad aprire porte che si sono chiuse di scatto di fronte a ipotesi nate dal silenzio della proprietà”. Insomma, siamo di fronte ad un caso che si potrebbe risolvere nello spazio di un’ora in una pubblica assemblea. Anche a distanza, se necessario. Perché per sopire i timori spesso fa più una buona parola che dei post incendiari su Facebook.

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Quanto costa ammalarsi di covid per i disabili a Milano?

La città col cuore in mano ha più a cuore le piste ciclabili del benessere degli ultimi? È una domanda ricorrente che riprende forza ascoltando questo caso. I protagonisti hanno chiesto di restare anonimi. Ma resta una testimonianza forte di quanto poco i poveri vengano considerati. Una precisazione: chi scrive non ha idea di quante agevolazioni di svariati enti esistano in tema di trasporto disabili in tempo di Covid. Ma non ce l’ha nemmeno la coppia di cui parliamo. Ed è questo il punto, dopotutto. Un aiuto difficile da trovare è un aiuto negato. “Sabato scorso è stato un giorno tra i più brutti della nostra vita. Il medico ci ha comunicato che abbiamo il covid. Mio marito è confinato su una poltrona 24 ore su 24. Io sono anziana. Abbiamo una piccola pensione. Arriviamo a prendere 600 euro al mese. Dobbiamo recarci in ospedale per controlli continui, altrimenti rischiamo di peggiorare. E questa malattia non lascia scampo. Così i nostri figli ci hanno cercato una ambulanza per poter andare in ospedale. E ci è caduto il mondo addosso. Sono 84 euro all’andata e altrettanti al ritorno. A testa. Per fortuna ci siamo riusciti ad accordare ed io, come accompagnatrice, non ho pagato. Ma anche così, nei primi due controlli se n’è andata mezza pensione. A breve ne avremo un terzo. Poi, solo Dio sa. E quando sarà finita la pensione, come faremo? Io non ne ho idea. Non possiamo gravare sui nostri figli. E la domanda è sempre la stessa: possibile che non ci sia un modo per aiutarci?” Commenta l’episodio, avvenuto nel Municipio 7, il consigliere di Municipio Franco Vassallo, che si sta impegnando per risolvere la vicenda: “La povertà oggi non è solo questione di mancanza materiale, ma di isolamento sociale. Perché alcuni tipi di aiuti, tipo quelli riservati ai richiedenti asilo sono così facili da ricevere, e talvolta abbondanti, e quelli agli anziani sono così difficili da scovare? E perché il Comune, quando parla di inclusione, traduce gli opuscoli in arabo e non in un Italiano semplificato e facile da comprendere per gli anziani? Perché scrive in Cinese e non in caratteri più grandi? Perché cerca, trova ed accudisce gli stranieri e non si preoccupa della povertà della porta accanto, chiusa dietro a porte di silenzio e muri di dignità? C’è davvero un tema, purtroppo, di una povertà meno glamour, fatta di amarezza, esclusione e un isolamento sociale nato e radicatosi ben prima del virus che Sala non ha mai affrontato. La narrazione è che essere Italiani risolva ogni problema (vedi Ius Soli) e che una volta diventati tali si possa essere serenamente abbandonati. Questa idea porta all’abbandono delle periferie. Esistenziali, prima che geografiche. Ed è il momento di invertire la tendenza. Il Covid ce lo sta mostrando con cruda spietatezza”.

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I geyser di fogna di via Rizzoli

Pigramente, dal terreno, una fontella spontaneamente sgorga. Se fossimo a Yellowstone ci aspetteremmo una esplosione di acqua calda e pura. Ma siamo a Milano, in via Rizzoli, sotto le case popolari. E, per quanto un’eplosione di quel genere non sia del tutto da escludersi, di sicuro sappiamo che il risultato non sarà affatto puro. O acqua. Cioè, sì acqua lo è di certo, ma di fogna. L’interessante fenomeno, causato a tutta evidenza da una perdita nella fognatura è iniziato con molta discrezione la notte di mercoledì. Accortisi che rischiavano di trovarsi nella… melma fino al collo senza un pronto intervento, gli inquilini hanno diligentemente chiamato il centralino. Che, come succede ogni volta, ha fatto ciò che ci si aspetta da quella vetta dell’ingegno umano che è il centralino MM. Ha dato un numero di pratica. Nonostante alcuni astuti inquilini avessero pensato di continare a chiamare finché non fossero stati generati abbastanza numeri di pratica da chiudere la perdita, la proposta è stata rapidamente accantonata. Intanto il livello della…. melma continuava a salire. Il portiere, a quel punto, è riuscito, dopo molti tentativi, a farsi garantire un intervento degli specialisti. Che si spera intervengano in queste ore, come promesso. Altrimenti se ne parlerà lunedì. Con calma. Tanto nella…. melma ci sono i cittadini delle case popolari. La sensazione piuttosto diffusa è che se questa cosa fosse successa dentro la cerchia dei Navigli la velocità di intervento sarebbe stata ben diversa. E a poco vale la consolazione che qualcosa si muova, anche se lentamente. La puzza di fogna si spera si stia risolvendo intanto che questo articolo viene pubblicato. Ma il rischio di doverci passare due giorni assieme è sufficiente a farsi domandare se, in fondo, il cartello con Milano sbarrato non sia stato posto qualche decina di metri troppo in là. E che già qui, ahinoi, siamo fuori dalla Milano del miracolo economico perenne.

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Endovir Recovery, un aiuto post malattia

Il Laboratorio Italiano di Ricerca medica EBTNA, dopo il successo riscontrato con lo spray orale ENDOVIR®, continua a puntare sulla innovazione Biotech e sulla ricerca e sviluppo nel campo delle molecole naturali con il lancio sul mercato del secondo prodotto della linea. ENDOVIR® RECOVERY Compresse è un Integratore Alimentare formulato con un DOSAGGIO VITAMINICO IPER-CONCENTRATO, infatti è stato pensato per combinare all’interno di un unico integratore benefici inerenti molteplici funzioni fisiologiche. Le novità apportate da ENDOVIR® RECOVERY dipendono dall’abbinamento di alcune Vitamine con Idrossitirosolo e Acetil-L-carnitina, infatti grazie alla sua formulazione, si presta all’utilizzo per recuperare il benessere dell’organismo in seguito a stanchezza ed a malanni. Inoltre , La linea ENDOVIR® – di cui nelle prossime settimane usciranno anche un dispositivo medico spray nasale ed un collutorio – è completamente italiana, dalla ricerca alla produzione. www.endovir.it E-mail: ebtna@assomagi.org

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Il crollo delle due torri di via Tofano

Stenta a contenere la gioia Rita Perissinotto, di fronte all’apertura del cantiere che porterà all’abbattimento delle torri A e B di via Tofano: “Dopo vent’anni finalmente si procede a quell’intervento radicale di cui avevamo bisogno: abbattere e ricostruire. È dal fallito tentativo di restauro del 1999 che sognavamo questo momento. Adesso possiamo sperare che la riqualificazione avvenga in maniera completa e profonda. Peccato solo per la torre C, che proveranno a restaurare. Di nuovo. Con i prevedibili risultati…” A festeggiare l’insolita giornata di primavera con la signora Perissinotto c’è il Consigliere di Municipio 7, delegato alla Casa, Franco Vassallo: “Dopo anni di impegno finalmente ci siamo, questo è un passo avanti decisivo per l’intera comunità. Questi palazzi, infatti, erano continuamente soggetti a danni: dagli ascensori inservibili, alle crepe generalizzate. Che si dovesse procedere con l’abbattimento era chiaro da almeno 15 anni, vista l’instabilità. Purtroppo non si è voluta seguire la via più ragionevole ed il costo di questa operazione è lievitato di oltre 4 milioni di euro. E, purtroppo, ne dovremo contare altrettanti se non di più per l’ennesimo tentativo di salvataggio della Torre C. oggi, comunque, resta un giorno di festa: è il primo giorno del resto della vita di questo angolo di Milano, che vedrà sorgere un caseggiato moderno, salubre e finalmente all’altezza della capitale morale d’Italia. Le case del patrimonio ERP, infatti, soffrono moltissimo l’invecchiamento. Milano è una pessima immobiliare, con un patrimonio immenso che negli ultimi dieci anni è stato gestito, purtroppo, con sciatteria. Cedendo all’ideologia e alle pressioni. Come quelle di alcuni inquilini della torre C, che stanno impedendo la rigenerazione della torre. Insomma, in definitiva, oggi facciamo un grande passo avanti verso il futuro. Troppo denaro è andato sprecato finora, da domani, speriamo, cambia la musica!”.

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Il disastro del patrimonio ERP a Milano

Sala spera di fare 1,6 miliardi di euro vendendo quote di patrimonio. Sarà. Di sicuro non si vede questa grande ossessione per il disastro delle periferie o per il patrimonio quando si tratta di manutenzione delle case. Ci fa una carrellata di alcune situazioni che esemplificano il problema il sempre attento Consigliere di Municipio 7 con delega alla casa Franco Vassallo. “Iniziamo, per una volta, dai tetti. Le coperture degli stabili, in alcune casi vecchie di 30 o 40 anni, non reggono più. Non tengono fuori la pioggia e costringono ad una serie di interventi di manutenzione costosi e non risolutivi. La guaina è spesso malconcia e andrebbe sostituita, ma non facendolo, gli ultimi piani sono soggetti ad infiltrazioni continue. Un caso tipico è un appartamento di San Romanello, all’ultimo piano, appena ristrutturato e quindi oggetto di corposi investimenti economici. Ebbene, l’assegnatario dopo due o tre settimane è stato costretto ad andarsene: l’acqua che entrava rendeva impossibile viverci. L’acqua, però, non entra solo dai tetti, in alcune case entra anche dai muri. Sì, dai muri. Le facciate non sono messe meglio. Per esempio, in via Creta ci sono intere unità immobiliari assediate dalle muffe. Una cittadina, al primo piano, denuncia di avere una giungla sulle pareti. È comprensibile l’amore per il verde di Sala, ma così si esagera. Ed ovviamente a questo si aggiunge e si somma il problema delle crepe. Ma non ci sono solo problemi edilizi. Sempre da via Creta viene la storia straziante, il disastro, di due invalidi costretti a vivere con un cumulo di pensioni di 500 euro al mese, che già di per sé è quasi impossibile, con un affitto MM di 600 euro. È ovvio che siamo di fronte a situazioni complesse e sicuramente ricche di sfaccettature, ma possiamo davvero dire di essere reduci da dieci anni di sinistra? Questo è odio di classe, se mai ve ne fu. Va anche detto che se Atene piange, Sparta non ride. Aler è alle prese con una catena di occupazioni abusive da parte di Rom in via Quarti. Ma anche qui il Comune ha una pesante responsabilità. Rifiutando alloggi alternativi e quindi non consentendo ad Aler di sfrattare le famiglie con minori o disabili, Sala ha consentito di crearsi un ghetto. Un ghetto dove gli Italiani che hanno costruito e fatto grande Milano negli anni 60 sono stranieri a casa propria. Il che, se volete, è una ironica e tragica conseguenza dell’ideologia di Sala. Se a Milano non ci sono stranieri, non ci sono nemmeno più cittadini. E quindi, di fatto, i poveri diventano un problema e cessano di essere persone di cui dovrebbe occuparsi. È la distopia totale di un sindaco verde che vorrebbe una Milano a misura di zanzara e con meno umani (soprattutto poveri) possibile”.

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