Nome dell'autore: Luca Rampazzo

Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione.

Un sabato di ordinaria follia

La notizia di cronaca sono gli scontri tra la polizia e trecento giovani, riunitisi per il video di un rapper di periferia in Piazza Selinunte. Il contesto, decisamente più preoccupante perché preannuncia una cronicizzazione del fenomeno, è il costante degrado delle case popolari attorno. E l’esempio più lampante è la condizione di follia di quelle di via Pastonchi. Ci racconta il nesso tra le due cose il sempre presente Consigliere di Municipio 7 Franco Vassallo. “Quando ieri ho letto della folla che ha aggredito la polizia non ne sono rimasto, purtroppo, sorpreso. Siamo seduti su una bomba a orologeria chiamata periferie. E, tanto per sgombrare il campo da equivoci, il Comune non ha non dico un piano, ma nemmeno un’idea di come uscirne. Eppure, i segni c’erano tutti. Si parla di disagio giovanile, si dà la colpa alla DAD. Ma la riapertura delle scuole, per quanto utile, non può riparare dieci lunghi anni di incuria. Basta guardare la realtà di tutti i giorni per accorgersene. Via Pastonchi ne è un esempio lampante. I giovani che oggi sono sui giornali dove credete che stiano tutti i giorni del resto dell’anno? In queste case private della dignità di un cancello, perché è il cancello che divide la casa dall’accampamento, ormai siamo nel territorio di nessuno. Quello che lamentano i cittadini è la mancanza di qualsiasi forma di rispetto. Siamo tornati alla legge del più forte o, ed è forse peggio, alla legge del branco. Il tutto nel nome del fatto che quello che avviene “dentro”, concetto perlomeno fumoso senza una porta che si possa chiudere, non è un problema del Comune. Che sarebbe poi il proprietario delle case MM. Ma questo è un dettaglio. Il Comune proprietario, inadempiente nelle manutenzioni e indifferente al degrado, non è evidentemente il Comune responsabile dell’ordine pubblico, inadempiente nei controlli e indifferente nella repressione. Ovviamente questa è follia. Come è follia che quando c’è da sistemare qualcosa, come una palazzina, i lavori partano tre mesi prima, con il montaggio dell’impalcatura, e poi procedano al rallentatore. Sala ha stanziato cento milioni per le case popolari. Ma non è in grado di spenderli. È il paradosso di MM: più ricca di Aler, è talmente burocratica che sembra avere meno denaro. Semplicemente perché non riesce a spenderlo. Il risultato finale di degrado e abbandono lo vedete in strada, a tirare pietre ai poliziotti che ricordano ai giovani che siamo ancora in pandemia. Con aspiranti stelle della musica a dare fuoco alla rivolta. Rivolta che, però, ha radici velenose e profonde nell’indifferenza di Sala e della giunta per la buona amministrazione della città”.

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Il degrado continua: le scuderie De Montel

Continua il nostro viaggio nelle periferie sospese nel tempo, quelle dei progetti faraonici che si perdono nei costi degli oneri di urbanizzazioni e nella crisi. Oggi parliamo di un’area diversa. È già stata aggiudicata la sua ristrutturazione, ma, con l’arrivo del Covid è grande la paura dei cittadini: ce la faranno a completare l’opera? Ci fa il punto della situazione il Consigliere del Municipio 7 Franco Vassallo: “Quando nel 2019 l’architetto Giancarlo Marzorati, titolare del progetto “Teatro alle Terme” vincitore del bando comunale ha descritto la sua idea di un complesso di terme verdi, eco sostenibili e di alto profilo eravamo tutti contenti. L’area delle Scuderie De Montel, infatti, non merita il degrado, l’insicurezza e il lento declino cui anni di progetti mancati l’hanno condannata. Quell’anno, poi, sarà ricordato come l’ultimo della Milano da vetrina di Sala. L’idea era quella di trasformare anche le periferie in piccole cerchie dei navigli e San Siro godeva, in prospettiva, del progetto del nuovo stadio. Insomma, questo pareva un gioiello in divenire. Lo Studio Marzorati Architettura – S+J srl dava enormi garanzie e aveva anche il sostegno di una società privata. Poi è successo quel che è successo. In teoria dovremmo essere vicini al completamento dell’opera. In pratica, e certo non per colpa dello studio di architettura, non si è mai partiti. La circostanza è sicuramente devastante anche per loro, non gliene faccio una colpa. Ma da amministratore pubblico mi domando: e adesso? Siamo in grado di valutare realisticamente se il progetto andrà avanti? Le terme sono una cosa bellissima, ma non sappiamo tra quanti anni, ché di anni si parla, si potranno tornare ad usare liberamente. Il progetto è ancora attuale? Se no, mi auguro che tutti i soggetti coinvolti, preso atto delle condizioni straordinarie, consentano tutta la flessibilità necessaria all’impresa in caso di cambio in corso d’opera. E se invece di terme di lusso, ecologiche, verdi e con il rispetto puntiglioso dell’architettura liberty, l’impresa dovesse decidere per qualcosa di meno vistoso, ma più realizzabile alle presenti condizioni, io mi auguro che, nel rispetto delle norme, si dia loro la maggiore libertà possibile. Sarà, infatti, necessario predisporre una dottrina generale da applicare a tutti i progetti nati poco prima della pandemia. Oppure rischieremo di vivere in una città di eterne incompiute, costellata da “vorrei-ma-non-posso” ecofriendly che diventeranno rifugi per sempre più poveri buttati fuori da case costosissime che restano tali perché Milano ha sempre più fame di case economiche. E invece di riceverle può bearsi di mega progetti in bambù riciclato. In definitiva: ben vengano le terme, se fattibili. Se infattibili, massima libertà nella legalità. E se non se ne dovesse fare niente in generale, cerchiamo di pensare a qualcosa che, rispettoso della bellezza del luogo, sia magari anche utile alla gente che questa città la vive ogni giorno”.

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Istituto Marchiondi, quando l’amore fa più danni del cinismo

Non succede spesso, ma talvolta anche l’architettura a noi più vicina nel tempo e pensata per ragioni funzionali, diventa arte. E, a volte, per proteggere quest’arte si finisce per fare danni irreparabili. Questa, in poche parole, la storia dell’Istituto correzionale minorile Marchiondi Spagliardi, progettato dall’architetto Viganò. Oggetto, dopo la sua chiusura, di una campagna per dichiaralo un monumento, la Sovrintendenza vi ha apposto un vincolo architettonico e ne ha affidato il restauro al Politecnico di Milano. Venti anni fa. Oggi è un buco nero a Baggio che attira delinquenza e occupazioni abusive. Vi è un nesso? Ne parliamo con il Consigliere di Municipio Franco Vassallo, che ha molto a cuore la vicenda: “Milano ha un rapporto strano con alcune sue strutture, soprattutto le cascine e alcune opere novecentesche. Il Marchiondi ne è un esempio chiarissimo. È un istituto che ha fatto la storia del novecento della nostra città, sin dalla costruzione dovuta al bombardamento della struttura che prima portava il medesimo nome. Molti cittadini vengono ancora a visitarne l’esterno. E grazie all’interessamento di personalità pubbliche come Vittorio Sgarbi si è riusciti ad ottenere che venisse valorizzato da un vincolo architettonico. Che, purtroppo, si è rivelato la sua più grande condanna. Dopo circa due decenni di attesa di una ristrutturazione che probabilmente non avverrà mai, ormai il Marchiondi è un faro per il degrado. Anno dopo anno, occupazione abusiva dopo occupazione abusiva, le chance di vederlo ritornare in auge diminuiscono sempre di più. Siamo, probabilmente già oltre il punto di non ritorno. A questo punto si pone una domanda, molto spinosa lo riconosco: non sarebbe il caso di prendere atto che il vincolo sta soffocando l’edificio e che si dovrebbe allentarlo? Non sarebbe il caso di consentire ai privati di fare proposte per la riqualificazione e l’inevitabile cambio della struttura? Certo, è inevitabile che qualcosa vada perso. Ma qualcosa non è tutto. E tutto sarà perduto se lo lasciamo qualche altro lustro in balia di senzatetto, occupanti e umanità varia ed eventuale che vi transiti. È il dilemma del chirurgo che si trova a decidere se amputare o perdere il paziente. Di sicuro, questi dieci anni di radical chic al potere hanno segnato, come in molti altri punti, l’abbandono più totale. È evidente che a Sala, come a Pisapia prima, di recuperare quello che di buono c’è in periferia non interessa nulla. Oggi, poi, che i soldi mancano e il Sindaco continua a sognare di far cassa su chi costruisce non ne parliamo. Quindi non resta che appellarsi di nuovo alla Sovrintendenza: prendiamo atto che il passato non tornerà. E costruiamo un futuro migliore per un’opera che, prima di tutto e soprattutto, fu pensata per servire. Citando le parole del grande Architetto Viganò: “chi ha veramente compreso il Marchiondi non sono stati gli organizzatori, le autorità scolastiche e pedagogiche, i colleghi, i critici di architettura che pure mi hanno fatto tanti complimenti: sono stati i ragazzi. Non potrò, credo, dimenticare il grido di gioia con cui sciamarono dentro, l’entusiasmo con cui presero immediato possesso della attrezzature, degli armadietti, dei porta-abiti”. Questo è lo spirito necessario per salvare il Marchiondi. E, in fondo, tutta Milano.”

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Sala si arrende, non ha un piano per il lavoro

La dichiarazione non è recentissima, ma merita di essere approfondita. Dichiara l’ineffabile sindaco meneghino: “Siamo tornati ai livelli occupazionali pre Expo, quindi abbiamo fatto un passo indietro in termini occupazionali di 5 anni. Io non ho altre ricette serie oltre a un sapiente utilizzo dei fondi del Recovery plan. Conto tantissimo su quello, perché abbiamo tanti progetti pronti e Milano si candida a poter fare un grande cambiamento dal punto di vista delle infrastrutture, della mobilità, dell’ambiente, e delle case popolari”. Commenta il pensiero del Sindaco dai calzini multicolori il sempre attento Consigliere di Municipio 7 Franco Vassallo: “Sala getta la maschera. La Disneyland di cartapesta è venuta giù. La Milano vera, quella sostenibile, quella reale, quella che si poteva mantenere è sempre stata solo quella del centrodestra. La sua era un falso storico. Una Roma senza ministeri. Un grande parco divertimenti che si stava sviluppando senza logica e senza un vero e proprio futuro. Quando lo dicevamo noi, dalle periferie, venivamo accusati di disfattismo. Di populismo. Adesso lo certifica anche Sala: la Milano di Expo è morta. Adesso spera nei soldi Europei. Che arriveranno se tutto va bene in sei anni, senza la possibilità per lo Stato di anticiparli, perché siamo con l’acqua alla gola. E di fronte a questa crisi dell’occupazione, cosa propone il sindaco? Piste ciclabili, meno parcheggi e forse un paio di case popolari in più. Per il lavoro non solo non sa cosa fare. Non gli interessa nemmeno toccare il problema. Nel suo mondo, fatto di immigrazione, diritti sessuali e una città a misura di zanzara il lavoro non è mai stata una priorità. Né per sé, né per gli altri. Questa dichiarazione lo certifica: votare per lui significa votare contro la Milano che produce. L’obiettivo, infatti, è una Milano del declino in cui produrre, muoversi e vivere da esseri umani sia quasi impossibile. Una Milano a misura di nutria e zanzara, con verde sterminato e sistematicamente ignorato. Una città ferma, che aspetta l’elemosina dagli olandesi perché impedisce al grande popolo che la abita di farla tornare la Milano che ricordiamo. Questo, in sintesi, quello che ci aspetta se rivotiamo Sala. Elettore avvisato, mezzo salvato”.

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Ovviamente a Milano il coprifuoco non vale per tutti

C’è sempre qualcuno più uguale degli altri quando a governare sono i compagni. Valeva nella Fattoria degli animali di Orwell e vale nell’Italia del lockdown infinito. Il fatto che questo qualcuno sembri appartenere ad un gruppo etnico particolarmente propenso a vivere secondo regole proprie e a ignorare quelle della comunità di cui sono ospiti è sicuramente un caso. Ci mancherebbe. Ci racconta l’episodio il Consigliere di Municipio Franco Vassallo, nell’inedita veste di testimone oculare: “La notte di Domenica alle 23 ho sentito un botto. Nel silenzio del coprifuoco mi sono spaventato non poco. Ho controllato che tutti in famiglia stessero bene. E poi mi sono affacciato alla finestra. Nel parco delle cave era in corso un allegro carosello di moto. Dal rumore che facevano è legittimo supporre che non fossero certo nelle condizioni originali. E stavano là, beati, signori di una città rinchiusa in casa per proteggere tutti dall’epidemia. Da quanto mi risulta, le forze dell’ordine hanno fatto quanto possibile per prenderli. Ma, vista la propensione a violare ogni regola del codice della strada, finora l’hanno fatta franca’ Da dove vengono? Mistero. Idem per le moto. Riferiscono alcuni cittadini degni di fiducia che frequentino i parcheggi sotto le case di via Quarti, dove il rumore infernale si ripete ogni notte. Ora, di certo non è colpa di Aler, che non sovrintende il traffico. Però arrivati a questo punto, una pulizia profonda dell’area è più che mai necessaria. Bisogna aumentare le pressioni su Sindaco e Prefetto. Perché? Perché non si può difendere la legalità con le case occupate abusivamente, il parcheggio che alterna momenti in cui è un gigantesco dormitorio a momenti in cui si trasforma in un mercato all’aperto. Significa far passare il messaggio che abbiamo già perso. Peggio, anche peggio: significa che ci siamo arresi. Che è giusto e corretto multare i nostri ragazzi se fanno tardi la sera, ma se ignoti scorrazzano in moto e spariscono tra le roulotte, allora va bene così. Non vale la pena rincorrerli. Ecco, mi sia consentito: no. Ritorniamo alla legalità, costi quel che costi. E vedrete che non avranno più alcuna zona franca in cui scappare. O rifugiarsi”.

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Periferia Nord Ovest di Milano: dove le promesse di Sala vanno a morire

Uno dei bollettini medici che vorremmo leggere ogni giorno, per capire cosa aspettarci da Palazzo Marino, è quello sull’andamento dell’ossessione per le periferie di Sala. A occhio pare che il paziente sia perfettamente guarito, ma magari possiamo confidare in una ricaduta. Soprattutto perché gli effetti di questa completa remissione sono devastanti per chi vive nei quartieri più lontani dai Navigli. In particolare se ci mettiamo una atavica inerzia della Sovrintendenza. Ce ne parla il Consigliere di Municipio Franco Vassallo nella veste di fotoreporter (sono sue tutte le immagini di questo articolo): “Il rispetto per la storia e l’architettura di Milano è una cosa fondamentale. Però andrebbe contemperato con due elementi altrettanto importanti: il pragmatismo e il bene comune. In una città che ha fame di case, con prezzi che non si sono mitigati eccessivamente nemmeno durante la pandemia, ha senso salire sugli scudi per difendere luoghi come Cascina Case Nuove? Non è una domanda provocatoria, è importante il passato. Ma anche il futuro della città. A proposito di futuro, l’ex Mercato Comunale del QT8 giace nel degrado più profondo. In un quartiere, come questo che avrebbe bisogno di servizi di prima necessità, anche per aiutare gli anziani. Invece, per la fame del Comune di oneri di urbanizzazione preferiamo lasciare nel degrado le grandi strutture piuttosto che lasciare che il privato le riqualifichi. Pare che Sala non abbia perso l’abitudine di ignorare qualsiasi cosa sotto le dimensioni dello Stadio, lasciando che i territori si sviluppino senza servizi, purché ci siano parchi e aiuole. C’è poi la questione infinita del Palasharp, sullo sfondo. Chiuso da dieci anni e sede del tendone di fortuna adibito a moschea, è chiaro che non si possa pensare di lasciarlo a decadere. Però siamo sempre là, non si viene incontro a chi costruisce, caricando su di loro le politiche faraoniche di Sala e domandandosi come mai nessuno scommetta davvero su superfici così grandi. Completano la carrellata l’ex scuola elementare di Lampugnano e l’ex istituto Marchiondi. Aspettiamo i tempi infiniti della burocrazia. Sperando che, prima o poi, anche l’ultima carta venga timbrata a dovere e la Milano operosa possa tornare a produrre.”

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