Milano ricorda le vittime dell’antifascismo militante
Sergio Ramelli, Carlo Borsani, Enrico Pedenovi. Il 29 aprile a Milano si ricorda chi è stato ucciso per non essersi dichiarato antifascista. La giornata, tradizionalmente, si divide in due modi. Il primo istituzionale, il secondo identitario. La mattina, mentre i giovani delle tre comunità militanti (Rete dei Patrioti, Casa Pound e Lealtà e Azione) volantinavano davanti all’ITT Molinari (scuola di Sergio Ramelli), le istituzioni si sono riunite per ricordare Sergio Ramelli. Ucciso a 18 anni per aver detto in un tema che le Brigate Rosse non solo esistevano, ma erano comuniste. Era il 1975. l’anno prima, a Padova, erano stati uccisi Giuseppe Mazzola e Giuseppe Giralucci nella sede del MSI. Alla commemorazione tra gli altri, il Presidente del Senato La Russa e il Sindaco Giuseppe Sala. Da riportare lo scambio tra i due, con il Presidente del Senato che ha auspicato che, prima della fine del mandato, il Sindaco si presenti alla commemorazione con la fascia tricolore. Il Sindaco ha replicato che il suo outfit raramente la prevede. Glielo avrà sconsigliato l’armocromista di partito. Purtroppo si è persa l’occasione per chiedergli, come segno tangibile del taglio con un passato molto diverso dal suo presente, di dichiararsi una volta per tutte senza giri parola Sindaco di Milano. Sceso il sole è iniziato il corteo delle comunità militanti, aperto a tutti i militanti della destra che hanno sfilato sotto un’unica bandiera: il Tricolore. Nessuno ha risposto alle provocazioni provenienti da alcune case che fiancheggiavano la strada. Più di mille militanti (incredibile che anche Polizia e Repubblica concordino sulla cifra) hanno dato vita ad un serpentone che si è portato sotto le lapidi degli uccisi. Ha fatto seguito il rito del presente. A differenza degli anni scorsi non dovrebbero esserci strascichi giudiziari, a seguito della sentenza della Suprema Corte che ha riconosciuto la liceità del rito. Riporta Repubblica che la Polizia avrebbe comunque fotosegnalato i presenti. Sarebbe interessante se qualcuno chiedesse al Ministro Piantedosi perché. La scelta delle sigle che hanno aderito al corteo, presenziando fisicamente, è stata quella del silenzio stampa, non intendendo fare comunicati. La volontà era onorare in silenzio i morti ed evitare al contempo l’impressione di volerli strumentalizzare. Distinguendosi così nettamente da chi i comunicati li ha fatti, ma al corteo non c’era. Rispettiamo la loro scelta e chiudiamo qui la cronaca. Non potendo, in ogni caso, non notare la differenza nei modi e nei toni, con i numerosi cortei di questi mesi a Milano. L’estetica non è, naturalmente, tutto. Ma anche in politica marca la differenza tra diversi modi di intendere la militanza politica.
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