Nome dell'autore: Luca Rampazzo

Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione.

“Differente non da meno” storia di un progetto scomodo

Nei giorni scorsi è esplosa sui giornali una situazione che da lungo tempo sobbolliva. È la storia, eroica e disperata, di un gruppo di persone appassionate, amanti del proprio lavoro che si sono viste costruire attorno un mondo in cui era, per loro, impossibile operare: Paola Golzi ref. storica del progetto Mirko Benaglio ref. inclusione Giulia Olivo e Giovanni D’Alessio docenti esperti di sostegno e metodo Teacch Autism Program. Roberta Cipolli Insegnante di Religione. Questa è la loro storia. Di cosa si occupava il progetto “Differente, non da meno”? Il progetto di rete “Differente, non da meno”, nasce nel 2017 dall’esigenza di diffondere le buone prassi, riconosciute da famiglie e specialisti, che si sono create e consolidate nel corso degli anni. Le finalità previste dal progetto sono le seguenti: diffusione di buone prassi all’interno della scuola dell’obbligo che permetta di migliorare l’inclusione di studenti autistici maggior presenza sul territorio di scuole in grado di accogliere con modalità adeguate studenti autistici diffusione di tecniche cognitivo comportamentali e conoscenze di pedagogia e didattica speciale spendibili con gli studenti autistici, con altre disabilità, per coloro che presentano neurodiversità o sono normotipici; diffusione del paradigma della “Qualità di Vita” nelle scuole, nella convinzione che possa migliorare i percorsi di inclusione, ma anche la vita di tutti quelli che lavorano nell’ambito scuola; miglior possibilità di interagire con il territorio, includendo e abilitando studenti con A.S.D., in un’ottica di ” scuola aperta”; È l’evoluzione del progetto sperimentale, iniziato nel 1999 nella scuola primaria di via Ravenna e generalizzato nella scuola secondaria di 1° grado A. Toscanini. È un progetto interistituzionale, ne facevano parte il C.T.R. Piccoli Via Vallarsa, con l’équipe Dott. E. Micheli, l’Associazione A.N.G.S.A Lombardia, il Provveditorato agli studi d Milano. Nel tempo il progetto ha visto il riconoscimento del Comune di Milano, del Centro per la cura e lo studio dell’autismo dell’ ospedale Santi Paolo e Carlo di via Ovada . Nel corso degli anni si è costituita un’associazione di genitori “Insieme per l’autismo” che sostenevano le attività di carattere laboratoriale con l’acquisto di attrezzature che non si consideravano specialistiche i( es. il tappeto elastico, i tablet quando non era ancora iniziata la fase della digitalizzazione, la stampante a colori per la stampa dei simboli P.C.S. utilizzati nella Comunicazione Aumentativa Alternativa) e gli educatori che, successivamente ad un tirocinio presso il centro di via Ovada, consolidando l’esperienza presso di noi, hanno dato vita alla coop Fabula onlus, che, oltre a lavorare nelle scuole offre servizi di sollievo alle famiglie durante i pomeriggi o nei fine settimana o organizzando attività sportive e di tempo libero per i bambini e i ragazzi adolescenti. Non abbiamo mai ricevuto fondi privati o fondi pubblici straordinari per sopravvivere, utilizziamo personale competente (insegnanti, educatori, specialisti…) e servizi di cui può godere l’allievo ottimizzando le risorse presenti sul territorio in modo sinergico. È una realtà che è rimasta in vita in tutti questi anni e non conosciamo esperienze analoghe per longevità e numero di studenti autistici che hanno scelto di frequentare la scuola (sono più di settanta), tutela del diritto allo studio fino a 6-8 ore al giorno. La neuroatipicità, nei prossimi anni che accoglienza troverà nella scuola Milanese? Non siamo in grado di rispondere, non abbiamo la completezza dei dati. Riteniamo, nella nostra esperienza professionale, che sia un destino diffuso nella scuola italiana in quanto è necessario avere personale docente formato e competente per affrontare condizioni complesse. Spesso ci troviamo di fronte a personale di sostegno precario in due sensi: il primo perchè, se e quando va bene, cambia di anno in anno, ma spesso uno studente disabile vede passare più di un docente di sostegno; il secondo per la mancanza di formazione anche di base necessaria per sostenere l’ apprendimento di uno studente disabile. Inoltre, i docenti curricolari, che offrono più garanzie di continuità, non hanno l’obbligo di formarsi per gestire e sostenere classi con studenti con disabilità complesse o che presentano neuro-divergenze. Davvero è un destino obbligato perdere progetti cosi importanti? Non sarebbe un destino obbligato se chi si occupa della gestione dei problemi dei cittadini lo facesse con uno sguardo più attento e consapevole delle conseguenze che comportano alcune scelte politiche e avesse cura di interpellare e coinvolgere gli addetti ai lavori. Come si fa a passare dai plausi unanimi a PizzAut a situazioni come questa? Ci sono realtà come la nostra che dovrebbero avere la stessa attenzione e risonanza. Di più non sappiamo. Cosa chiedete alle Istituzioni? Di salvaguardare i bisogni di studenti fragilissimi, spesso a carico solo delle loro famiglie. Fino ad ora a questi studenti è stata garantita la permanenza a scuola per il tempo di frequenza dei loro compagni neurotipici, escludendo il tempo dedicato alla frequenza dei trattamenti specialistici. Che venga garantita loro la continuità del personale docente o educatore che intende proseguire ill lavoro con questi alunni. Che venga garantita in qualche modo, per gli studenti autistici ora presenti nella scuola di via Ravenna, la prosecuzione alla scuola secondaria di 1° A. Toscanini, dove il progetto è presente. I Team-docenti presenti nei due plessi scolastici hanno seguito gli stessi percorsi di formazione e condividono le stesse metodologie, riconosciute dalle linee guida 21 del S. S. N. Abbiamo sempre collaborato nei passaggi di scuola degli alunni con progetti ponte individualizzati e personalizzati. Le famiglie hanno scelto di attraversare la città, di cambiare scuola, addirittura residenza per poter offrire ai loro figli un percorso scolastico adeguato ai loro bisogni speciali nei due differenti gradi di scuola, evitando la preoccupazione per qualche anno di dovere individuare una scuola idonea e spesso difficile da trovare. Dal prossimo anno le due scuole faranno parte di Istituti differenti e questa garanzia sarà difficile da offrire. Ogni passaggio del percorso degli studenti tra lede scuole , dovrà essere vagliato e approvato da due enti scolastici differenti, che dovranno affrontare principalmente le situazione nelle realtà interne prima di poter accogliere altri studenti autistici. I privati possono fare qualcosa? Per risolvere o affrontare al meglio questa situazione, a costo zero

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I manganelli, Mattarella e la Più Bella

Ieri sera, in via Padova, alla presentazione della (prima e, per ora, unica) fatica letteraria dell’Onorevole Europea Sardone, i centri sociali hanno tentato di far saltare l’evento. Hanno provato a fare irruzione, assaltando il presidio delle Forze dell’Ordine. Pare ci fossero anche rappresentati di pariti che siedono in Parlamento, ma su questo non ci soffermeremo. Il problema, qui, è segnatamente un altro. E da via Padova, ci porta prima a Pisa e poi a Roma. Quando, a Pisa, è stato ordinato, esattamente come in via Padova, ad una folla di disperdersi e, esattamente come in via Padova, la folla ha deciso di provare a sfondare, la polizia ha caricato. Per qualche motivo, se a provare a sfondare sono dei ragazzini, secondo l’illuminata opinione di taluno, la polizia non dovrebbe usare i manganelli. Farlo, e cito il Presidente della Repubblica, costituirebbe una sconfitta per lo Stato. La vittoria, chiaramente, si ottiene dialogando coi manifestanti e spiegando loro che La Più Bella del Mondo, ovvero la nostra Costituzione, non prevede che si carichi la polizia. Per la verità, La Più Bella del Mondo, non prevede nemmeno che il Presidente della Repubblica rimproveri i ministri. E, se vogliamo essere proprio precisi, sul tema “Cosa fare se un sedicenne rifiuta di eseguire l’ordine di un pubblico ufficiale e anzi tenta di sfondare un cordone di polizia” è abbastanza silente. E lo è, per un motivo molto preciso: la Costituzione non è il regolamento del torneo parrocchiale di freccette. Non deve stabilire chi vince. O chi perde. Stabilisce diritti e doveri. E se il diritto di manifestare è sacrosanto, esso non è illimitato: 1. Delle manifestazione in luogo pubblico va dato preavviso alle autorità (articolo 17 co 2 della Più Bella del Mondo), che possono vietarlo per motivi di sicurezza pubblica. E una folla che si muove contro un presidio delle Forze dell’Ordine lo è certamente. A Pisa, come in via Padova 2. Il diritto di parola è direttamente sottoposto alla legge (sempre c’entri qualcosa, ma visto che viene citato chiariamo anche il punto). Se La Più Bella del Mondo diventa il regolamento del torneo di freccette e si ritiene di dover intervenire a distribuire buffetti istituzionali se i manganellati fanno simpatia, il risultato è che qualcuno, e per “qualcuno” intendo quelli che ieri sera hanno tentato di impedire la presentazione, si sentirà autorizzato a replicare. Non è, inoltre, particolarmente salutare dire che manganellare va bene, ma non i sedicenni. Non è salutare per loro. Lo si vedeva già negli anni ’70: dà pessime idee ai capi popolo, per esempio quella di usare gli studenti come scudi umani. È la visione della politica di Hamas. Ma dato che chi organizza queste manifestazioni Hamas lo ritiene un esempio andrebbe, quanto meno, evitato qualsiasi incentivo a proseguire. Aveva, dunque, ragione Giorgia Meloni quando diceva che non schierarsi con le Forze dell’Ordine era pericoloso, in particolare se chi manca di farlo è una Istituzione. Lei ci tiene a specificare, e io qui doverosamente riporto, che veniva escluso da questo monito il Presidente della Repubblica. Con tutto il dovuto rispetto chiudo con una domanda, telegrafica. Domanda credo sana e che non penso intacchi il prestigio della prima carica dello stato. Perché?

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Salute e ambiente: un binomio inscindibile

In un mondo sempre più interconnesso, la salute dell’uomo e l’ambiente sono inestricabilmente legati. Le scelte che facciamo oggi, le nostre attività quotidiane e il modo in cui sfruttiamo le risorse naturali hanno un impatto diretto sulla nostra salute e sul pianeta che condividiamo. Tuttavia, spesso il legislatore fatica a tenere il passo con l’evoluzione delle pratiche umane e industriali. Le nuove sfide ambientali richiedono una risposta tempestiva e responsabile. È qui che entra in gioco l’autorità giudiziaria, che deve garantire che le leggi esistenti siano applicate e che i comportamenti dannosi per l’ambiente siano sanzionati. Le nuove generazioni ci guardano con speranza e aspettative. Sono loro che erediteranno il nostro pianeta e che dovranno affrontare le conseguenze delle nostre azioni. È, pertanto, nostro dovere agire ora per garantire un futuro sostenibile per tutti. Senza dubbio, la nostra prospettiva ecologica è sfidata dall’individualismo. Troppo spesso ci vediamo come singoli, distanti dagli altri e dal mondo. Secondo Papa Francesco, bisogna, per una buona ecologia integrale, mettere insieme la storia, la cultura e l’architettura di un determinato luogo, salvaguardandone l’identità originale, aggiungendo che: “l’uomo ritrovi l’armonia con l’ambiente nello spirito dell’ecologia integrale”. Inoltre, la collaborazione tra istituzioni, organizzazioni internazionali, associazionismo e società civile è essenziale per affrontare le questioni ambientali in modo globale. Solo attraverso uno sforzo collettivo possiamo preservare il nostro pianeta per le generazioni future. Di questo e di molto altro se ne parlerà il prossimo 9 marzo, alle ore 10:00, presso la Fondazione Culturale Ambrosianeum di Via delle Ore, 3 a Milano. Per ulteriori informazioni: info@mimpegno.com

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MI’mpegno e l’intelligenza artificiale, una serata non scontata

Ci avevate mai pensato? “L’Intelligenza Artificiale dice quello che sa, ma non sa quel che dice”. Lo dice in apertura l’On. Palmieri, presidente della Fondazione Pensiero Solido. Si potrebbe dire che Tonino, il commentatore da bar con cui siamo cresciuti tutti, che ripeteva luoghi comuni, idee pre digerite, input alieni (spesso, in effetti, dell’altro mondo), fosse il primo e più grezzo prototipo dell’IA. Ovviamente si esagera, ma l’idea è che stiamo parlando di una tecnologia che si basa su calcoli stocastici (la sala sogghigna), pertanto probabilistici. Quindi non umani. L’IA, a differenza di Tonino, per esempio, è sempre gentile. Si augura sempre di essere utile, diversamente da Tonino. Insomma, no, non è una persona vera. Noi restiamo sovrani della nostra libertà, perché l’IA, per come intendiamo noi l’esistenza, non esiste. Non ha una sua personalità. Quindi no, non dobbiamo avere paura. L’IA è solo una calcolatrice di parole. O un pappagallo stocastico. Parola di filosofo, Cosimo Coco. Il Gatticidio come motore del progresso L’avvocato Vinciago, tavolo IA dell’Ordine degli Avvocati, ha, però, qualcosa da dirci di preoccupante: “Se concludete una richiesta a ChatGPT o uno dei suoi fratelli minacciando di uccidere un micio in caso di errore otterrete una risposta più attendibile. Perché? Perché l’IA generativa ha imparato quanto valore diamo ai gattini leggendo quanto ne parliamo, quante foto facciamo loro e quanti pervasivi siano”. Un profilo certamente preoccupante: non solo l’IA può essere ricattata, ma ci conosce così bene da essere ricattabile come lo saremmo noi. Azione e tecnica contro umanità e pensiero Interviene il prof. Markus Krienke, docente di dottrina morale alla facoltà di Teologia di Zurigo, e sfoggia un video sul cellulare in cui parla cinese. Ovviamente lui non parla mandarino, ma l’espediente serve a farci una domanda: come impatta l’IA sulla nostra realtà? E poi: cosa pensereste di una società in cui le macchine prendano decisioni che impattano sulla nostra vita, senza supervisione umana? Una società in cui l’unico parametro è l’efficienza. In cui l’umano sia totalmente deresponsabilizzato, perché l’unico parametro è oggettivo (l’efficienza) e i decisioni sono tanto equanimi quanto anonimo: delle macchine. Questo contesto di fatto annichilirebbe la nostra libertà, perché eliminerebbe il senso critico: avremmo di fronte non più delle informazioni da costruire, ma delle risposte comode, pervasive e totalizzanti. Quindi la nemesi della libertà individuale, quindi e per concludere, la nemesi della società libera. Ma insomma, dobbiamo avere paura o no? Il costo ambientale dell’Intelligenza Artificiale Quanta CO2 è stata richiesta per programmare ChatGPT3? 125 voli andata e ritorno da Pechino. Quanta acqua richiede raffreddare i server dell’IA? Svariate migliaia di piscine di acqua. La Virginia ha bandito ulteriori data center per tutelare l’acqua. Dopo queste informazioni ci informa la giornalista di Telelombardia, dott.ssa Prandi, che senza autodisciplina interverrà la politica a toglierci MidJourney, così da impedirci di fare cose disdicevoli, tipo giocarci a fare immagini divertenti. Divertirsi ha un costo ambientale. “È come andare a prendere il latte sotto casa con un Boeing”. E il vostro divertimento, francamente, non vale tanto. Per fortuna interverrà la politica a regolare tutto, nella storia questo ha sempre funzionato benissimo, dopotutto. Prompting, quindi esisto La nuova frontiera e il nuovo obiettivo formativo sarà diventare prompter: ovvero interrogatore di IA. Lo dovrà diventare chiunque voglia restare nel mercato del lavoro, perché chiunque saprà usare a proprio vantaggio l’IA sarà troppo avanti rispetto a chi non la saprà usare. Ce lo assicurano sia l’On. palmieri che l’avv. Vinciago. Tocca quindi prendere buona nota e imparare a interrogare la moderna Sibilla Cumana. Insomma, una serata non scontata organizzata da Carmelo Ferraro, Presidente di Mi’mpegno, reduce dall’Ambrogino d’Oro e Olga Cola, Women Care, che ha affrontato il tema dell’Intelligenza Artificiale fuori dai canoni ordinari. Un approccio rinfrescante a un tema che rischia di diventare vecchio molto prima che familiare.

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“Da Verdi a Verdini”. I leghisti gliele cantano alla Lega

Uno striscione si aggira davanti alla storica sede leghista di via Bellerio. E recita, beffardo: “Da Verdi a Verdini. Ora basta. Congressi subito!”. Una delle cose più difficili nel discorso politico è la sintesi. Questo striscione andrebbe mostrato in ogni scuola politica, perché in tre frasi fa l’analisi di un problema, spiega il livello di pericolosità della situazione e dà la soluzione. Il tutto senza un solo insulto e con un pragmatismo raro ai tempi dei social media. Il problema principale è che, come diceva Allende, chi si ripropone di cambiare il sistema dall’interno ha, in cuor suo, già deciso di vendersi. E in questo caso, lamentano gli anonimi militanti leghisti, è stato anche trovato l’intermediario. Quel Dennis Verdini che fu vitale per tenere su i governi a firma PD precedenti ai governi Conte. Quel Verdini attualmente agli arresti domiciliari. Il padre di quell’altro Verdini, pure lui indagato. Con l’aggravante, politica, di aver dipinto il quadro di un partito che da voce del Nord si era fatto servitore familiare dei Verdini. E se i militanti non perdonarono questa condotta a Bossi, figuratevi se la perdonano a Salvini. Ah, giusto, a proposito di Bossi: il Capo che viene ripescato dal flipper del Rosatellum qui brucia ancora. Lui era il garante del Verde. Ha dovuto soccombere ai Verdini. E no, non è stato perdonato. Questa, dunque, la protesta. Ma quale la proposta? Nonostante siano tornati di moda anche presso gli alleati Forzisti e di Fratelli d’Italia, seppur localmente, i congressi restano un appannaggio della Lega. Nord. La Lega Salvini premier li ha sempre visti male. In Veneto hanno visto i Salviniani pressoché ovunque, ma ogni convocazione è un rischio. Sopratutto in un contesto granulare come quello attuale, soprattutto in vista delle Europee. Dove, peraltro, di Verde a Nord Ovest si vedrà poco. Se è vero che qui si eleggeranno due o tre europarlamentari, si rischia che di passato leghista se ne veda poco a Bruxelles. I congressi dovrebbero scongiurare proprio quello, in teoria. In pratica, verranno scongiurati in nome dell’unità. Un nome che, per un partito secessionista, fa venire evidentemente l’orticaria a molti. Che se ne vendicano con striscioni verdi contro sfondo nero.

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Il PD è l’oppio di Milano?

Mentre la città cade sempre di più in una spirale di violenza e uscire la sera sta diventando un terno al lotto, il PD lunedì 14 marzo ha un’idea del tutto geniale: perché non legalizziamo le droghe leggere? L’idea è che così lo Stato potrebbe fare concorrenza alle mafie (e perdere). Che competenze ha il Comune in tema di liberalizzazione delle droghe leggere? Ovviamente nessuna. Ma siccome era una serata show per distrarre dai problemi reali della città, andava trovata una vittima su cui rilasciare l’odio politicamente corretto. Il premio lo ha vinto la consigliera Deborah Giovanati, Lega, rea di aver duetto due cose di buonsenso: “In un brevissimo intervento” dichiara la Consigliera “ho chiesto che sulle droghe si facesse quello che si fa per qualsiasi cosa in questo Consiglio Comunale: sentire degli esperti. Sentiamo esperti per qualsiasi cosa: chiudere buche e aprire asili, costruire case e abbattere edifici abbandonati, spendere soldi e incassare nuove tasse. Perché sulla droga no? Ho forse toccato un nervo scoperto, chiedendo che a parlare sia la scienza? Il PD ha il terrore di sentire degli esperti che dicano una verità tutto sommato banale: aumentare la circolazione della droga e abbassarne il rischio percepito significa esporre sempre più giovani al suo uso. Fine. E se lo stato intende fare concorrenza a Cosa Nostra nella vendita di sostanze stupefacenti, almeno fossero chiare le conseguenze cui si va incontro. Ma quello che ha suscitato più clamore è stato un altro punto. Uno che dovrebbe essere talmente pacifico e privo di controversia da farmi domandare cosa ci sia di strano. Ho chiesto ai presenti, ai consiglieri della capitale morale d’Italia, il test del capello. Per candidarci dobbiamo pubblicare il nostro casellario giudiziale, altrimenti detto fedina penale. Dobbiamo mostrare un curriculum. E ogni anno le nostre dichiarazioni dei redditi vengono esposte al pubblico ludibrio. Non è una curiosità morbosa, è la garanzia per chi viene amministrato che chi lo amministra sia lucido. A questa semplice, banale se volete, richiesta si è scatenato il finimondo. Il consigliere Nahum ha addirittura “minacciato” di fumarsi una canna davanti a Palazzo Marino. Vista la veemenza ingiustificata forse non è un’idea così sbagliata. In ogni caso restano tre dati dalla sera di lunedì: il PD pensa che nelle droghe leggere non risieda alcun pericolo, il PD pensa che sia corretto che lo stato faccia concorrenza alla mafia e l’idea di controllare la lucidità dei consiglieri comunali viene ritenuta pericolosa. A me questi tre elementi suggeriscono un filo conduttore. Ma sbaglierò sicuramente. Almeno, me lo auguro per Milano”.

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