Nome dell'autore: Luca Rampazzo

Laureato in legge col massimo dei voti, ha iniziato anni fa la carriera di startupper, con la casa editrice digitale Leo Libri. Attualmente è Presidente di Leotech srls, che ha contribuito a fondare. Si occupa di internazionalizzazione di imprese, marketing e comunicazione.

I punti deboli di Sala, il Sindaco Triste

Mentre si sente come sempre obbligato a commentare la qualunque, Beppe non sorride più. Nemmeno entrare in un dibattito in cui non ha competenza alcuna, come quello sul Green Pass modello francese lo rallegra. È incredibile quanto poco sorrida Sala. Sembra quasi che attenda il proprio funerale politico. Il che non ha senso, non è lo sfavorito in questa corsa elettorale. Forse è il netto contrasto con il sorriso spensierato di Bernardo. O forse sono i punti deboli che, alla fine del suo mandato, non si possono più nascondere a intristirlo. Case popolari, sicurezza e mobilità. Sala dice che sono critiche di un decennio fa. Ma è falso. Due su tre sono tutte sue. E ce lo spiega bene il Consigliere Municipale Franco Vassallo: “A volte alcuni esempi valgono più di mille teorie. Prendiamo le torri di via Tofano. Due su tre verranno demolite entro settembre per essere ricostruite. Dopo averle svuotate. Dopo aver spostato i residenti resistenti nulla torre C. Sala manda una lettera autocelebrativa in cui spiega l’opera. Dopo. Regolarmente dopo. Sempre dopo. E a proposito di dopo, quali sono i punti forti secondo lui? Sostenibilità ambientale, in primo luogo. Architettonica, al secondo posto. Sociale, al terzo. Qualità della vita degli inquilini? Non pervenuta. Questa la cifra stilistica del Comune dopo un decennio rosso: dei poveri gli importa così poco da non nominarli nemmeno. Questo è il problema con ogni intervento della Giunta. Si ignora l’elemento umano. Guardate la pista ciclabile di Saint Bon. L’obiettivo dovrebbe essere quello di favorire una mobilità lenta, sostenibile e sicura anche per le fasce di popolazione più deboli, come i disabili. Ma siccome delle PERSONE reali, quelle che dovranno attraversare la strada per recarsi all’ospedale, non gli importa veramente nulla, i posteggi per disabili sono stati resi pericolosissimi. La carreggiata ristretta, i parcheggi mancanti, il loro posizionamento: tutto contribuisce a rendere impervio raggiungere l’ospedale. Questo perché, di fondo, l’unica cosa che importi davvero è rendere la vita impossibile a chi gira in macchina. I deboli sono scudi umani. E nella gestione della sicurezza il discorso è identico. Anche quando gli interventi richiesti, come in via Omero o in via Pastonchi, sono minimi il Comune non interviene. Un cancello magari costa, ma serve a proteggere senza ferire. Ma l’obiettivo non è quello. Da sempre la sinistra odia che la gente si senta sicura. Quindi cancelli, recinzioni e telecamere sono il male. Chi si sente sicuro si sente anche libero. E, di fondo, questo è il filo rosso che lega i tre punti deboli di Sala: l’odio per la libertà. La gente libera fa scelte, si sposta, non fa quello che ci si aspetta. E questo è insopportabile per un tecnocrate. E, alla fine, dover prendere atto della insopprimibile libertà dei propri cittadini rende Beppe molto triste. Il modo migliore per farlo felice, cari amici, è fargli perdere le elezioni per farlo tornare a ragionare di numeri in qualche grande multinazionale. Aiutiamolo tutti in questo nobile obiettivo!”.

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MM è davvero la soluzione a tutti i problemi di Milano?

MM è davvero la soluzione a tutti i problemi di Milano? Come tutte le riflessioni più serie, partiamo da un fatto concreto. Mercoledì una persona di scarsa civiltà ha scaricato nelle case di via Rizzoli (civici dal 73 all’87) il contenuto di una casa in via di ristrutturazione. Facile pensare, come le testimonianze peraltro indicano, che non si tratti di un condomino. Più probabile fosse qualcuno che, passando, abbia pensato che fosse un buon posto per scaricare. È una cosa che purtroppo succede, ve ne abbiamo dato conto spesso anche su questo giornale. Detto questo, quello che è successo dopo è il problema. Portiere e condomini hanno avvisato Amsa. Che, però, ha puntualizzato che loro raccolgono solo i rifiuti sulla pubblica via dopo aver ricevuto richiesta. Ora, questo ha certamente senso per le case private. Dove entrare sarebbe in ogni caso un problema. Ma una casa del Comune, gestita dal Comune non dovrebbe essere ostacolo per un’azienda del Comune. Ma fingiamo che in questa orgia di burocrazia ci sia un senso. Il soggetto che doveva spostare i rifiuti era certamente MM. Sottolineo, come vedete dalle foto, che non si trattava di spostare una montagna. Il portiere, però, non poteva farlo da solo. MM ha fatto quello che ci si aspetta. Declinare, dicendo che non era mica compito suo. Ci mancherebbe. La vicenda si è risolta perché in quelle case vivono molti uomini liberi abituati a non contare sui servizi che peraltro pagano e non poco. Hanno raccolto le cose assieme al portiere e le hanno lasciate sul marciapiede. Fin qui il fatto. Da qui il commento. MM sta per prendere in carico il verde Milanese perché, per Sala, questo renderebbe più efficiente il servizio. Ecco, immaginatevi cosa succederà quando MM dovrà rispondere a tutti i cittadini di Milano e non più solo agli inquilini delle case popolari. E quando, invece di una piccola quantità di rifiuti dovrà ripulire i tombini dalle foglie in autunno. L’accentramento, la negazione della sussidiarietà, il Comune onnipotente non sono tradizioni Milanesi. A Sala va ricordato con forza. Non lo sono mica per motivi ideologici, ma pratici: non ci saranno sempre delle brave persone a colmare i deficit della macchina pubblica. E questi deficit, peraltro, meglio si risolvono prendendone atto a monte e non a valle. Purtroppo, però, essere il capo di tutto è una tentazione molto forte. Che, ci auguriamo, i cittadini bloccheranno nelle urne a ottobre.

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Morsenchio: riqualificare un mercato comunale è, dunque, possibile

La bella storia del mercato di Monserchio, una collaborazione con i commercianti per salvare il mercato Comunale con l’investimento di un milione di euro, ci insegna molte cose. La prima è che deserto e periferia non sono sinonimi. La seconda è che dove c’è la volontà, una via si trova. La terza è che, purtroppo, non tutte le periferie sono uguali. Come ci spiega il Consigliere di Municipio Franco Vassallo, riguardo al mercato Comunale del QT8: “Come ho già denunciato più volte, lo stato di abbandono di quello che una volta era il centro commerciale diffuso che sosteneva il quartiere è imbarazzante. Imbarazzante perché indegno di Milano, ma soprattutto perché concomitante con il bisogno, non soddisfatto, dei cittadini di avere una soluzione per la spesa vicino a casa. Non è uno sfizio, non è un atto di egoismo. È il grido di dolore di una comunità con molti anziani, che non possono prendere la macchina per fare ogni spesa. Ma soprattutto è la dimostrazione di cosa non serva alle periferie. Sala ha la curiosa tendenza a credere che servano sempre grandi progetti per risolvere i problemi. E, quando non decollano, allora tutto è perduto e l’area va lasciata a se stessa. Il QT8 è un esempio lampante. Invece di rifarci quello che c’era e serviva, si è provato ad immaginarci di tutto dentro. Il risultato è stato creare il rinomato resort Clochard Ville, in cui umanità varia e sofferente trova alloggio notturno. E gli unici commercianti superstiti sono quelli che vendono merce illegale agli illustri gentiluomini di cui sopra. Insomma, fanno il degrado e lo chiamano periferia. Questo è il frutto avvelenato del rifiuto della realtà. Se la struttura, le esigenze della gente e la conformazione del territorio chiedono un mercato, perché ci vuoi fare altro? Per la mai negata passione sinistra per l’ingegneria sociale. Cosa volete che ne sappiano le sciure del QT8 del loro bene, dell’urbanistica cittadina e del Feng Shui urbano? Ma assolutamente nulla. Facciamo scegliere a Beppe, che lui le sa le cose. E se non le sa, le narra comunque così bene che la differenza nemmeno si nota. E se tutto va male, pazienza, sarà colpa della crisi, del Covid, del riscaldamento globale, dell’omofobia o dei cittadini. Certo non sua. Il Feng Shui urbano è infallibile quasi quanto Sala, dopotutto.”

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Parco delle Cave: si aspetta il morto per impedire la balneazione?

Premessa: il divieto nel laghetto del Parco delle Cave c’è già. Premessa banale: i divieti senza controlli sono lettera morta. In queste due frasi si potrebbe riassumere la situazione attuale nel parco delle Cave, dove gente accaldata e non sempre sobria decide che farsi il bagno, nonostante i divieti sia una buona idea. Ovviamente, non è affatto una buona idea. Il Municipio si è da tempo impegnato a proteggere le vite dei bagnanti, ma allora cos’è che non funziona? Ce ne parla il Consigliere di Municipio 7 Franco Vassallo: “Come sempre, a questa Giunta i Municipi interessano solo se di sinistra e solo quando applaudono. In ogni altro caso, le nostre proposte, proteste e mozioni sono lettera morta. Il caso del laghetto del Parco delle Cave è emblematico: in quel posto la gente ci muore. Sembra basso, ma non lo è. Sembra una buona idea per raffreddarsi, ma non lo è sempre. Non è custodito, ovviamente, visto che non è balneabile. Ma senza un controllo effettivo con 40 gradi non tieni fuori la gente con un cartello. A meno di non usarlo come li usava Don Camillo. Gli scorsi anni un minimo di collaborazione con la Vice Sindaco c’era stata. Quest’anno ci sono le elezioni e la Giunta ci ignora. Il Presidente Bestetti ci ha provato a tenere fuori la gente (che, peraltro, in acqua sicuramente non tiene la distanza Covid). Ma senza l’intervento della Polizia Locale sono parole al vento. Cosa si sta aspettando ad intervenire? Il morto? Purtroppo ve ne sono stati diversi negli anni, non sono bastati? Evidentemente no. E spiace, perché siamo costretti a guardare impotenti. Come sempre, il partito che si autodefinisce democratico, trascura le voci dissenzienti. Il partito che vorrebbe il carcere per chi discrimina le minoranze, discrimina la minoranza. Tutto normale, quindi, si ha ragione solo se si ha la tessera giusta in tasca. Anche quando si dicono banalità tipo: se non tieni la gente fuori dal laghetto prima o poi succederà una tragedia. E quel giorno, aver avuto ragione non ci darà alcuna soddisfazione. E non renderà meno triste la tragedia”.

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Dott. Cetti, ci consenta

Il Direttore Generale di MM, dott. Cetti, ha rilasciato ieri una intervista al Giorno in cui illustra i risultati operativi della partecipata. E sono numeri davvero impressionanti. Di cui, da Milanesi, ci rallegriamo e di cui il merito va a lui. Però, sempre da Milanesi, siamo anche un filo scettici di natura. Vorremmo soprattutto sapere se i 30 milioni di utile di MM e le parole su appalti ed esternalizzazioni sono proprio come sono state riportate nell’intervista. Abbiamo quindi interrogato il sindacato Confsal, nella persona di Franco Vassallo, per capire se tutto ciò che luccica sia davvero oro: “I punti che il dott. Cetti espone, e su cui ho dei seri dubbi, sono almeno tre: La società è in utile grazie ad una oculata gestione. Verranno internalizzati la maggior parte degli appalti La gestione dei lavoratori, in particolare le assunzioni e lo smart working Punto primo: se c’era un bonus MM lo ha chiesto. Vale per il FIS e vale per i fondi Covid. È vero, c’è stata una forte spesa per ausili tecnologici. Ma siamo sicuri sia stata anche oculata? Le cuffie wi-fi di alta gamma e ultima generazione pagate con i fondi Covid erano quello che serviva davvero ai cittadini Milanesi? Io ho dei dubbi. Come ho dei dubbi sull’uso di fondi pubblici per società partecipate che poi chiudono in utile e distribuiscono premi anche a soggetti sottoposti a procedimenti disciplinari. È sicuramente tutto legale, ci mancherebbe, ma vogliamo parlare di opportunità? Inoltre ricordo che l’utile delle partecipate è sicuramente importante, ma non può e non deve essere il primo parametro. Sennò tanto varrebbe dare il servizio a privati. A che serve vantarsi di avere 30 milioni di utile quando gli ascensori delle case popolari si bloccano? Punto secondo: a me risulta che l’articolo 177 del decreto appalti dica che l’80% delle attività delle partecipate vada esternalizzato. Sempre che non venga ritirato come chiesto da altri sindacati, siamo sicuri che MM possa internalizzare la maggior parte dei servizi? E siamo sicuri che convenga? Il dott. Cetti afferma che la qualità del lavoro degli appaltatori è in diminuzione. Ahimè, io questo discorso lo ricordo fin troppo bene quando MM assorbì le case popolari del Comune. Doveva lavorare meglio di Aler a prezzi più competitivi. È finita che paghiamo di più per servizi peggiori. Il tutto in uno stato di costante rifiuto della realtà da parte della dirigenza. Ecco, siamo sicuri di voler ripetere questa esperienza anche su acqua e verde? Punto terzo: MM ha riportato, anche con metodi non certo dialogici, in ufficio una vasto numero di lavoratori. E ora parla di rendere strutturale lo smart working? Lo smart working di chi? Scelto come? Ma poi non era Beppe Sala che diceva che i dipendenti dovevano tornare a lavorare, come se lo smart working fosse una specie di vacanza retribuita? Qual è la linea che intende tenere la partecipata, quella del direttore generale o quella dell’unico azionista? Insomma, capiamoci, i lavoratori non sono comparse pagate. O almeno, la sinistra insiste da decenni che non lo siano. Tranne ovviamente quando governa. Allora passano da comparsa a claque. In attesa che il capocomico dia l’ordine di applaudire”

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Via Monterosa, simbolo dell’incompetenza della Giunta Sala

Qualche volta ci si può domandare perché accanirsi. Perché non possiamo guardare con misericordia infinita all’operato della giunta di Milano e non accettare che gli errori capitano a tutti? Perché, qui, non parliamo più di errori. Ma di incuria di massa. Non interessa fare le cose bene, solo fare quante più piste ciclabili possibile. Costi quel costi. Anche se per riuscirci si deve calpestare una tradizione millenaria di opere pubbliche realizzate con cura, propria della Milano che amiamo e ricordiamo. Come nel caso del disastro di via Monterosa. Ce ne parla il Consigliere di Municipio 7 Franco vassallo, dopo aver consultato molti cittadini che vivono tra i civici 60 ed 80. “Sapevamo che al Sindaco interessano solo i km di piste ciclabili realizzate, non importa quanti le usino gli incidenti che provocano. Ma non si era mai visto trascurare tutto il resto come in questo caso. Dalle foto si vedono chiaramente tre problemi dovuti ad incuria e nessun controllo: 1. chi ha fatto i marciapiedi deve evidentemente girare solo in Suv. L’altezza rende infatti impossibile aprire le portiere di una Panda dal lato passeggero, ad esempio. Come sia stato possibile non accorgersene resta un mistero, per me come per i cittadini. 2. Alcuni passi carrai sono larghi a malapena per la panda di cui sopra. Si vede che il proprietario del Suv qui ci lavora, ma non ci vive. Altrimenti si sarebbe accorto che scendere dal cancello di casa e imboccare la strada è possibile solo se si procede su due ruote. Sempre che sia del tutto possibile perché… 3. le strisce gialle per la sosta sono più lunghe del marciapiedi. E quindi è del tutto lecito ostruire in parte l’uscita dei veicoli, che già per andare fuori devono procedere come in un film di Fast and Furious. Il tutto per immettersi nella circolazione in una strada che fino all’arrivo della pista ciclabile era solo trafficata. E dopo è divenuta un inferno. E tutto per una pista ciclabile che i residenti sono certi non serva a nulla, visto il numero di ciclisti in strada (talvolta, affermano, persino in contromano). Questo è il trionfo dell’ideologia sui lavori fatti bene. Ed è precisamente ciò di cui Milano non ha bisogno alcuno. Né oggi, né per i prossimi cinque anni”.

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