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Coronavirus: poco più di mille le persone ancora ricoverate, tre decessi

“Anche oggi possiamo commentare notizie sostanzialmente positive. In particolare continuano a diminuire i numeri dei ricoverati e dei dimessi, così come va rilevato che tra i 143 nuovi casi positivi, 64 sono riferibili a test sierologici e che, complessivamente 83 sono ‘debolmente positivi’. Da specificare anche che 2 casi riguardano operatori socio sanitari e 5 gli ospiti delle RSA. I decessi, infine, sono tre”. Così l’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, commenta i dati di oggi lunedì 22 giugno. A oggi in Lombardia sono stati riscontrati  93.111  (+143 di cui 64 risultati debolmente positivi  a seguito di test sierologici) contagi da coronavirus. I ricoverati sono 1.047 (-213) dei quali 51 (-2)  in terapia intensiva. I decessi sono stati 16.573 (+3). I tamponi effettuati sono stati  964.735  (+7.776).  Nella provincia di Milano sono stati riscontrati  24.184 (+23) casi di cui 10.289 (+15) a Milano città. Il rapporto fra tamponi effettuati e casi positivi è al 1,8%.    

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Coronavirus: i test privati scovano asintomatici e fanno risalire i casi

“L’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo“, ha spiegato l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, motivando l’impennata dei nuovi positivi scoperti ieri, “precisa che fra i 198 positivi della giornata odierna sono compresi anche 168 tamponi processati da un laboratorio privato, che sono stati effettuati a seguito di test sierologici fatti su iniziativa dei singoli cittadini e che sono stati processati negli ultimi sette giorni”. “Fra l’altro, l’Ats di Bergamo segnala che 118 dei 168 (circa il 70%) tamponi – ha aggiunto Gallera – risultano debolmente positivi; presentano tracce di RNA virale e vengono considerati positivi in via precauzionale. Pertanto sui 118 debolmente positivi verrà effettuato un secondo tampone tra una settimana da parte di ATS”. A rendere necessaria la spiegazione sono stati i dati di ieri, che hanno dato l’impressione vi fosse una ripresa dell’epidemia in lombardia. Infatti, i contagiati totali in Lombardia sono stati 216, ai quali vanno aggiunti 168 tamponi effettuati a seguito di test sierologici fatti su iniziativa dei singoli cittadini processati dall’ATS di Bergamo negli ultimi sette giorni, per un totale è di 384 nuovi casi. Fino a ieri in Lombardia erano stati riscontrati 87.801 (+216*) casi positivi, 3.626 (+ 4) i ricoverati, dei quali 175 (-8) in terapia intensiva. I decessi sono stati 15.954 (+58). I tamponi effettuati sono  697.561 (+12.503). Nella provincia di Milano sono stati riscontrati 22.832 (+68) casi di cui 9.679 (+41) in città. Degli 87.801 casi positivi riscontrati solo 24.037 (-440) lo sono ancora. *ai quali vanno aggiunti 168 tamponi effettuati a seguito di test sierologici fatti su iniziativa dei singoli cittadini processati dall’ATS di Bergamo negli ultimi sette giorni.  

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La vera epidemia ora è l’ansia

La vera epidemia ora è l’ansia. Moltissime persone non sono più uscite dal viaggio nel mondo dei delatori alla finestra. Alcuni sono ormai ancora più convinti che ci sia una spectre mondiale che sta agendo per controllare le loro vite e le loro libertà. E magari è gente che si lamenta di non poter prendere l’aereo, ma non in realtà non ci è mai salita in vita sua. Ma l’ansia più grave di tutte è quella del sistema produttivo: moltissime aziende hanno ancora contratti attivi e la prospettiva di chiudere serenamente l’anno, magari con una lieve contrazione degli utili, ma l’equilibrio finanziario non è in dubbio. Eppure queste aziende tagliano, mettono in cassa integrazione e se possono licenziano. L’unico risultato di questa decisione è la certezza matematica di non poter più prendere commesse come prima, perché se servivano dieci persone a svolgere un certo compito, quando ne hai cinque non puoi più svolgerlo. Gli imprenditori italiani però si sa che spesso sono abituati a far funzionare le cose solo quando già funzionano, quindi è chiaro che fatichino a mantenere il controllo quando c’è una difficoltà. Però la vera epidemia ora è l’ansia che stanno vivendo: facendosi trascinare dall’ansia si stanno evirando da soli, aprendo le porte al fallimento delle attività. Quando infuria il vento, si mettono le vele a segno e si tira dritto, non si apre una falla nella barca perché c’è il rischio di affondare. Ci vuole coraggio, ma è inevitabile quando si presenta la paura: essere coraggiosi è impossibile se non c’è nessun pericolo. Inoltre potrebbe essere la prima volta per molti imprenditori italiani in cui effettivamente scommettono soldi loro e non dello Stato per fare gli imprenditori. E’ vero che gli Angelli-Elkann non danno il buon esempio chiedendo i soldi al pubblico per pagare gli stipendi, ma dopo tanto tempo potremmo iniziare a ignorarli.

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Ludoteche e parchi gioco, il 50% a rischio chiusura

La crisi economica portata dal Coronavirus colpisce duramente anche ludoteche e parchi gioco: chiuse ormai da oltre due mesi, queste strutture – che offrono a bambini e genitori intrattenimento, giochi, animazione, baby parking e in molti casi anche laboratori e attività educative – rischiano di non risollevarsi dopo l’emergenza. Eppure potrebbero essere sfruttate proprio per aumentare l’offerta di servizi alle famiglie che, durante l’estate, dovranno fare i conti con le limitazioni ai centri estivi, mentre i genitori riprenderanno a lavorare. A lanciare questa proposta è il gruppo nazionale Parchi Gioco e Ludoteche Italia, costituitosi nelle ultime settimane per dare voce a una categoria frammentata e dimenticata. “Quando è iniziato il lockdown in tutta Italia ludoteche e parchi gioco hanno chiuso senza sapere quando avrebbero potuto riprendere l’attività, e l’incertezza permane” spiega Cinzia Castellazzi, la titolare di una ludoteca di Trezzano sul Naviglio che all’inizio di marzo ha dato il via con alcuni colleghi alla creazione del gruppo. “Molti di noi hanno già deciso di cessare l’attività perché è impossibile sostenere affitti e costi fissi – continua Castellazzi –. Se non potremo riaprire ancora per mesi, è realistico pensare che metà delle ludoteche e dei parchi gioco italiani non esisterà più dopo la pandemia. In tutta Italia stimiamo ci siano oltre 2.500 realtà in grande sofferenza, che muovono una forza lavoro di 20.000 persone. Tutte, al momento, senza prospettive e senza tutele”. Parchi Gioco e Ludoteche Italia è il gruppo nazionale che si è costituito per dare voce a un settore relativamente giovane, ma in continua crescita, che fino a oggi non aveva una rappresentanza. In poche settimane il gruppo, partito dalla Lombardia con un’ottantina di adesioni, è arrivato a contare 620 membri in tutta Italia, organizzati in rappresentanze regionali. Subito è partita la campagna di sensibilizzazione sulle difficoltà del settore, insieme alle lettere indirizzate prima al governatore della Lombardia Fontana e poi al premier Conte e alla ministra Bonetti. “Abbiamo scritto per chiedere innanzitutto regole certe, protocolli per la riapertura e interventi di sostegno economico, ma non solo – spiega Castellazzi –. Abbiamo lanciato la proposta di assumere un ruolo fondamentale nella realizzazione dei centri estivi: le nostre strutture, da sempre destinate ad accogliere in sicurezza i bambini, possono essere messe a disposizione per questo servizio. Le scuole e gli spazi tradizionali non saranno sicuramente sufficienti per ottemperare alla necessità di distanziamento sociale, quindi possiamo affittare i nostri spazi, oppure possiamo organizzare noi direttamente le attività, grazie alle professionalità che sappiamo mettere in campo”. Se, infatti, la “Fase 2” prosegue con sempre più italiani che rientrano nei luoghi di lavoro, rimane la questione della chiusura di scuole, asili e spazi che dovrebbero accogliere i bambini, da oltre due mesi chiusi in casa. “Servono soluzioni condivise per dare una risposta alle famiglie e per ripartire tutti insieme – conclude Castellazzi –. Riteniamo che le ludoteche e i parchi gioco rappresentino una risorsa fondamentale, e che la collaborazione tra pubblico e privato in questo ambito potrà portare un contributo a un graduale ritorno al gioco, alla socialità, in una parola alla normalità, di cui i bambini hanno estremo bisogno”.  

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“Tu” la gara per milanesi per descrivere la vita in isolamento

“Tu” la gara per milanesi per descrivere la vita in isolamento. Raccontare i momenti difficili che abbiamo vissuto e che ancora stiamo vivendo, a causa dell’esplosione dell’epidemia da Coronavirus, con la forza e l’immediatezza delle immagini: a partire da lunedì, l’associazione di promozione sociale Le Compagnie Malviste e la rivista Perimetro lanceranno un’open call fotografica, intitolata “Tu” e aperta a tutti i cittadini milanesi. Chi lo vorrà, potrà documentare, con uno scatto e una breve descrizione a ’mo di didascalia, qual è la persona, l’attività, le abitudini, i gesti e le piccoli azioni quotidiane che lo stanno sostenendo in questo tempo sospeso, qual è la “stampella” a cui aggrapparsi per farsi forza e guardare al futuro in questo periodo così particolare. «Sono tempi in cui il nostro “perimetro” si è ridotto notevolmente – afferma Sebastiano Leddi, fondatore e direttore della rivista – Tutto è sintetizzato, concentrato su poche piccole azioni quotidiane. Ci piacerebbe che i milanesi ce lo raccontassero». L’open call sarà lanciata su tutti i canali di Perimetro e avrà una durata di due settimane.  La raccolta avverrà attraverso il proflo Instagram di Perimetro e via email (info@perimetro.eu). In alternativa, si potrà postare la propria foto e la propria frase con l’hashtag #tuopencall @perimetro_ sul proflo Instagram della rivista. Una volta ricevute le immagini, la redazione si occuperà di selezionare le fotografie più rappresentative e preparerà un editing con lo scopo di realizzare un fotoracconto ai tempi del Coronavirus. La storia verrà poi pubblicata sul sito di Perimetro (Perimetro.eu) e diffusa attraverso la newsletter e i canali social (Instagram e Facebook) della rivista. L’open call fotografica è una delle tante attività del progetto “Smart social welfare”, la nuova iniziativa dell’associazione Le Compagnie Malviste, che da oltre dieci anni diffonde esperienze di comunità e di teatro sociale con lo scopo di stimolare i rapporti tra le generazioni, la coesione e la mobilitazione sociale. Il progetto “Smart social welfare”, che si svilupperà nei quartieri milanesi fino alla fine di giugno, si pone l’obiettivo di rinsaldare – seppure a distanza, visto l’obbligo di rispettare il distanziamento sociale – i legami e le relazioni tra i cittadini e generare attività che stimolino le persone (giovani, famiglie, anziani e caregiver) a prendersi cura di sé attraverso percorsi culturali di coinvolgimento collettivo, esercizi, giochi, interazioni e suggestioni, per continuare a condividere passioni, interessi, abilità e talenti. Combattendo così, oltre alla paura e alla sofferenza, anche il senso di isolamento e di segregazione causati dall’esplosione dell’epidemia da coronavirus. Messo a punto con il sostegno della Fondazione di Comunità Milano, grazie alla raccolta fondi #MilanoAiuta, il progetto include un’articolata offerta di proposte di coinvolgimento attivo a distanza, dalle lectio magistralis in “pausa schiscetta” con esperti di tematiche quali cultura, ambiente e cura di sé (venerdì 15 maggio alle 12.30 parteciperà Michele Farina, giornalista del Corriere della Sera, con l’intervento “Alzheimer Fest: un viaggio tra arte e medicina per raccontare, anzi vivere, le fragilità”) alla costituzione di un gruppo musicale sul Web, dalla sperimentazione di incontri psicosociali di tipo teatrale rivolti a persone colpite dall’Alzheimer all’aiuto e al sostegno psicologico.Infine, lo “Smart social welfare” vuole favorire anche i servizi di prossimità, sostenendo e promuovendo quelli già offerti dalle istituzioni, come per esempio la spesa a domicilio, l’acquisto di farmaci e medicine, la pulizia della casa ma non solo. Afferma Alvise Campostrini, presidente delle Compagnie Malviste: «Prima dell’emergenza eravamo presenti sul territorio di Milano con iniziative di rigenerazione urbana, sociale e paesaggistica. Quando le cose si sono fermate, abbiamo attivato da subito un progetto per arrivare nelle case delle persone e continuare la nostra missione, ovvero favorire la mobilitazione sociale, la partecipazione attiva e la costruzione di un tessuto relazionale, utilizzando la cultura e la creatività come parole d’ordine. Così è nato e si sta sviluppando lo Smart social welfare».

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Locazioni commerciali e Coronavirus

La sospensione delle attività commerciali e produttive a causa dell’emergenza sanitaria in corso sta provocando notevoli difficoltà economiche agli imprenditori che le svolgono in immobili concessi in locazione: si sono ridotti i ricavi e, contemporaneamente, le disponibilità economiche per far fronte alle spese fisse. Tuttavia è opportuno considerare che il canone di locazione costituisce una legittima fonte di reddito per i proprietari ed è quindi necessario tenere conto anche delle esigenze dei locatori.Non essendoci alcun provvedimento governativo che autorizzi il conduttore a sospendere il pagamento del canone o anche solo ad autoridurne la misura, sarebbe auspicabile il raggiungimento di un accordo tra conduttore e locatore. In assenza di accordo, se il conduttore non dovesse riuscire a pagare in tutto o in parte quanto previsto dal contratto sarebbe inadempiente e potrebbe comunque essere sfrattato. La sospensione dell’esecuzione degli sfratti fino al 30 giugno, salvo proroghe, sposterebbero solo in avanti le conseguenze dell’inadempimento ed al pagamento dei canoni si aggiungerebbero le spese di procedura. Nel caso in cui il conduttore decidesse di portare la questione dinanzi ad un giudice potrebbe prendere in considerazione l’utilizzo di diversi istituti giuridici; – l’impossibilità sopravvenuta (art. 1256 c.c.); – l’impossibilità parziale sopravvenuta (art. 1464 c.c.); – l’eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 c.c.). Tuttavia, non essendoci – come sempre – alcuna certezza in ordine all’esito di un eventuale giudizio, sarebbe opportuno evitare che la divergenza di posizioni conduca alla lite in Tribunale. La soluzione andrebbe trovata tra le parti in modo da riuscire a distribuire equamente i costi legati all’emergenza. Il vantaggio sarebbe reciproco e consentirebbe di evitare il recesso dal rapporto contrattuale da parte del conduttore per gravi motivi o la morosità dello stesso. Un’azione di risoluzione servirebbe a poco, perché il proprietario rientrerebbe in possesso dell’immobile ma certamente con un valore locativo ridotto, mentre il conduttore perderebbe l’avviamento. L’accordo dovrebbe tener conto della tipologia di attività svolta individuando una percentuale di riduzione del canone tale da garantire al locatore una rendita seppur minore, ma anche un canone che sia sopportabile dal conduttore per il limitato utilizzo dell’immobile. In termini di risparmio fiscale l’eventuale registrazione dell’accordo raggiunto potrebbe essere vantaggioso per il locatore (è anche previsto che la registrazione sia esente da spese e bollo). Nella redazione dell’accordo occorrerà richiamare il contratto in corso con le indicazioni della sua registrazione, i dati del locatore e del conduttore, il canone annuale inizialmente stabilito, l’ammontare ridotto concordato e il numero di mesi per i quali si è concordata la riduzione. Per gli affitti commerciali, col prossimo decreto legge, previsto per aprile ma ormai slittato a maggio, dovrebbe essere prevista un’estensione del bonus affitto introdotto dal decreto “Cura Italia” di marzo. In particolare si starebbe lavorando alla possibilità di concedere il bonus ad altre categorie di immobili non ad uso abitativo precedentemente esclusi. Il bonus affitto 2020 è stato inserito nel decreto “Cura Italia” e consente ai titolari di un contratto di locazione di ottenere un rimborso sul canone del mese di marzo 2020. È infatti previsto un credito d’imposta nella misura del 60% dell’ammontare del canone di locazione di marzo 2020 per i immobili rientranti nella categoria catastale C/1 (negozi e botteghe).  

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