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Alla prova della fiducia

Alla prova della fiducia. Nei prossimi giorni le maglie dei controlli si allargheranno sempre di più perché il pressing di partiti e forze sociali ha obbligato il governo nazionale ad adeguarsi: si apre. Non c’è storia. E allora si va alla prova della della fiducia perché solo i comportamenti responsabili possono aiutare a evitare un’altra impennata di contagiati e di morti. Il governo si è arreso, dunque ora tocca ai cittadini: dopo un anno infatti gli amministratori pubblici hanno dimostrato di non saper gestire una pandemia. L’unica cosa a cui sembra sia servita è mettere in difficoltà questa o quella forza politica. Perché per il resto siamo nella stessa situazione di un anno fa. Nessun piano preciso se non indicazioni vaghe di affidarsi ai dati. Ma se i dati sono confusi, sono confuse anche le regole. Ecco allora che resta solo la fiducia. Magari è poco, ma è qualcosa da cui ripartire perché il Paese era messo già male prima, ora è socialmente un caso umano. I risparmi sono saltati così come la solidarietà tra generazioni o componenti sociali. Niente più medici eroi, ma molotov contro i centri vaccinali. In un anno si è ribaltato tutto. Eppure eccoci qui, con l’eterno ritorno del presente: per quanto la situazione sia dura, è lì e in qualche modo bisogna viverla. Allora speriamo che ci sia ancora fiducia e capacità di meritarla.

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Già finita la pace di Draghi

Già finita la pace di Draghi. In questi giorni abbiamo dubitato, ergo siamo stati forse più saggi di chi si entusiasmava per il governo Draghi. L’unico modo in cui tutto può funzionare bene è se si smette di discutere, ma non sarebbe più democrazia. Invece il salvatore della patria, l’ennesimo, rischia di non salvare un tubo perché a Roma si discute di sottosegretari. Renzi essendo furbo lo avrà immaginato e infatti dopo aver ribaltato il tavolo si è tolto dal mazzo. Intanto gli altri si scannano per avere presidenti di commissioni e sottosegretari nel nuovo governissimo della ripresa e resilienza nazionale. Ma è già finita la pace di Draghi: da giorni si discute di caselle e per giorni si continuerà a parlarne. Nel frattempo c’è un mondo fuori da considerare: al vaccino, ma pure ai cittadini, non importa un fico secco se c’è tizio o caio in questa o quella casella perché in teoria chi partecipa al governo è d’accordo sull’essere d’accordo. Dunque perché dovrebbe essere diverso se come sottosegretario c’è uno della Lega o di LeU? In teoria è tutto uguale, dunque perché si perde ancora tempo? Uno dei problemi del governo Conte era la lentezza: continuavano a fare bei discorsi senza concludere le cose. Tanto che aveva buttato sei mesi in chiacchiere invece che prepararsi alla seconda ondata. Ma con Draghi la situazione è esattamente la stessa di prima: si parla. Invece di avere un reale e realistico piano di vaccinazione che corre, abbiamo servi e servetti che corrono tra i palazzi per mettere d’accordo i potenti e potentini. Uno spettacolo disarmante. Ecco allo che il “governo della truffa” si presenta male. Anzi, malissimo.

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