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Elezioni: lista Cappato presenta ricorso d’urgenza

La lista Referendum e Democrazia di Marco Cappato ha presentato un “ricorso” al Tribunale di Milano per ottenere un “provvedimento d’urgenza” sull’ammissione della lista stessa nelle circoscrizioni della Lombardia per le elezioni del 25 settembre, dopo che la Corte d’Appello e poi la Cassazione hanno deciso l’esclusione per la nota questione della presentazione delle firme in formato digitale e non cartaceo. Lo ha spiegato Giovanni Guzzetta, avvocato e professore di diritto pubblico, curatore del ricorso, nel corso di una conferenza stampa on line, alla presenza anche dello stesso Cappato.

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Elezioni: sorteggiato l’ordine dei simboli nelle schede

E’ stato sorteggiato oggi in Corte d’Appello a Milano l’ordine di apparizione dei simboli delle liste che compariranno nelle schede elettorali per i collegi di Camera e Senato della Lombardia in vista delle elezioni del 25 settembre. In particolare, per quanto riguarda le quattro circoscrizioni della Camera in due di queste, Lombardia 2 e Lombardia 3, al primo posto figura la lista Vita, fondata dalla deputata Sara Cunial, mentre in prima posizione nel collegio Lombardia 4 figura la coalizione di centrosinistra, con Pd, Impegno Civico, Verdi-Sinistra Italiana e +Europa, e nel collegio Lombardia 1 apre l’elenco Italexit, la lista di Gianluigi Paragone. Sempre in Lombardia 1 il centrodestra, con Lega, Fdi, Forza Italia e Noi Moderati, è l’ultimo della fila, al nono posto, mentre Azione-Italia Viva di Calenda e Renzi è al secondo posto. Il movimento 5Stelle, invece, è in terza posizione in due collegi, Lombardia 2 e Lombardia 3. In quest’ultimo il centrodestra è un posto sopra, al quinto, rispetto al centrosinistra. Sempre per la Camera, infine, la circoscrizione Lombardia 4 è la più affollata con 11 spazi occupati, tra coalizioni e singole liste, nella scheda elettorale. ANSA

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Elezioni: per ora a Milano presentate otto liste

Sono otto i partiti o movimenti che oggi hanno depositato alla Corte d’appello del Tribunale di Milano le liste per le elezioni politiche del prossimo 25 settembre. Tra loro anche il M5s. Nessuna sorpresa per i pentastellati: Giuseppe Conte è il capolista per la Camera in entrambi i collegi plurinominali della circoscrizione Lombardia 1, Alessandra Todde la capolista nel collegio1 della circoscrizione Lombardia 2. In lista anche il fratello di Giorgio Sorial, Samuel Sorial, e quello di Stefano Buffagni, Davide Buffagni. Nel pomeriggio sono arrivati anche i delegati del partito fondato da Gianluigi Paragone, ItalExit, che corre in tutti i collegi della Lombardia. I primi a depositare le candidature sono stati i Gilet arancioni, con l’ex generale Antonio Pappalardo che corre in 5 collegi plurinominali. Semaforo verde anche per le liste del Popolo Partite Iva, di Free e del partito animalista – Ucdl, Unione per le Cure, i diritti e le libertà. Depositate le candidature anche di Unione Popolare con il leader Luigi De Magistris, capolista alla Camera nel proporzionale nel collegio Lombardia 1. Infine, anche gli esponenti di Vita, il partito dell’ex deputata pentastellata Sara Cunial, hanno ufficializzato le candidature per la Lombardia. ANSA

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Elezioni: i primi manifesti sono di Giorgia Meloni

I primi manifesti di quella che sarà una campagna elettorale ‘lampo’ in vista del 25 settembre comparsi a Milano sono di Giorgia Meloni: ‘Pronti a risollevare l’Italia’ dicono, sotto il primo piano della leader di Fratelli d’Italia, vestita di un sorriso smagliante. Campeggiano in via Melchiorre Gioia e in viale Lunigiana, in zona Stazione Centrale, a due passi dalla sede di Regione Lombardia, altro terreno di battaglia che vedrà cittadini alle urne nel 2023, la cui presidenza è in mano al partito di Matteo Salvini da oltre dieci anni. Per ora comunque si pensa alle politiche: la leader di Fratelli d’Italia batte tutti sul tempo e fa capolino con le sue bandiere nel capoluogo lombardo. Ancora vergini da cartelloni e slogan sono le altre zone della città, tra cui il centro storico, porta Venezia e Buenos Aires, porta Romana e Navigli. ANSA

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La surreale situazione del centrodestra che perde vincendo

La surreale situazione del centrodestra che perde vincendo. Perché l’ultima tornata elettorale si è chiusa positivamente ai numeri secondo la matematica: 58 comuni vinti a 38 per il centrodestra. Eppure tutti considerano l’ultima consultazione una vittoria del centrosinistra. Un paradosso messo in luce dal parlamentare milanese di Fratelli d’Italia Marco Osnato che ha pubblicato una tabella di YouTrend per chiarire la situazione agli elettori. L’unica vittoria è quella simbolica  della sinistra che riesce a strappare roccaforti storiche come Verona alla destra grazie le divisioni della destra stessa. O di una Monza dove l’apparentamento con i radicali ha probabilmente allontanato tutto il voto cattolico in una città dove conta ancora molto. E tra l’altro il Partito democratico può affermare, come si è affrettato qualcuno a dire, che in realtà la sinistra va meglio senza il Movimento 5 Stelle. D’altronde se non avessero partecipato al continuo assalto culturale al Movimento forse non sarebbe così. Intanto a guardare i numeri riproposti da Osnato, la crescita del Pd è soprattutto a scapito delle liste civiche: il centrodestra infatti conferma 54 sindaci su 58 totali che ne ottiene. Mentre sono le civiche che passano da 31 a 23. Lo spostamento al centro dunque premia il Pd che aggiungendo i Comuni in cui va in coppia con i 5 Stelle arriva alla ragguardevole somma di 53 Amministrazioni conquistate. Sempre 5 indietro, ma La surreale situazione del centrodestra che perde vincendo resta. Così come la guerra interna si ripropone con virulenza maggiore, perché chi vince nel 2023 vince almeno fino al 2030: chi governa l’Italia e la Lombardia nei prossimi 5 anni sarà stabilmente al centro della scena come solo Renzi dopo aver gestito la fase 2015. Alla fine chi ne uscirà in piedi nella sfida tra capi e capetti delle nuove destre?

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Scommettiamo che Putin non invade nessuno?

Scommettiamo che Putin non invade nessuno? Perché la grandissima preoccupazione che continua a rimbalzare grazie agli opinionisti-giornalisti è l’imponente manovra militare russa dentro i propri confini. Gli americani hanno soffiato sul fuoco di queste preoccupazioni dando l’ordine di evacuare le famiglie dei diplomatici in Russia, ma sembra più la conseguenza della fase coniglio che stanno attraversando. Perché stranamente tutta questa attenzione viene spinta dall’ansia di avere presto un nuovo presidente della Repubblica, come se eleggere uno qualunque in cinque minuti fosse l’idea migliore proprio perché sussiste un rischio guerra. Surreale, ma vero. Surreale perché sembra perfettamente normale che l’esercito russo si eserciti dentro i propri confini. E come ha sottolineato Putin, sarebbe insensato invadere con 100mila uomini un Paese da 45 milioni di abitanti come l’Ucraina. Gli inglesi ci hanno provato in India e abbiamo visto come è andata a finire con Gandhi. Ma ancora più grave è il non citare defender europe, la poderosa operazione da 30mila soldati organizzata nel 2020 dalla Nato proprio ai confini con la Russia. Ora non si capisce se un’alleanza mondiale si allena alla guerra contro di te un anno deve essere tutto normale, mentre se tu l’anno dopo di alleni a difenderti deve essere un’emergenza. E’ il gioco degli Stati: finché non sei in guerra, ti alleni a farla. Altrimenti sei la Costa Rica. E allora scommettiamo che Putin non invade nessuno? Perché sembra tanto l’ennesimo argomento per eterodirigere le sorti degli italiani. Invece devo ammettere che stimiamo l’attuale classe dirigente perché i veri decisori non hanno lasciato filtrare niente agli innumerevoli opinionisti-giornalisti. Segno che sanno tenere la bocca cucita e il cervello acceso quando si tratta di questioni importanti. E visto che tra Salvini, Meloni, Letta, Renzi e altri non ci sono anziani, sembra esserci speranza di una politica seria nei prossimi decenni. Perché il punto per chi gestisce le cose non deve essere far felice qualche editorialista di lusso. Le analisi vanno bene, ma sono opinioni. Oggi semmai abbiamo avuto la dimostrazione da questa nuova politica che certi super stipendi di “analisti” (cioè gente pagata profumatamente solo per dirci di che ha parlato a Capalbio con gli amici) non servono a trovare notizie. E forse per molti giornali, che dovrebbero appunto trovare notizie, sono un lusso da pensionare.

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