Civica AmbientaLista: contro la cementificazione diffusa, vogliamo preservare il verde e l’identità dei quartieri di Milano. Marina Romanò, storica attivista del comitato “Che ne sarà di Città Studi?” e candidata al consiglio comunale e al Municipio 3 con la Civica AmbientaLista per Gabriele Mariani sindaco, propone una riflessione sulle elezioni comunali milanesi spiegando i motivi della nascita della lista radicata nell’attivismo civile e ambientale. Siamo entrati nel rush finale di una campagna elettorale piuttosto debole, probabilmente fiaccata anche lei dal Covid (!), che vedrà ulteriormente aumentare il partito consistente degli astensionisti. Tra coloro che non si recheranno alle urne ci sono quelli da sempre ideologicamente contrari a contaminarsi con le istituzioni e quelli semplicemente indifferenti alla vita politica; ma se la percentuale di chi non crede più al voto è in continua crescita, è lecito pensare che la causa principale la si possa ritrovare nella frase di Saramago “Con il voto possiamo cambiare un governo, non possiamo cambiare il potere” (Saggio sulla lucidità, 2004). Se applichiamo il principio alle amministrative possiamo tranquillamente dire “Con il voto possiamo cambiare un sindaco, non possiamo cambiare il potere”. Quale potere? Quello dei soldi, della finanza, di tutti quegli operatori privati, banche e assicurazioni, fondi immobiliari che determinano il mercato, laddove il concetto di redditività prevale su quello di bene comune e benessere pubblico. Le istituzioni cittadine, che siano di centrodestra o centrosinistra, sono sempre più deboli e assoggettate a questo potere. Tanto è vero che lo slogan “cementodestra/cementosinistra” è entrato nel linguaggio di molti milanesi delusi da questa Amministrazione. Se si facesse il gioco “trova le differenze”, in ambito urbanistico e verde cittadino, non so se se ne troverebbero. Si costruiva tanto prima con le giunte di centrodestra, si è continuato a costruire tantissimo dopo, con le giunte di centrosinistra, con un consumo di suolo, ovvero cementificazioni di aree verdi naturali, che è in progressivo aumento. Verrebbe quasi da pensare che l’aumento di consumo del suolo influisca sull’aumento dei non votanti, stanchi di sentire parlare di Verde, di transizione ecologica, di sostenibilità e riduzione dell’impatto ambientale, e poi assistere impotenti (anche perché davanti alla polizia in tenuta antisommossa, come è successo il 2 gennaio 2020 per l’abbattimento del parco Bassini, non si può che essere impotenti), alla distruzione sistematica di aree verdi e alla costruzione forsennata di nuovi edifici, torri e grattacieli. Alla quantità di cemento che sta invadendo Milano, con prezzi stratosferici al mq, si affianca il problema della perdita di qualità urbana e della sempre minore inclusività, carenze che già stanno facendo sentire i loro effetti sulle relazioni e sulla coesione sociale. Questi sono i fatti concreti; poi abbiamo dall’altra parte una propaganda senza pari, amplificata dai mezzi di informazione ugualmente proni allo stesso potere cui è prona la politica. Dato che il modello Milano non può permettersi di sgretolarsi davanti a una epidemia sanitaria, e Milano non si ferma (altro tormentone), la città ci viene presentata, soprattutto ora in campagna elettorale, sempre più green, cool, smart, dinamica, sostenibile, inclusiva, ecologica, e potrei continuare. Parole dal sapore concreto, attuale, vivace, competente. Ma, come nella favola di Andersen “I vestiti dell’imperatore” se si analizzano queste parole plasmabili, non certo nuove nell’aspetto, ma nel modo in cui vengono usate, ci accorgiamo che chi ce le propone e propina in modo martellante ogni giorno sui social e sui media non ha niente addosso, sono parole che si tingono di nulla, evaporando in una scintillante vacuità. Sono parole che si consumano, date in pasto ai cittadini, considerati consumatori. Ed è così che buona parte degli alberi della “verdissima” campagna ForestaMi non ce la fa a sopravvivere perché manca la manutenzione e non hanno acqua, gli alberi del parco Bassini vengono tutti abbattuti, nel silenzio di Sala, iscritto ai Verdi Europei, a San Siro si vuole costruire un nuovo stadio sacrificando un’area pubblica di 5 ettari di verde profondo, il futuro dei 1.300.000 mq degli scali ferroviari, di proprietà pubblica, sono oggetto di speculazione edilizia, e da Crescenzago alla Goccia, al Ticinello, a piazza d’Armi, piazza Baiamonti, Benedetto Marcello, è tutto un pullulare di comitati a difesa del territorio. Il problema della casa e degli affitti è sempre più una piaga sociale che aumenta le diseguaglianze. Ogni spazio vuoto e aperto deve essere forzatamente riempito, adibito a luoghi dove consumare, senza lasciare spazio alla creatività dei singoli e alla bellezza del vuoto che saranno i singoli a riempirlo con la loro semplice presenza umana, creando socialità diffusa. Manca ogni tentativo di progettare una visione organica di città basata sulla bellezza, sulla condivisione collettiva, sulla memoria storica. Assistiamo a megatrasformazioni, decise unicamente sulla base della logica del profitto, che vanno a cancellare l’identità di interi quartieri, spersonalizzando luoghi che diventano identici a 1000 altri luoghi nel mondo. La città, con la sua funzione sociale, il suo poter essere accessibile e fruibile da tutti, è una ricchezza di chi la abita e va salvaguardata. E’ molto importante esserne consapevoli. Ho iniziato il mio percorso di attivista civica mossa dall’indignazione per decisioni insensate e calate dall’alto che riguardavano il mio quartiere, Città Studi. Ho assistito e preso parte a dei veri e propri teatrini in sedi istituzionali, a una mancanza totale di visione urbanistica, a una partecipazione cittadina farlocca, a una nostra critica costruttiva – quanto abbiamo studiato! –, ma che è stata volutamente ignorata quando non delegittimata. O si è d’accordo con quanto già deliberato, o si diventa trasparenti, invisibili. E poco conta se, magari, quelli che ti considerano oggi avversario sono gli stessi che hai sostenuto e votato: come contenere allora la delusione per questa politica gattopardesca, le aspettative tradite e quel senso di profonda frustrazione che ne deriva? Siamo in tanti, e di tanti comitati, a essere militanti, indignati, a sentirci frustrati, e a essere considerati invisibili quando va bene, o quelli che sanno dire solo NO, quando ci si vuole attaccare. Tra di noi ci siamo riconosciuti, ci siamo uniti in una “Rete dei comitati milanesi e della città metropolitana” e alcuni hanno dato vita