elezioni

Sala: non temo nessuno

“Se potrò farlo io perché ho le motivazioni, la forza, la salute per farlo credo che, con un po’ di arroganza, nessuno come me può farlo ma devo sentirmi in condizione per prendere questa sfida”. Così il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha parlato della decisione se correre per un secondo mandato nel corso della trasmissione radiofonica ‘Non Stop News’ su Rtl 102.5. “Io voglio essere sicuro di essere carico, pieno di energia, convinto, di essere la persona migliore, non mi preoccuperei proprio per niente di chi mi mettono contro – ha aggiunto – Se io sono convinto vado avanti a testa bassa, ma voglio sentirmelo dentro. Anche perché non ho un piano B, non mi vedo in altri ruoli, il mio piano rimane ed è stato fare bene il sindaco di Milano”. “Sono innamorato di Milano e dell’Italia e a volte ho i miei dubbi e alcuni giorni fa ho detto che non so se mi ricandiderò, ma questa è dichiarazione d’amore per Milano perché voglio il meglio”, ha concluso. ANSA

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Majorino prossimo sfidante di Fontana?

Majorino prossimo sfidante di Fontana? La domanda è lecita dopo aver visto le reazioni della politica lombarda nelle ultime due settimane. Pierfrancesco Majorino si era trasferito in Europa tra gli applausi di tutti, perché persino il centro destra preferiva non averlo in giro. L’ex assessore al Welfare sapeva muovere migliaia di persone a ogni manifestazione ed era l’unico a rappresentare una sinistra plausibile a differenza dell’ex direttore generale del Comune che abbiamo a Palazzo Marino. Sala era il simbolo dell’Italia che non cambia mai, mentre Majorino “l’uomo del popolo”. E un personaggio con le spalle larghe, a differenza di Beppe “l’Onesto”: la sua fu l’unica vera candidatura in opposizione a Sala durante le primarie del Partito democratico per scegliere il candidato sindaco. Perse, ma rimase come rappresentante della sinistra milanese, visto che Sala può rappresentare al massimo il lato sinistro di Montenapoleone o di via Goito. Quando se ne andò in Europa tutti, sinistra e destra, stapparono una bottiglia di quello buono, perché Majorino si può contestare, ma non ignorare. Come invece accade alla maggior parte degli sconosciuti seppur eletti che militano nella sua parte. Oggi però Majorino torna a farsi sentire e tutti tremano perché quando l’europarlamentare ha lanciato la campagna di “vendetta per le rsa” su Facebook, in pochissimi giorni tutti hanno risposto. E non solo i suoi: tutte le opposizioni hanno capito che era l’occasione per combattere un predominio ultra decennale della destra al governo in Lombardia. Proprio l’emergenza, grazie alla campagna di Majorino “Verrà il giorno” (che riprende il “Verrà un giorno” di Fra Cristoforo ne “I promessi sposi”), potrebbe essere l’occasione storica della sinistra: se il centro destra non saprà dimostrare di essere davvero classe dirigente di qualità, potrebbero pure vincere la sfida. Un conto è governare una macchina impostata da altri nella normalità, un conto è nell’emergenza, e nelle ultime settimane da Regione qualche cigolio si è sentito. Ora tutte le opposizioni in Regione hanno sottoscritto l’iter per avviare una commissione d’inchiesta la domanda è lecita: Majorino prossimo sfidante di Fontana? Inutile negare che la spinta politica per una simile mossa è arrivata dal “popolo di Majorino”, visto che di gente in Regione con un popolo alle spalle ce n’è poca. Chi saprà reggere l’urto dell’onda sollevata dai sinistri milanesi? C’è davvero qualcuno a Palazzo Lombardia con le spalle abbastanza larghe? Perché al momento Fontana pare aver scaricato le eventuali colpe sui tecnici, ottenendo in un colpo di inimicarsi chi lavora con lui e di confermare i sospetti sulla dubbia utilità della politica attuale: se tanto dobbiamo solo seguire le indicazioni dei tecnici senza che gli eletti decidano nulla, a cosa ci servono gli eletti? Perché costicchiano, per usare un eufemismo, ma gli italiani (lombardi compresi) non hanno davvero più soldi da buttare.

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Elezioni INPGI: intervista a Massimo Alberizzi

Elezioni INPGI: intervista a Massimo Alberizzi. Le elezioni della cassa previdenziale dei giornalisti stanno animando quella parte della categoria interessata ai propri destini. Oggi infatti si chiudono le votazioni online, ma sarà possibile votare anche nel fine settimana nei seggi regionali, anche se per il momento hanno votato percentuali molto basse degli aventi diritto: tra il 19 e il 10 per cento a seconda delle varie categorie. Eppure i conti sono preoccupanti e le condizioni della cassa sono terminali: a quanto dicono vari candidati c’è la seria possibilità che l’INPGI debba chiudere. Ne abbiamo parlato con Massimo Alberizzi, storica firma del Corriere e candidato della lista SOS INPGI. Come mai avete chiamato la lista così? Se abbiamo creato questa coalizione con Senza Bavaglio come perno è perché nell’INPGI al momento non c’è trasparenza Quindi la prima cosa che farete sarà portare trasparenza? Sì vogliamo aprire gli armadi, non perché pensiamo che ci siano state irregolarità nei conti, ma vogliamo capire come sono stati spesi i soldi: ad esempio se sono stati spesi per cene o per aumentare la pensione ai giornalisti La categoria in effetti è in crisi nera Dal 2004 al 2014 i contratti sono stati devastanti, d’altronde se permetti all’editore di precarizzarti perché lui poi dovrebbe assumerti? Ma torniamo all’INPGI, in particolare dove vedete la mancanza di trasparenza? Ad esempio nell’immobiliare: a parte che gli attuali amministratori avevano fissato un obbiettivo economico per la valorizzazione del patrimonio e sono arrivati alla metà, ma poi la gestione degli immobili è passata a un fondo, ma quando abbiamo chiesto i conti hanno opposto il segreto commerciale, eppure in teoria siamo i proprietari… Ma è vero che volete passare all’INPS? I nostri avversari stanno conducendo una campagna con notizie false: noi non vogliamo passare all’INPS, vogliamo solo capire se dobbiamo perché la situazione dei conti è così grave che potremmo dover essere costretti. Alcuni non si rendono conto che se la cassa va in default l’unica pensione che rimarrà è quella sociale alla quale abbiamo diritto grazie alla Costituzione

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#sindacodiMilano2021 che ne pensate della Sardone?

Ne ha fatta di strada Silvia Sardone da quando era “la passionaria del quartiere Adriano” e anche se gli impegni europei l’hanno allontanata dalla nostra città, proiettando la sua comunicazione su temi di politica nazionale e internazionale, il suo rimane un profilo prettamente meneghino. La sua candidatura sarebbe il sogno (nemmeno tanto) proibito di alcuni dirigenti e di una grossa fetta dell’elettorato leghista cittadino. Nonostante la giovane età ha alle spalle una lunga carriera politica, in buona parte svolta nelle file di Forza Italia. Dopo l’esperienza nel settore giovanile di Forza Italia e la nomina a Coordinatrice di Sesto San Giovanni, nel 2006 viene eletta per la prima volta nel Consiglio di Zona 2 dove rimane fino al 2016, passando per una rielezione nel 2011. Nel 2016 entra nel Consiglio Comunale di Milano ottenendo 2.336 preferenze. Nel 2018 viene eletta in Consiglio Regionale ottenendo 11.312 preferenze, risultando la donna più votata dell’intera Lombardia e la seconda in assoluto per numero di voti. Nell’estate del 2018 decide di lasciare Forza Italia, dichiarando di non riconoscersi più nelle politiche portate avanti dal partito a livello nazionale e aderisce al Gruppo Misto sia in Comune sia in Regione. Nel maggio 2019 viene eletta al Parlamento Europeo nelle liste della Lega con circa 45.000 preferenze. Sono una donna come tante, una mamma milanese che cerca di districarsi tra famiglia e lavoro. Ho due splendidi bambini. Sono nata il giorno di Natale del 1982, anno in cui l’Italia ha vinto i mondiali di calcio. Vivo nella periferia di Milano, con orgoglio e tanta voglia di vederla riqualificata. Mi sono laureata a pieni voti in Giurisprudenza nel 2007 in Bocconi, con grossi sacrifici dei miei genitori, i quali non facevano le vacanze per mantenermi gli studi. Ho sempre lavorato mentre studiavo, per non pesare troppo sulle loro spalle. Ho anche viaggiato molto e studiato all’estero, tutte esperienze utili perchè ho visto cosa c’è fuori dal mio Paese. Nel mio lavoro mi occupo di diritto del lavoro e relazioni industriali, concentrandomi soprattutto nelle relazioni sindacali. Non ho mai smesso di studiare e ho conseguito un Master in Business Administration al Politecnico di Milano. Amo il diritto del lavoro perchè credo che l’attività lavorativa dia dignità ad una persona e per questo deve essere garantita e tutelata, così come lo deve essere l’impresa e l’imprenditore che rischia con il proprio patrimonio tutti i giorni per inseguire il suo sogno. Dalla sua ha qualche nome importante che la “spinge”, un buon sostegno popolare e una macchina propagandistica che a livello locale è seconda solo a quella di Salvini. Contro, le poche esperienze amministrative: dal maggio 2010 a luglio 2012 è stata consigliere di amministrazione e poi (dal settembre 2012) presidente di Afol Metropolitana, concludendo l’esperienza nel 2014 in modo abbastanza controverso, l’essere sempre stata all’opposizione (salvo la breve esperienza come Consigliere Regionale) e i rilievi che alcuni storici esponenti del Carroccio potrebbero sollevare vista l’adesione al partito fatta solo di recente. Fattori come questi però non l’hanno mai preoccupata e nel tempo ha sempre dimostrato di essere capace di raggiungere i propri obiettivi anche contro tutto e tutti. Se le sarà data l’opportunità e vorrà correre, state pur certi che lo farà. Precedenti: #sindacodiMilano2021 che ne pensate di Gallera? #sindacodiMilano2021 che ne pensate di Giachetti?  

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#sindacodiMilano2021 che ne pensate di Gallera?

Nel 2016, fino a pochi giorni prima che da Arcore arrivasse l’indicazione di Stefano Parisi, Giulio Gallera era considerato da buona parte del centrodestra il migliore candidato sindaco possibile e ancora oggi sono in molti a chiedersi come sarebbero andate le cose se la scelta fosse caduta su di lui. Liberale purosangue fin da quando frequentava il liceo Vittorio Veneto, è stato rappresentante degli studenti nel Consiglio di Facoltà di Giurisprudenza, nel Consiglio d’Amministrazione dell’Università Statale di Milano e Segretario cittadino dei Giovani Liberali di Milano nel biennio 1992-1993. Nel 1990 fu eletto Consigliere nella circoscrizione 19 (oggi Municipio 7) nella lista del Partito Liberale Italiano e rieletto nel 1993, andando a ricoprire la carica di Vicepresidente del Consiglio di Zona fino al 1995. Nel 1994 è stato tra i fondatori di Forza Italia a Milano e in provincia, partito con il quale ha proseguito la sua carriera politica fino ad oggi. Giulio Gallera, assessore al Welfare. Nato a Milano il 28 aprile 1969. Laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano è iscritto all’Albo degli Avvocati di Milano. Già  Consigliere Comunale e Assessore a Palazzo Marino, dal 2012 è consigliere regionale e poi Presidente della Commissione Speciale per il Riordino delle Autonomie Locali di Regione Lombardia. Nel 2014 sottosegretario alla Presidenza di Regione Lombardia con delega ai Rapporti con la città Metropolitana e al Coordinamento dei Progetti Speciali Afferenti allo stesso territorio, da ottobre 2015 è stato assessore regionale al Reddito di Autonomia e Inclusione Sociale e nel 2016 assessore regionale al Welfare. Nell’XI  Legislatura, il 29 marzo 2018 è stato nuovamente nominato dal presidente Attilio Fontana Assessore regionale al Welfare. Sia la sua carriera politica, sia quella professionale, si sono sviluppate all’ombra della Madonnina. Fra i ruoli non politici che ha ricoperto ci sono quelli di membro del direttivo di ASCE, l’Associazione Europea dei Cimiteri Storici e Monumentali d’Europa, Vice Presidente di Anci Lombardia, membro del Consiglio Direttivo e poi Presidente della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente. Ha quindi dalla sua la lunga esperienza amministrativa, l’apprezzamento di molti politici ed elettori e il non essere mai stato sfiorato da problemi giudiziari, la crisi di Forza Italia gli ha però fatto mancare un partito di peso che possa sostenerlo. Nonostante questo, Gallera ha più volte espresso le sue idee sulla Milano del futuro ed essendo anche un runner di buon livello potrebbe avere ancora gambe e fiato a sufficienza per tentare la corsa alla candidatura. Precedenti: #sindacodiMilano2021 che ne pensate di Giachetti?

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#sindacodiMilano2021 che ne pensate di Giachetti?

#sindacodiMilano2021 che ne pensate di Giachetti? La domanda la poniamo con il linguaggio del digitale, ma è molto reale. Molto. Perché al momento sembrano tutti rassegnati a altri anni di Sala. La discussione è rimandata, quando magari sarà il momento di sedersi e con aria seria concordare sull’oggettivo ed eccessivo ritardo nell’organizzarsi. Noi invece proviamo a scuotere l’ambiente proponendo un nome che ha iniziato a rimbalzare anche sulle bacheche social dei politici locali: Marco Giachetti. Nato nel 1964 a Como, oggi è presidente della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Andrea Pellegrini, ex assessore alla Sicurezza del Municipio 9, lo ha definito “molto leghista”, ma il suo profilo potrebbe essere apprezzato anche dal resto del centrodestra milanese. Ha sicuramente un curriculum meneghino: Laureato in Architettura al Politecnico di Milano nel 1989, l’anno successivo ottiene il Master in Disegno Industriale alla Domus Academy di Milano. Dopo numerose collaborazioni con importanti studi di architettura, riviste di settore e di informatica, e dopo aver partecipato a diverse mostre di design, nel 1993 apre uno studio proprio e l’anno successivo inizia una consulenza per il centro ricerche della Domus Academy di Milano. Nel 1997 fonda lo studio Alberico&Giachetti architetti associati, specializzato in ristrutturazioni e costruzioni civili e industriali, studiando in particolare la realizzazione di spazi per uffici e attività commerciali. Dal 2011 è membro del Consiglio di Amministrazione della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e dal 2016 ne diventa Presidente. Il profilo generale inoltre sembra sposarsi con l’idea di una Milano dinamica e lanciata verso un futuro prospero: il nuovo policlinico è un esempio persino migliore di quelli di cui si è tanto parlato come Gae Aulenti e City Life, perché si tratta di un ospedale. Non una distesa di ristoranti come Expo o grattacieli di uffici di multinazionali. Ma un nuovo ospedale, una struttura per curare le persone. Milano come luogo di cura, potrebbe essere una nuova prospettiva per la città, diversa da quella di una massa di camerieri che serve una massa di manager. Una visione positiva per una città oppressa dal suo stesso successo. Gli ospedali infatti non sono i soli luoghi di cura. La cura si può declinare in tanti modi e Milano e i suoi cittadini ne hanno bisogno.

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