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Sala ha iniziato la campagna e gli altri?

Sala ha iniziato la campagna e gli altri? Spesso si sono accusati i partiti populisti e sovranisti di essere in perenne campagna elettorale, ma altrettanto spesso sono trucchi politici scoperti proprio grazie alla sinistra e alla sua cultura politica. Non crediamo sia un caso che Matteo Salvini abbia cominciato nei comunisti padani. Infatti poi ha proseguito per molti versi su strade simili a quelle dei comunisti novecenteschi. Allo stesso tempo Giuseppe Sala ha tanti difetti, ma ha qualità indiscutibili. E senza dubbio nel mazzo c’è anche la capacità di fare una cosa lasciando intendere che ne sta facendo un’altra. Proprio il suo pallino Expo è ne è stata la dimostrazione: il punto infatti non era la manifestazione in sé, ma l’attenzione internazionale per Milano e per l’Italia. Allo stesso modo, Sala si sta preparando alla sua prossima campagna per la riconferma, con una campagna elettorale permanente: periodicamente si reca in qualche municipio milanese per inaugurare un’area cani o vedere da vicino i poveri di cui qualcuno deve avergli parlato. Il caso, non casuale in realtà, vuole che si tratti sempre di municipi in cui il centro sinistra ha perso. Va a seminare nei quartieri dove la sinistra è stata battuta, per provare a garantirsi una maggiore messe di consensi al prossimo giro. L’ultimo giro infatti era nel Municipio 4 e come sempre Sala si è ben guardato da avvisare anche solo per cortesia istituzionale gli amministratori della zona. Prima ancora era stato a Niguarda, dove può contare anche sugli amici delle cooperative edilizie (gente con patrimonio immobiliari di circa 300 milioni di euro). Passo, passo, porta avanti la sua campagna. Intanto il centro destra sta alla finestra, prigioniero di sé stesso e delle sue contraddizioni. Chi sarà scelto? Stanno tutti sul chi vive perché c’è l’incognita Salvini: il nuovo capo dell’area ne aveva parlato a volte, ma davvero vorrà candidarsi contro Sala? La sensazione a Milano è che perderebbe, ma il vero tema è che senza di lui a destra si sta ancora consumando il passaggio generazionale. Forza Italia di fatto c’è, ma non c’è. Anche pezzi da novanta come Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare, hanno lasciato Arcore per Cambiamo di Toti. E Gallera stesso ha sempre cullato il sogno di diventare sindaco. Paradossalmente essere diventato parte di un partito di centro-destra-destra lo favorirebbe: avrebbe infatti anche i voti dei moderati milanesi che non abbraccerebbero mai Salvini. Di fatto però nessuno ancora si muove. Intanto Sala tesse la sua tela. Ogni giorno che passa dunque è sempre più probabile che Milano avrà altri 5 anni di Sala.  

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Questa volta scegliamo prima l’anti Sala?

Questa volta scegliamo prima l’anti Sala? In questo periodo agostano in cui tutti pensano ai lettini loro e a quelli di Salvini forse è il momento di lanciarsi su pensieri più ampi. Magari non lunghi come l’orizzonte del mare, diciamo quanto basta per dimostrare di aver imparato dagli errori del passato. Per sconfiggere una macchina come quella che sostiene Beppe Sala è necessario cambiare paradigma: l’ultima volta  si aspettarono le settimane a ridosso delle elezioni e ci si basò sugli accordi tra segreterie. Una scelta che non premiò, perché sono accordi fragili, nelle mani di poche persone. Al primo segno di cedimento dei patti, ci si schianta contro le truppe ben organizzate del salismo. Il centro sinistra sa bene di non avere speranze come sé stesso: negli ultimi anni ha sempre vinto con candidati che non rappresentavano il principale partito dello schieramento, il Pd, anzi, vinceva proprio perché Pisapia e Sala si sono presentati come qualcosa di diverso. Certo, qualcosa che senza il Partito democratico non sarebbe andato da nessuna parte, ma ufficialmente era così. Forse anche il centrodestra dovrebbe imparare dagli errori e non riproporre il modello Parisi. Lui sarà anche stata una buona scelta, ma troppo anni Novanta: oggi come oggi non si può cercare un candidato e pomparlo quei due o tre mesi pensando di poter vincere. Bisogna costruirlo, avendo anche il tempo di farlo conoscere agli alleati della coalizione a ai milanesi, al fine di evitare scontri autolesionistici come all’ultimo giro. Creare solide fondamenta in grado di reggere agli scossoni sia prima che dopo. Ma perché sia una scelta giusta forse bisogna imparare dal centrosinistra ma declinato a destra: e se fosse un capo partito a candidarsi? Lo stesso Salvini potrebbe conquistare così davvero un’aura di invincibilità perché i successi alle europee se non confermati durano poco. Chiedete a Renzi.

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Sala, nessuna tentazione nazionale, penso a Milano

Questa mattina, tramite il suo portavoce,  il Sindaco Sala ha chiarito che la frase pronunciata ieri “potrei essere il più adatto perché centrosinistra vinca“, si riferiva unicamente ad un eventuale ricandidatura a Sindaco di Milano. Altre ricostruzioni non hanno alcun fondamento – ha precisato  il portavoce di Sala -, come peraltro si può evincere dalla sua volontà espressa quando dice “la mia via maestra è la ricandidatura” a sindaco.  Una precisazione resasi necessaria dopo che questa mattina i titoli di alcuni giornali parlavano una candidatura del Sindaco a guidare il centrosinistra. Il sindaco, ha quindi pubblicato sulla sua pagina Facebook posta il video nel quale gli sono state fatte le domande all’origine di quei titoli, scrivendo: “Per un minuto parlo delle prossime elezioni milanesi e sottolineando ‘la mia via maestra è la ricandidatura aggiungo, oggi potrei dire che posso essere la persona più adatta affinché il centrosinistra vinca. Poi si continua a parlare di Milano, della mia soddisfazione sui risultati, sul possibile avversario nel centro destra. Siccome la domanda partiva da Zingaretti il titolo di alcuni giornali è: Sala si candida a guidare il centrosinistra e ritiene di essere il candidato migliore. Giudicate voi, a me pare del tutto evidente che l’argomento fosse il mio futuro a Milano. A prescindere da tutto ciò vorrei ribadire una cosa con certezza: se dovessi decidere ora del mio futuro opterei per la candidatura a un secondo mandato, ma come ho più volte detto scioglierò ogni dubbio a settembre 2020“.  

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Mille preferenze per Tatarella, respinta la richiesta di scarcerazione

Ha ottenuto poco meno di mille preferenze alle europee Pietro Tatarella, ex consigliere comunale di Milano finito in carcere lo scorso sette maggio in una inchiesta della Procura su un giro di tangenti. Tatarella si è candidato nel Nord Ovest con Forza Italia e ha ottenuto 996 voti, 465 a Milano probabilmente dati in segno di solidarietà da amici e parenti. Oggi però per lui è arrivata la doccia fredda della notizia che dovrà rimanere in carcere. Lo ha deciso il tribunale del Riesame di Milano che ha respinto la richiesta di revoca della misura cautelare avanzata da Tatarella coinvolto nella maxi inchiesta della Dda milanese. Sono state respinte anche le richieste di revoca di altri due indagati. In particolare, il Riesame col dispositivo della decisione (le motivazioni tra 45 giorni) ha confermato l’impianto accusatorio dei pm Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri, coordinati dall’aggiunto Alessandra Dolci, per il politico di Forza Italia, accusato di associazione per delinquere, corruzione e finanziamento illecito nella maxi indagine con al centro un sistema di mazzette, appalti e nomine pilotate e finanziamenti illeciti guidato, secondo le indagini, dal presunto ‘burattinaio’ Nino Caianiello. Un’inchiesta che vede oltre 100 indagati, tra cui anche Lara Comi, accusata di finanziamento illecito e corruzione.  

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L’ultimo gazebo fra le macerie di Forza Italia

Fin dagli albori della mia esperienza forzista ho sempre guardato con fastidio a certi atteggiamenti da viceré di parte della dirigenza azzurra. Un fastidio aumentato nel tempo con il palesarsi del sospetto che, oltre a pensare solo a conservare i loro privilegi personali, fossero del tutto incapaci di gestire il partito, che governavano solo perché erano riusciti isolare il Presidente Berlusconi, presentandogli una realtà artefatta di cui loro erano i protagonisti positivi. Avrei dovuto convincermi che questo sospetto corrispondesse al vero quando fui parte in causa di come fu gestito il dopo elezioni regionali nel 2018. Allora non pensavo che a Silvia Sardone fosse pronta per un assessorato in Regione Lombardia. Per ottenerlo servono esperienza oltre alle preferenze, ma meritava una ricompensa per il lavoro fatto perché, al netto del sospetto che perseguisse solo  ambizioni personali, aveva portato migliaia di voti a Forza Italia. Una questione che si sarebbe potuta liquidare proponendole fin da subito un’altra carica, in attesa che maturati i tempi sarebbe stato possibile promuoverla al primo rimpasto utile. Fu invece scelta un’altra strada. Dopo averle giurato e spergiurato che sarebbe stata in giunta, continuando a ripeterglielo giorno dopo giorno, poche ore prima della presentazione del governo lombardo, quando si accingeva ad uscire di casa per andare a palazzo Lombardia, fu avvisata da un anonimo funzionario regionale di non presentarsi perché non era nella lista dei nominati. Dalla dirigenza del partito nessuna telefonata, anzi, per giorni si rifiutarono di risponderle per darle spiegazioni. Spiegazioni che non arrivarono mai. Il motivi ovviamente c’erano. I più biechi fra i pensabili: invidia, voglia di rivalsa di chi era incapace di prendere voti come lei e probabilmente rivalità femminili della peggior specie. Si tratta solo del caso più eclatante fra i tanti di persone che portavano acqua al mulino del partito tenute in disparte per il timore minassero l’immeritato potere del “cerchio magico”. Una schiera di uomini e donne che con il passare degli anni hanno deciso di andare altrove o di dedicarsi ad altro, mentre Forza Italia si riduceva sempre più e passava di sconfitta in sconfitta a causa delle discutibili decisioni politiche e strategiche prese da quelli che avrebbero dovuto guidarla alla vittoria, rifuggendo da ogni forma di Democrazia interna sapendo che mai la base avrebbe rinnovato loro la fiducia. E siamo a oggi. Mentre guardiamo le macerie rimaste dopo l’ultimo disastro elettorale, sarebbe ora di chiedersi a chi sia dovuto. A Milano sicuramente a chi dopo provvedimenti giudiziario che ci hanno colpiti all’inizio della campagna elettorale ha pensato solo a come uscirne nel modo migliore, esitando e temporeggiando al punto di nominare un commissario che guidasse la campagna elettorale a soli dieci giorni dal voto. Una persona squisita e volenterosa il Commissario Cristina Rossello, cui ci siamo tutti stretti intorno, ma con poca esperienza e giunta troppo tardi per potere cambiare le cose. Non va certo imputata a lei la colpa dell’insuccesso e nemmeno a noi che siamo stati gettati per strada dodici ore e anche più al giorno, ma molto più probabilmente ai dirigenti, che hanno passato il tempo fra convegni e dibattiti dove non c’era un voto nemmeno a pagarlo, visitando di rado qualche mercato giusto per  farsi un selfie e poi lavarsi le mani con l’amuchina se avevano stretto le mani a troppi poveri. Che fare? Io, con i pochi amici forzisti ancora disposti a farne uno  organizzerò un gazebo per  ringraziare i cittadini che ci hanno rinnovato la loro fiducia. Un ultimo gazebo fra le macerie di Forza Italia poi, o i responsabili si dimetteranno, dando spazio a gente più meritevole, o saremo noi a lasciarli soli al loro destino.  

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Anagrafe elettorale in tilt

Anagrafe elettorale in tilt. Ancora non sanno perché, ma in tutta Milano sono bloccati gli uffici che rilasciano i certificati elettorali. Tilt imprevisto e il Comune ancora non sa di cosa si tratti. A Palazzo Marino stanno cercando di raccapezzarsi, ma di sicuro questa tegola non ci voleva: le elezioni europee sono sentitissime perché c’è in gioco l’equilibrio politico europeo oltre a quello nazionale tra Lega, Movimento 5 Stelle e opposizioni varie. Che sia un attacco hacker o un semplice disguido, si prospetta una due giorni elettorale ancora più calda del previsto. AGGIORNAMENTO1: E’ uscita la prevista nota del Comune: “Per un problema tecnico, le delegazioni anagrafiche non possono rilasciare carte d’identità e certificati elettorali. I cittadini sono invitati a non recarsi negli uffici dell’Anagrafe e attendere successive comunicazioni che saranno fornite nel corso delle giornata.  Il Comune è in contatto col fornitore per risolvere il problema e ripristinare i servizi”. AGGIORNAMENTO2: Iniziano le polemiche elettorali. Marco Osnato, deputato di Fratelli d’Italia,“> ha scritto su Facebook: “Come tanti milanesi oggi sono andato all’Anagrafe per prendere la tessera elettorale poiché la mia è esaurita.  SORPRESA!!!!! …blocco informatico in tutti gli uffici comunali e chissà se e quando potremo averla…forse oggi pomeriggio, forse domani, magari lunedì ???!!! Questa è la metafora di come viene amministrata questa città: lustrini in piazza duomo, articoli e trasmissioni compiacenti eppoi anche le cose più banali non funzionano!!!! #lamilanodiSala #modellomilano #chevergogna”.  

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