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Nuova politica agricola comune e transizione digitale

Nuova politica agricola comune e transizione digitale (di Filippo Moreschi, avvocato e Responsabile Osservatorio AIDR “Digital Agrifood”). Lo scorso 6 dicembre è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2021/2115 che, insieme ai Regolamenti nn. 2021/2116 e 2021/2117, pubblicati lo stesso giorno, andrà a disciplinare la Politica Agricola Comunitaria per il periodo 2023-2027. Il Reg 2115 è intitolato “Norme sul sostegno che i piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga i regolamenti (UE) n. 1305/2013 e (UE) n. 1307/2013”. Scopo del regolamento è dunque normare e disciplinare le misure di sostegno all’agricoltura comunitaria, indicando in particolare gli obiettivi ed i criteri a cui devono attenersi i Piani Strategici Nazionali, strumenti interni di attuazione della politica agricola comune, che, demandati agli Stati quanto al contenuto, sono tuttavia disciplinati nel Titolo V (artt. 104 e ss). Si tratta di un regolamento molto strutturato, frutto della complessità della materia che si va a regolare e di un lungo confronto e dialogo tra le Istituzioni ed i principali attori del settore. Si tratta, altresì, di norme che dovranno essere integrate e specificate da altre norme europee (i regolamenti della Commissione UE, c.d. “regolamenti dei regolamenti”) o da norme o provvedimenti dei singoli Stati, in forza della competenza c.d. concorrente Unione-Stati che all’agricoltura è riservata dall’art. 4 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea. Vediamo, in breve, qual è l’attenzione che questo documento dedica allo sviluppo digitale dell’agricoltura. Fin dal “considerando” n. 1), l’Unione Europea conferma l’attenzione per la modernizzazione e la sostenibilità del settore agricolo, compresa quella economica, sociale, ambientale e climatica delle zone rurali. Obiettivi di tutela dell’agricoltura a conduzione familiare (considerando 24) e di implementazione di forme di cooperazione e di promozione delle filiere corte (considerando 25) si legano indissolubilmente all’attenzione per la qualità dei prodotti, la sicurezza alimentare e la salute dei consumatori, da un lato, e la preservazione della biodiversità e delle zone rurali dai cambiamenti climatici (considerando nn. 24, 25, 26, 29, 30). Nel corpo normativo vero e proprio, invece, gli articoli 5, 6 e 7 elencano e definiscono gli obiettivi generali (sviluppo sostenibile, tutela dell’ambiente, sostegno alle zone rurali), quelli specifici (tra cui l’innovazione e la competitività delle aziende agricole, anche sotto il profilo della digitalizzazione e dello scambio e condivisione delle informazioni). L’art. 7 definisce i criteri valutativi degli esiti (indicatori di impatto e di risultato) che vengono declinati nell’allegato I del Regolamento. Per il raggiungimento degli obiettivi del regolamento, il considerando 23) menziona testualmente la ricerca e l’innovazione, “al fine di esplicare il ruolo polifunzionale dell’agricoltura, della silvicoltura e dei sistemi alimentari dell’Unione, investendo nello sviluppo tecnologico e nella digitalizzazione, nonché migliorando la diffusione e l’efficace utilizzo delle tecnologie, segnatamente delle tecnologie digitali, e l’accesso a conoscenze imparziali, solide, pertinenti e nuove intensificando la loro condivisione”. È significativo, tra l’altro, che proprio il primo degli indicatori di cui all’allegato I del Regolamento riguardi proprio l’ “Ammodernamento del settore agricolo e delle zone rurali”. Esso deve essere attuato “promuovendo e condividendo le conoscenze, l’innovazione e la digitalizzazione nel settore agricolo e nelle zone rurali e incoraggiandone la diffusione da parte degli agricoltori, attraverso un migliore accesso alla ricerca, all’innovazione, allo scambio di conoscenze e alla formazione”. L’allegato codifica quali indicatore di risultato quello di “Migliorare le prestazioni mediante la conoscenza e l’innovazione: numero di persone che beneficiano di consulenze, formazione, scambio di conoscenze o partecipano a gruppi operativi del partenariato europeo per l’innovazione (PEI) sovvenzionati dalla PAC al fine di migliorare le prestazioni sostenibili a livello economico, sociale, ambientale, climatico e di efficienza delle risorse”. Uno degli strumenti che permetterà di raggiungere tale risultato è costituito dai servizi di consulenza aziendale previsti dall’art. 15 del Regolamento: organizzati dagli Stati membri, coprono “gli aspetti economici, ambientali e sociali, tenendo conto delle pratiche agronomiche esistenti, oltre a fornire informazioni scientifiche e tecnologiche aggiornate, sviluppate tramite progetti di ricerca e innovazione, anche per quanto riguarda la fornitura di beni pubblici”. Tra i contenuti minimi dei servizi di consulenza sono indicate “le tecnologie digitali nell’agricoltura e nelle zone rurali”. Il redigendo Piano Strategico Nazionale (il cui termine di presentazione alla Commissione è fissato per il 31 12 2021) ha il compito di individuare gli operatori del settore agricolo coinvolti nei servizi di consulenza, che si coordineranno in una rete denominata AKIS (Agricultural Knowledge and Innovation System – sistema di conoscenza ed innovazione in campo agricolo). Questa attenzione per le nuove tecnologie non emerge soltanto, nel testo del regolamento, dove si parla espressamente di digitale, ma anche in quelle disposizioni che mirano a premiare gli agricoltori che, nella loro azienda, si impegnano ad esempio ad applicare buone pratiche benefiche per il clima, l’ambiente ed il benessere animale. Ad esempio, l’art. 31 istituisce e regola il sostegno alle azioni, tra le altre, per un uso sostenibile e ridotto dei pesticidi, la protezione delle biodiversità e la prevenzione del degrado del suolo, ed è evidente che molte delle tecnologie che permettono di raggiungere tali obiettivi sono digitali o si sviluppano su piattaforme digitali. Lo stesso discorso vale per quei settori ai quali il regolamento dedica specifica attenzione, come quello dell’olio, del vino, dei prodotti ortofrutticoli, del luppolo, l’apicoltura, ecc. (Titolo III, Capo III, artt. 42 e ss). Per questi àmbiti, specificamente, il sostegno, garantito dal FEAGA – Fondo europeo agricolo di garanzia, può assumere la forma del rimborso dei costi effettivamente sostenuti o dei costi unitari, un rimborso forfettario oppure un finanziamento a tasso fisso. Con riguardo agli interventi previsti per lo sviluppo rurale (Titolo III, Capo IV), finanziati dal FEASR- Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, specifica attenzione è dedicata agli impegni in materia di ambiente, di clima e di gestione, ove si migliorino le prestazioni rispetto ai requisiti minimi previsti dalle norme unionali e nazionali (art. 70). Significativo della prospettiva in

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Smart Contracts, Blockchain e agricoltura: un’alleanza contro i cambiamenti climatici

Smart Contracts, Blockchain e agricoltura: un’alleanza contro i cambiamenti climatici di Filippo Moreschi, avvocato e Responsabile Osservatorio AIDR “Digital Agrifood” Uno dei caratteri maggiormente significativi della c.d. “Data driven agriculture” è il suo doppio profilo “interno” ed “esterno”. Interno, per ciò che riguarda i dati inerenti la produzione, la sicurezza e la tracciabilità dei processi e dei prodotti agroalimentari. Nella prospettiva originaria della “Data driven agriculture”, infatti, i dati raccolti su scala aziendale servono per migliorare le performance dell’impresa, fornire un prodotto qualitativamente e quantitativamente migliore e sicuro e ridurre le due principali minacce per il settore agricolo: l’esposizione ai rischi legati alle condizioni atmosferiche e gli sprechi di prodotto. Purtuttavia, l’azienda dialoga con il mondo esterno, incontra e incide sulle matrici ambientali, adopera risorse consumabili e, in una cera misura, inquina. Ecco dunque che ancora nel 2018 la FAO, facendo riferimento ai dati strettamente “di campo” come i valori e la composizione di sostanza nutritiva del suolo, l’uso dei fertilizzanti, delle sementi e dell’acqua, parlava di dati aziendali “localized” da condividere con altri soggetti (“shared with others”) esterni all’azienda. Si sottolineava il carattere quasi pubblicistico di questi valori, che devono contribuire, insieme a quelli di tutti gli altri operatori, alla difesa dell’ambiente ed alla lotta ai cambiamenti climatici. Si tratta di quei dati, nati in azienda, che confluiscono nelle indagini statistiche, nelle determinazioni governative, nelle politiche, nelle decisioni delle associazioni di produttori. Già da alcuni anni, inoltre, il World Economic Forum esplora l’utilità della blockchain e degli smart contracts nella lotta al cambiamento climatico. Lo studio “Building Blockchains for a better planet” (2018) declinava l’utilità di queste tecnologie nel sostegno ad economia circolare, controllo dell’inquinamento, prevenzione dei disastri, verifica della sostenibilità di nuova generazione, aiuto alle aziende a migliorare le proprie performance ambientali. Si riteneva che un sistema decentralizzato interoperabile avrebbe potuto consentire la condivisione di informazioni e transazioni automatizzate rapide tramite smart contracts. Lo stesso World Economic Forum sembra dare seguito, oggi, a queste previsioni. In un articolo apparso lo scorso 30 giugno a firma di Adelyn Zhou vengono illustrate alcune applicazioni sperimentali degli smart contracts e della tecnologia blockchain nella lotta al cambiamento climatico e nell’aiuto all’agricoltura sostenibile. Il presupposto tecnologico è l’operatività concreta su blockchain degli “oracoli”, ossia dei c.d. “elementi esterni fidati” che, comunicando un certo dato reale, confermano l’avverarsi di un certo evento e fanno scattare la sequenza prevista dallo smart contract. Ciò permette agli sviluppatori di smart contracts di creare applicazioni su raccolti, qualità del suolo, bollettini metereologici e molto altro, utilizzando sempre più dati provenienti dall’Internet of Things La prima applicazione riguarda la possibilità di sostenere in modo automatico gli agricoltori e tutti coloro che si impegnano per la rigenerazione del suolo, aumentando la forestazione. Gli smart contracts, in questo caso, utilizzano i dati satellitari per erogare automaticamente ricompense e sostegni agli agricoltori, alle aziende (ma anche ai governi) che svolgono o che promuovono attiva rigenerazione del suolo. Il pagamento viene erogato quando gli “oracoli” estraggono dati dalle immagini satellitari ed attivano i contratti intelligenti. La sequenza su blockchain garantisce trasparenza ed equità al sistema. Ma l’agricoltura viene tutelata anche attraverso soluzioni assicurative che garantiscano tutela soprattutto ai piccoli proprietari – in larga parte scoperti su scala mondiale – di fronte ai disastri e ai cambiamenti climatici che mettono sempre più a repentaglio i loro raccolti. Ecco dunque che grazie agli smart contracts gli agricoltori possono impostare la loro strategia di campo in base ai dati ed ai modelli metereologici, predefinire le condizioni per l’esecuzione del contratto (come una certa quantità di pioggia) e, una volta che gli “oracoli” segnalano l’avveramento della condizione, conseguire il ristoro o il pagamento. Più in generale, lo sviluppo degli smart contracts può incidere virtuosamente sulla minore produzione di gas serra e sull’educazione ambientale. Un agricoltore, un soggetto o un’azienda che ha investito nella riforestazione potrebbe essere pagato con un credito di carbonio “tokenizzato” che a sua volta può essere rivenduto a terzi. Il credito di carbonio viene creato solo se i satelliti o gli altri dispositivi segnalano la riforestazione ad uno smart contract, cosicchè anche l’acquirente del carbon credit possa verificare che a tale titolo corrisponde un processo reale ed effettivo che ha coinvolto l’ambiente e l’ecosistema. Vedremo, in concreto, quanto queste prime applicazioni potranno diffondersi. Certamente, un utilizzo generalizzato di questi strumenti, unito ad una sempre più capillare cultura dei dati ambientali, può davvero rivoluzionare tutto il sistema produttivo dell’agroalimentare, dando al contempo un contributo importante alla sostenibilità.

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