Appuntati, marescialli e ufficiali: sono seri ed emozionati gli sguardi dei centotrenta carabinieri che hanno visitato ieri il memoriale della Shoah al Binario 21, quello dal quale partivano i treni per i campi di concentramento durante l’Olocausto. E’ la prima volta che un corpo dello Stato visita il Memoriale della Shoah in via ufficiale, ed è accaduto grazie alla senatrice a vita Liliana Segre, guida d’eccezione del museo per qualche ora, solo per le donne e gli uomini dell’Arma. “L’effetto di vedere per la prima volta una visita ufficiale di un corpo dello Stato in questo luogo molto conosciuto alle scuole, ma poco agli adulti milanesi, è straordinario” ha commentato la senatrice a vita, ricordando che l’iniziativa è nata dall’amicizia con un maresciallo: “Si chiama Marco. Un giorno gli ho espresso l’idea che sarebbe stato interessante vedere qui dei Carabinieri. Mai avrei pensato che saremmo riusciti a farlo“. E loro, i militari con la fiamma sul cappello, che lavorano a bordo della gazzelle o nelle stazioni di periferia delle province di Milano e Monza, “hanno aderito in tanti e liberamente”.Lo hanno fatto, ad esempio i carabinieri semplici Priscilla, Alessia e Dario, arrivati da poco nel capoluogo lombardo. “Sono in servizio da un anno nella stazione di Crescenzago – spiega Alessia – ed è una fortuna ascoltare le parole di Liliana Segre, assistere alla sua testimonianza ancora dal vivo“. Sono giovani in divisa che vivono la loro missione e sentono la responsabilità del ruolo: “Anche in questo periodo storico, in cui sembra che stia tornando il clima di quegli anni, sento che la nostra presenza qui è particolarmente significativa“, fa eco la collega. Oggi come allora infatti, il ruolo del Carabiniere è quello di difendere la giustizia, come ha ricordato il comandante provinciale Luca De Marchis, citando Giacomo Avenia, Carlo Ravera, Osman Carugno ed Enrico Sibona, i 4 carabinieri riconosciuti ‘Giusti fra le nazioni‘ allo Yad Vashem di Gerusalemme. Allora questi sacrificarono la propria vita per salvare gli ebrei, nonostante la divisa che portavano: “In particolare l’ultimo fu deportato. Dopo l’8 settembre – ha spiegato De Marchis – e con l’inizio dell’occupazione nazista, molti scelsero la clandestinità, aderirono alla resistenza, o aiutarono in segreto. Il 7 ottobre un gruppo di quelli di Roma fu circondati in caserma dai tedeschi e condotto alle stazioni. Salirono su ‘quel treno’ in 2 mila in attesa di ordini, ma in 600 non tornarono mai“. E’ legato a ‘quel treno’ “per ignota destinazione” anche il ricordo della senatrice Segre, che nel suo discorso agli inconsueti visitatori ha fatto notare il rumore dei convogli che ogni quarto d’ora circa passano sopra il memoriale: “E’ un suono che mi ricorda come anche allora la vita sopra scorreva normalmente, mentre sotto famiglie intere aspettavano l’ordine di deportazione“. Intenso, come sempre, il ricordo di quei giorni: “Quando ci incarcerarono a San Vittore, i detenuti ci dissero parole di straordinaria pietà. Quando con i camion ci portarono alla stazione non ci fu un giovane a mettersi davanti ai carrarmati, come in piazza Tienanmen: regnò l’indifferenza“. La stessa parola, incisa nel cemento, che oggi accoglie i visitatori del Binario 21 diventato museo.