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Ricorso dei Verdi al ministero per San Siro

Ricorso dei Verdi al ministero per San Siro. Ad annunciarlo Andre Bonessa, uno dei portavoce del movimento ambientalista via Facebook: “Mariolina de Luca Cardillo e io , a nome dei Verdi di Milano, abbiamo fatto un ricorso gerarchico al MIBACT per porre un “vincolo” al Meazza. Questo per chiarire cosa pensiamo della demolizione di San Siro. Ma questo non è il problema. Il problema è che il Meazza è un simbolo. Ma non solo il simbolo della Milano calcistica, è il simbolo di come questa amministrazione intenda lo sviluppo di questa città. Dietro la vicenda Meazza c’è la convinzione che la crescita, lo sviluppo, il futuro di Milano ( e dell’Italia) possano ri-partire dal mattone. Da quel mattone sotto il quale rischiamo di rimanere seppelliti e che in molti casi è zavorra. Dietro la Vicenda Meazza c’è la convinzione che aumentare la ricchezza di pochi possa aumentare la ricchezza di molti. Che costruire case da 10.000 euro al metro quadro possa risollevare le sorti di chi ne guadagna 1000 al mese. E’ questo che ci racconta questa vicenda. Ci racconta che quando parliamo di quanto MIlano sia cresciuta in questi anni ( andandone anche un po’ orgogliosi) citiamo Porta Nuova e City Life. Che hanno arricchito i fondi stranieri ( e di dubbia provenienza) ma che niente hanno fatto ricadere su questa città. Una città senza un piano industriale ma con mille e non più mille bar, ristoranti, paninoteche che si sono sfaldati al sole della prima crisi. La città delle week, dell’apparenza, della periferie ripittate come si pittano le piste ciclabili con migliaia di macchine parcheggiate sui parterre o i marciapiedi. Una città cresciuta grazie a una finanziarizzazione edilizia ma che presenta ancora le stesse deficienze abitative degli anni 80, in cui non c’è un intervento che sia uno a direzione pubblica. Questo ci racconta il Meazza. Il simbolo di una sconfitta culturale che non sta ( solo) nel distruggere le sue gradinate, ma nel prospettare un futuro “televisivo” a chi resterà sempre fuori dallo schermo. Chi dovrebbere scendere contro lo scempio “Meazza” non siamo noi, comoda borghesia che disquisisce di legami storici, identità culturale, socialità Bianciardiana del calcio. Chi dobbiamo far scendere in piazza sono quelli che a cento metri vivono in abitazioni degradate, in quartieri abbandonati, ( anche con opere di Ponti, Figini e Pollini e altri lasciate andare in malora) che vedranno crescere, come sempre, la ricchezza ( di pochi) sulle loro spalle”.

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Presentato il ricorso ambientale contro il PII di Mind

Presentato il ricorso ambientale contro il PII di Mind. L’associazione Verdi Ambiente e Società ha presentato lunedì 1 giugno 2020 il ricorso di 46 pagine al TAR della Lombardia contro il Programma Integrato di Intervento MIND per lo sviluppo della zona al confine nord-ovest di Milano, l’area di un milione di metri quadrati che nel 2015 ha ospitato i padiglioni dell’Expo e prima era agricola. Da Porta Nuova a Citylife, tutti i programmi d’intervento fino ad oggi realizzati a Milano hanno  previsto per lo meno il 50% della superficie a verde. Solo il Programma Mind riduce il suo verde a circa il 20%. Gli obiettivi dell’accordo di programma, ratificato dai consigli comunali di Milano e Rho, e del referendum del 2011 sono stati del tutto disattesi, sia per come poi si è svolta l’esposizione universale sia in questo nuovo programma d’intervento sulla zona. Infatti, Expo non realizzò il grande parco agricolo-alimentare da lasciare in eredità a Milano e comuni limitrofi e adesso questo PII non prevede il 65% del terreno permeabile. Ora si vuole fare passare l’ospedale Galeazzi, lo Human Technopole e la Statale come parco tematico scientifico-tecnologico, che dovrebbe rispettare i vincoli dell’Accordo di Programma. In realtà si tratta di un piano urbanistico per 68.000 persone al giorno, una cementificazione quasi totale del territorio e un enorme consumo di suolo, con la permeabilità dell’area che si ridurrà a solo il 27% di tutta la superficie. Inoltre, in caso di future epidemie come quella attuale si creerà un’area ad alto rischio, con la convivenza di una quantità elevata di personale ospedaliero, pazienti, impiegati, ricercatori e studenti in uno spazio ristretto per lo più al chiuso e la condivisione di servizi e trasporti quotidiani affollati, con l’impossibilità di raggiungere l’area a piedi o in bicicletta data la lontananza dal resto della città. Per sanare questa gravissima mancanza ambientale, si deve assolutamente aumentare la superficie a verde non costruendo gli edifici previsti per il campus della Università Statale di Milano che deve rimanere a Città Studi, e diminuendo il suolo occupato dagli edifici privati. Il ricorso è sostenuto dall’Assemblea Città Studi, che riunisce i gruppi di residenti, studenti, lavoratori, docenti e ricercatori, dal 2017 si oppone allo spostamento della Università Statale nell’area Expo ed è attiva nella salvaguardia del quartiere di Città Studi. La raccolta fondi per le spese legali ha raggiunto 5.000 euro in pochi giorni ed è tuttora in corso sulla piattaforma Gofundme: https://www.gofundme.com/f/ricorso-al-tar-contro-il-pii-mind .

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Case popolari: il Tar dà ragione per la terza volta al sindaco di Sesto

Case popolari: il Tar dà ragione per la terza volta al sindaco di Sesto. Il Tar della Lombardia ha respinto il ricorso presentato da un cittadino cingalese che chiedeva di essere reinserito nella graduatoria per l’assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale pubblica. I giudici amministrativi hanno accolto pienamente le argomentazioni contenute nella memoria difensiva del Comune di Sesto San Giovanni. Si tratta del terzo caso analogo in cui il Tar si esprime a favore al Comune, dopo i precedenti di gennaio e maggio con protagonisti rispettivamente una cittadina ecuadoriana e un cittadino marocchino. Anche a proposito di quest’ultimo caso non c’è stata nessuna condotta discriminatoria da parte del Comune nei confronti del diretto interessato. Il Tar ha specificato che la certificazione depositata per attestare la non proprietà di immobili nel paese d’origine è risultata non sufficiente e riferita soltanto a una provincia (o addirittura a un semplice distretto) dello Sri Lanka; inoltre, l’affermazione da parte del cittadino che ha fatto ricorso contro il Comune, per cui nella repubblica di Sri Lanka non sarebbe riconosciuta la proprietà edilizia privata, non ha trovato nessun riscontro. Il ricorso, oltre a essere stato dichiarato infondato, è stato dichiarato anche inammissibile perché, come rilevato dall’Amministrazione comunale, non è stato notificato nel termine di legge ad almeno uno dei contro interessati, ovvero ai soggetti la cui domanda è risultata collocata in graduatoria in posizione successiva a quella del ricorrente. “Per la terza volta il Tar ci dà ragione e ciò testimonia che applichiamo la legge in modo regolare, senza alcuna discriminazione né corsia preferenziale verso qualcuno. In questo modo – commenta Roberto Di Stefano, sindaco di Sesto San Giovanni – tuteliamo, come già detto dal Tar, sia i cittadini italiani sia gli stranieri in regola coi documenti: le leggi vanno rispettate da tutti, altrimenti finiremmo per penalizzare e discriminare le persone in difficoltà che presentano tutti i documenti sulle loro proprietà. La sinistra non fa altro che attaccarci sulle modalità di assegnazione delle case popolari, gridando al razzismo, ma il risultato è chiaro ed è anche certificato dai giudici: il Pd evidentemente sta dalla parte di chi non rispetta la legge, al contrario nostro. Niente più niente meno. E proseguiremo su questa strada per aiutare chi rispetta le regole e si trova davvero in difficoltà”.  

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