saluto romano

Insulti razzisti e saluto romano a San Siro: 2 Daspo da 5 anni

Non potrà più entrare allo stadio il tifoso milanista che mentre risuonavano gli inni nazionali prima della partita Italia-Inghilterra a San Siro ha fatto il saluto romano. Lo ha deciso il questore Giuseppe Petronzi che ha firmato un Daspo per cinque anni anche al 45enne ternano che domenica scorsa, al termine della partita Milan-Napoli, durante la fase di deflusso dallo stadio, ha pesantemente insultato il cronista di ‘Calcio Napoli 24 Tv’ Marco Lombardi che intervistava i tifosi in uscita dal Meazza dandogli del “terrone di m…” e minacciando di aggredirlo tanto da essere trattenuto da due persone. L’uomo è stato denunciato per violenza privata aggravata dalla discriminazione razziale, etnica o religiosa. Invece, per gli episodi accaduti durante Italia-Inghilterra ieri sera il Questore ha deciso anche un Daspo di sei anni per un tifoso comasco (che già aveva avuto un altro daspo) che prima ha aiutato un amico a scavalcare il settore e poi ha reagito con gli steward. Un anno invece ha ricevuto un tifoso italiano, residente in Inghilterra, per l’invasione di campo pochi minuti prima del fischio finale. ANSA

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Cassazione: assolti per il saluto romano al Cimitero

Sono stati assolti dalla Cassazione, perché il “fatto non sussiste”, i quattro imputati appartenenti all’associazione Lealtà e Azione accusati di aver fatto il saluto ‘romano’ la mattina del 25 aprile del 2016 al Cimitero Maggiore di Milano durante una commemorazione dei caduti della Repubblica di Salò. Le motivazioni della decisione – emessa dalla Prima sezione penale nella tarda serata del 12 ottobre – saranno rese note con la pubblicazione della sentenza, tra circa un mese. In primo grado gli imputati sono stati assolti dal giudice che ha applicato la legge Scelba, previa riqualificazione del fatto, mentre in appello erano stati condannati a due mesi e 10 giorni di reclusione tornando ad applicare la legge Mancino come originariamente contestato dall’accusa. Già in altri casi la Suprema Corte aveva ritenuto che la legge non punisce “tutte le manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, ma solo quelle che possono determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste”, e i gesti e le espressioni “idonei a provocare adesioni e consensi”. ANSA

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